Percorso

Anna, Mara e Anis: storia di un intreccio di solitudini tra ricerca di un “riparo” e impossibilità a “riparare”

di Eugenio Mangia

Riparo.Cinemecum.itDi ritorno in Italia da una vacanza in Tunisia, Anna e Mara, una coppia di donne legate sentimentalmente, scoprono che nel bagagliaio della loro automobile si è nascosto Anis, un adolescente magrebino che vuole superare clandestinamente la frontiera alla ricerca di una migliore condizione di vita.
Anna, affrontando le resistenza di Mara, decide di accogliere Anis in casa propria, dopo che il suo tentativo di ricongiungersi con uno zio che vive a Milano è fallito.
Sullo sfondo della provincia friulana, il film ci racconta di come il ragazzo entri progressivamente nella vita della coppia, trasformandone le dinamiche e mettendone sempre più a nudo le fragilità.
Appare interessante il profilo psicologico che il regista Marco Simon Puccioni ci propone dei tre personaggi.
Anna è una donna che, benché trentacinquenne, risulta ancora dipendere psicologicamente dalla famiglia d’origine, soprattutto dalla madre, dalla quale continua a cercare conferme e approvazione, soprattutto per quanto attiene alla relazione omosessuale con Mara.
 
 Riparo.Cinemecum.itLa sua attività lavorativa consiste nella gestione della contabilità del calzaturificio di famiglia e benché si proponga come emancipata e anticonformista, di fatto non sembra essersi emancipata dal ruolo di “figlia”, come si evince da quella ricerca di un surrogato di ruolo materno che la porta a modulare su un registro protettivo dapprima la relazione con Mara, successivamente quella con il giovane Anis.
Quest’ultimo, al contrario, sembra avere acquisito un precoce e maturo senso di responsabilità e una caparbia determinazione a perseguire e raggiungere i suoi obiettivi. Di lui però non sappiamo quasi nulla, laddove una serie di dubbi e un certo alone di mistero ammantano i suoi racconti sulla famiglia d’origine. Infatti una certa riluttanza a trattare esplicitamente l’argomento e la aleatorietà che caratterizza la storia della morte di entrambi i genitori tendono a rendere alquanto incerta questa sua versione. Anche i motivi e i contenuti delle sue paure non vengono chiaramente esplicitati e la loro presenza lasciata soltanto intuire allo spettatore. Che Anis sia spaventato e tormentato si può evincere, per esempio, dalla sua difficoltà a prendere sonno la notte e dalla reazione di paura che lo fa bruscamente trasalire quando Anna gli si avvicina  amorevolmente nel sonno per coprirlo con una coperta.
Egli sa bene che cosa cercare: un lavoro, l’indipendenza, una moglie per crearsi una famiglia, insomma uno stile di vita, per dirlo con le sue parole: “tutto bene, tutto normale”.

