Percorso

"Gomorra" di Matteo Garrone

del Fenicio

Il film Gomorra smentisce la dichiarazione di Tarantino sul cinema Italiano. Il cinema italiano non parla solo di coppie piccolo borghesi o di quarantenni in crisi.

Saviano trae dal suo libro un soggetto eccellente che Matteo Garrone dirige con sapienza, crea una  tensione crescente nel descrivere una quotidianità dallo svolgersi  agghiacciante.

Come i personaggi dei film horror, i protagonisti del film di  Garrone  non hanno scampo, vanno incontro al loro destino implacabile. Lo spettatore resta attaccato alla sedia sin dalla prima inquadratura, durante lo svolgersi delle vicende, accumulando tensione, con la consapevolezza della tragedia imminente.

I volti dei personaggi sono spesso sfuocati o al buio, anonimi, le vicende si intrecciano in un montaggio fluido, gli assassini non sono belli come in Kill BIll, sono brutti, grassi, in ciabatte e costume da bagno come nei film di Sordi, la vita non vale nulla e la morte puzza.

 La scelta degli attori è ottima, un film corale.
L’Italia che scorre nello schermo è quella dell’economia che “tira”, che regge il confronto con la concorrenza cinese, quella che riempie le discariche abusive del sud con i rifiuti tossici del Nord, che spara al sarto perché insegna i segreti dell’alta moda ai cinesi, dello stato sociale della Camorra incarnato in Don Ciro, che da buon ragioniere passa la quota mensile ai familiari dei caduti, finendo anche lui nella guerra di Secondigliano.
Garrone non ci mostra i buoni e i cattivi, la realtà ci scorre davanti nella sua crudeltà come se stessimo guardando un documentario sui pescecani, con la consapevolezza che tutto ciò che si vede è narrato  con nomi, date, indirizzi.

 Gli orrori narrati nel libro omonimo, in cui si documenta la profonda ristrutturazione della Multinazionale Camorra, con uno stile avvincente che sta tra il romanzo storico epico e il servizio giornalistico di approfondimento,  vengono resi nelle pellicola, con naturalezza. I personaggi, spesso inquadrati di scorcio, da dietro una porta, da dietro un pilastro (per esempio nelle scene girate alle Vele di Scampia), si muovono in spazi angusti, per vie obbligate.

E’ un film di pugni durissimi alla bocca dello stomaco e non serve essersi preparati prima.

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