"Il mai nato" di Renny Harlin
Per la prima volta l'horror si confronta con la Shoah. di Alessandro Matta
Ci avevano già provato nel 2004 il regista Renny Harlin , con “L'esorcista-la genesi”, e poi nel 2007 Peter Webber con “Hannibal Lecter le origini del male”, a portare nelle sale gli orrori del Nazismo e della Shoah, confrontandoli con l'horror puro. Tuttavia , si trattava di un raffronto tra i crimini del Nazismo e l'horror ancora molto soft e lungi dal definire quei film dei “film sulla Shoah”. “Il mai nato” di David S. Goyer, in programmazione ora nei cinema, si conferma nella storia della cinematografia della Shoah il primo horror, che si confronta con lo sterminio nazista di sei milioni di persone. C'è di più! Il regista, non contento di trattare “semplicemente” il tema della Shoah, si spinge oltre, mostrando allo spettatore i segreti più intricati della cultura e della religione ebraica, svelando allo spettatore inquietanti misteri cabalistici e mistici ebraici, spesso mostrati come segni indecifrabili di un orrore puro, che potrà essere spazzato via con esorcismi a loro volta ebraici. Pochissimi film sulla Shoah hanno mescolato fino a oggi sapientemente la cultura e la memoria storica con delle superstiziose credenze della religione monoteista per eccellenza. E’ una trama a suon di thriller-horror che tiene incollati alla poltrona fino alla fine del film. Protagonista della terribile vicenda riportata nel film è Casey, classica studentessa di un college americano con fidanzatino e amiche, che in una New York super moderna, vive la sua vita come tante altre coetanee, insieme al padre, classico super manager americano.
Tutto avviene con tranquillità fino a quando Casey inizia a essere tormentata da un incubo, premonitore di infausti eventi. Quando le visioni cominciano a manifestarsi anche di giorno, in particolare durante il suo lavoro di baby sitter quando il bambino, che segue, ogni sera inizia a assumere violenti e masochistici atteggiamenti. Temendo per la sua incolumità la giovane inizia a indagare sul suo passato e sulla morte della madre, suicida in una clinica psichiatrica, scopre una terribile verità che la riguarda. Ed è qui che inizia tutta la parte del film dedicata alla Shoah e alla cultura cabalistica in genere, in cui sono protagonisti: la nonna di Casey, superstite della Shoah ungherese, il suo fratellino gemello e un rabbino in grado di praticare esorcismi per liberare la protagonista dall'infausta presenza . La nonna e il fratellino, sarà un flashback a mostrarlo, erano finiti a Auschwitz Birkenau nel 1944, in quanto gemelli, nelle mani del dottor Mengele.
Ed è proprio il fratellino gemello della superstite, morto a Auschwitz , a tormentare Casey in sogno, dopo essere diventato quello che nella cultura ebraica è definito un “dibbuk” ovvero un’anima, che vaga senza pace tra il mondo umano e il “pardes”, (casa dei vivi), come è definito il paradiso, in attesa di rinascere.
La vittima del dottor Mengele aveva cercato di “rinascere” come fratellino gemello di Casey, invano. Conseguente a tale mancata nascita fu la pazzia della mamma di Casey e il suo suicidio. Quindi, quello da cui Casey deve salvarsi è una specie di “parto demoniaco”. E va da se poi, che, come nel più classico degli horror americani tutti i protagonisti se ne infischino del pericolo e sovvertono tutte le regole che vengono loro comandate, creando ancora piu' rabbia in questo “spirito maligno”.
Quando, ad esempio, la protagonista Casey Beldon (Odette Yustman) racconta all'amica Romy di aver visto (in sogno) un bambino e un cane con indosso una maschera, le interpretazioni non sono ovviamente confortevoli. Tra «cambiamento», «rinnovamento» e «messaggero di morte» (questi i significati dell'incubo di Casey), la verità sta nel mezzo: Romy le considera comunque tutte bullshits (puttanate) e, va da sé, poco dopo investe un bambino, il famoso bambino che Casey controlla come baby sitter e che si sta veramente comportando male, e gli dice , rendendosi conto che non solo è vivo e vegeto, ma che pure la minaccia in modo inquietante : “fanculo piccolo stronzetto” . Inutile dire che ciò porterà quasi tutti a fare una brutta fine.
Questo mescolare la Shoah all'horror ha creato anche negli Usa non poche polemiche. Alla fine arriva il lieto evento, con una notizia che però lascerà Casey ancora più sconvolta e che e lascia il finale aperto, come a dire allo spettatore che ci sarà un seguito. A fare davvero centro è l'accento (cercato o fortuito) posto sul tema della paura, e che rimanda ovviamente ai tempi post 11 settembre che stiamo vivendo. Tutto ciò fa de “IL MAI NATO” l'ennesimo horror, certo, ma tuttavia un film raccomandabile per una serata al cinema all'insegna della paura e dello spavento.