 Riparo.Cinemecum.itAnna lo aiuta procurandogli un lavoro presso il fratello Salvio, anche in questo caso nonostante l’opposizione di Mara.
Quest’ultima è una giovane donna che lavora come operaia nell’impresa della famiglia di Anna. Il suo futuro lavorativo, come quello di altri operai della fabbrica, è caratterizzato dalla precarietà, dall’incertezza e dallo spettro sempre incombente del licenziamento. Sulle loro teste, infatti, stanno per abbattersi le conseguenze della crisi dell’azienda. Mara appare una donna fragile e inquieta, con un carattere impulsivo, scontroso e sospettoso. Vive una relazione fortemente conflittuale con un padre autoritario e dispotico che la disprezza e che è ormai solo e in fin di vita.
Dopo un doloroso divorzio ha iniziato una relazione con Anna alla ricerca di qualcuno che possa proteggerla e guidarla.
Tutti e tre i personaggi oscillano tra una fuga dalla solitudine e dal contatto con sé stessi, la ricerca di una “normalità” dalla quale sembrano tagliati fuori e l’illusione di un suo presunto, quanto effimero raggiungimento.
Appare significativo a questo proposito lo scambio di battute tra Anna ed il fratello Salvio, allorquando Anna si presenta in compagnia di Mara alla cerimonia di battesimo del nipote: “Dai Anna che a te è andata sempre bene, nessuno ti ha mai chiesto di fare cose normali”. “Che cosa faccio di anormale?” risponde Anna al fratello, svelando il paradosso e il dramma di quella che è una posizione psicologicamente insostenibile, dal momento che il tipo di “normalità” che la famiglia le ha attribuito consiste proprio nella sua inosservanza.
In altri termini, la normalità della vita di Anna può passare – paradossalmente – soltanto attraverso una condizione di perenne instabilità.
Una sorta di pseudo-normalità dunque, che offre alle due donne, ma successivamente anche ad Anis, l’illusione di avere raggiunto un equilibrio esistenziale che li mette al “riparo” dal doloroso confronto con i traumi del passato e dalle incertezze del presente.
 Riparo.Cinemecum.itMa il tema del “riparo”, espresso dal titolo, si presta ad una doppia interpretazione e percorre il film attraverso un duplice binario. Da una parte, infatti, è una qualche forma di “riparo” quella che tutti i personaggi sembrano ricercare negli affetti e nei legami che faticosamente cercano di costruire. La stessa Anna, il personaggio che apparentemente sembrerebbe svolgere il ruolo di colei che “gratuitamente” ed “altruisticamente” può offrire riparo ai diversi personaggi che ne ricercano l’aiuto e la sicurezza, in realtà sembra ella stessa necessitare di un riparo, sia attraverso il soddisfacimento di quel bisogno di maternità che sembra trovare un surrettizio appagamento, dapprima nel rapporto con Mara e successivamente in quello con Anis, sia dal sentimento di solitudine derivante da un vissuto di diversità e di estraneità dalla famiglia.
Come esplicitato dal fratello Salvio in Mara esisterebbe il desiderio di voler “risolvere tutti i problemi del mondo”, anche se ad uno sguardo più attento questa sua tendenza sembrerebbe essere più improntata ad una volontà di controllare e manipolare il destino delle persone piuttosto che di offrire loro un’autentica protezione. È quanto sostiene Mara quando, poco prima della separazione, le rinfaccia: “… con una mano dai, con l’altra togli”.
Ma a percorrere trasversalmente il film un altro tema sembra essere intimamente connesso al più esplicito tema del riparo: quello della “riparazione”, dell’aggiustare qualcosa che si è rotto.
È infatti proprio da una riparazione, quella della marmitta dello scooter di Anna da parte di Anis, che prende le mosse il loro avvicinamento e la successiva relazione ed è con l’impossibilità a riparare, a far tornare tutto come prima, che il film drammaticamente si conclude.
Infatti all’inizio è Anis che, con una certa risolutezza, si avvicina a Mara, riparandole lo scooter nonostante quest’ultima glielo avesse impedito e avesse esplicitamente ribadito la sua determinazione a non volere nulla da lui. Ma, una volta messa di fronte al fatto compiuto, Mara si propone - specularmente - di riparare/ricucire la ferita che Anis si è procurato alla mano. E quest’atto sembrerebbe possedere una forte valenza simbolica, ben rappresentando la metafora di ciò che lega profondamente i tre personaggi: la volontà di poter riparare/ricucire quelle ferite del passato che, seppure di diverso genere, continuano a procurare loro una condizione di instabilità, di infelicità e di dolore.
 Ma l’atto di riparare/ricucire non è curare e, naturalmente, non può portare tout court alla gua¬ri¬gio¬ne. Lo intuisce bene Anis, quando alla domanda di Anna che gli chiede che cosa abbia Mara ri-sponde: “... deve imparare a mangiare il proprio dolore!...”. Lo stesso Anis che, comunque, qualche momento prima si era strappato uno dei punti di sutura della ferita come reazione al dolore provato al sentimento di esclusione derivante dall’avere assistito ad uno scambio di effusioni amorose da parte di Anna e Mara.
Tale scambio è avviato da quest’ultima ed appare in qualche modo “esibito” poiché si svolge pro-prio di fronte ad Anis, in un momento in cui Mara dovrebbe pur aver capito la vera natura dei suoi sentimenti verso di lei. Tale atteggiamento, se da una parte sembra testimoniare la voglia di libertà e la volontà di Mara e di Anna di affermare e “imporre” al mondo la loro relazione, dall’altra ci mo-stra quella che sembra essere una strategia difensiva di Mara, consistente nell’allontanare da sé il proprio dolore facendolo vivere a qualcun altro.
Ciò che Anis, benché soltanto adolescente, ha già intuito è che la crescita psicologica passa attra-verso un confronto con gli aspetti dolorosi dell’esistenza e dell’esperienza che devono essere dapprima attraversati, vissuti e infine elaborati e non evacuati o allontanati come sembrerebbero piutto-sto fare i personaggi.
Da un punto di vista psicologico, il “riparo” ricercato da Anna e Mara sembrerebbe rappresentare la costituzione di una sorta di spazio/rifugio, un luogo mentale nel quale ritirarsi per sfuggire a una re-altà angosciosa. Esso rappresenta inizialmente per le due protagoniste un asilo piacevole: esse rimangono aggrappate a quest’area protetta, idealizzata - anche se, al contempo, persecutoria - nella convinzione che essa rappresenti l’unica alternativa possibile.
Tuttavia al sollievo che le due donne ricavano dall’essersi ritirate in un tale rifugio fa da contraltare il rischio dell’isolamento e quindi della compromissione delle relazioni con gli altri, nonché una certa perdita di contatto con la realtà.
La strenua difesa di questo spazio/rifugio permette di meglio comprendere l’atteggiamento di rifiuto manifestato da Mara allorquando intuisce il pericolo rappresentato dall’inclusione di Anis nel loro rapporto. L’inclusione di Anis all’interno della coppia infatti, come ogni nuova esperienza, si configura come una situazione di incertezza che genera uno stato di ansia e di angoscia. In tali circostanze, infatti, non solo si attivano fantasie, speranze, aspettative, ma anche paure e timori per i possibili cambiamenti cui si va incontro.
Dopo l’iniziale diffidenza, ma solo per un breve momento, Anna, Mara e Anis trovano finalmente un equilibrio in cui riescono a sostenersi reciprocamente e a dare vita ad un singolare, seppure tenero, ménage à trois.
La morte del padre di Mara e le nuove dinamiche affettive che si vengono a realizzare nella coppia dopo l’inclusione di Anis finiscono tuttavia con il rompere l’equilibrio di un rapporto la cui preca-rietà e fragilità è messa bene in evidenza da Mara quando, rivolgendosi alla compagna, esclama: “... che razza di rapporto è il nostro se viene messo in crisi da un ragazzino extracomunitario?”.
L’intero film è percorso da un clima di attesa e da un lento e progressivo processo di svelamento che trova un epilogo nella parte finale.
L’atmosfera di inquietudine che lo spettatore avverte fin dalle prime battute del film e che ne accompagna la visione appare connessa alla percezione della pre-senza di qualcosa che bolle sotterraneamente e che poi esploderà alla fine in tutta la sua virulenza: la mancata elaborazione dei traumi del passato da parte dei protagonisti, l’impossibilità a stabilire una comunicazione autentica, la mancanza di sicurezza che caratterizza il loro lavoro, le differenze culturali e di classe, il perbenismo, la povertà morale e la grettezza di provincia, i continui e reiterati tradimenti nella coppia, nella parentela e sul lavoro.
A far precipitare la situazione, insieme al dolore di Mara per la morte solitaria del padre, è la gelosia di Anna che, in conseguenza del tradimento di Mara con Anis, licenzia quest’ultimo e lo abbandona al suo destino.
Riparo.Cinemecum.itÈ a questo punto che i personaggi iniziano a fare i conti con i loro sentimenti più profondi e con la ineluttabilità della loro condizione. Così come i cocci delle suppellettili distrutte da Mara in un impeto di rabbia e disseminati per la casa, allo stesso modo Anna vedrà andare in pezzi il proprio progetto esistenziale.
Ma stavolta a fare capolino tra i personaggi compare per la prima volta un pensiero nuovo: quello della impossibilità a “riparare” e a “mettere toppe” ad un’esistenza che aveva trascurato l’espe¬rien¬za della solitudine e il confronto con un dolore la cui accettazione appare a questo punto inevitabile.
Una condizione di solitudine e di dolore, dunque, che adesso i tre personaggi dovranno comunque affrontare… ciascuno per la propria strada!

Un ringraziamento affettuoso a Riccardo Congiu per i preziosi spunti di riflessione.
Cliccando qui anche la recensione di Ignazio Sanna
 
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