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Percorso

L'avvocato del terrore

''L'avvocato del terrore''Pelle fina, sguardo mobile e labbra sottili, un sigaro imponente trotterellante tra le dita grassocce: più o meno la descrizione dell’angelo custode di criminali, patrioti e dittatori. Jacques Vergés è il vero e proprio avvocato del diavolo e Barbet Schroeder, figlio naturale della nouvelle vague francese, assistente per Godard e Rhomer, ne mette in scena il processo filmato senza pubblico ministero, senza avvocati e nel quale non è prevista sentenza.

Un documentario di più di due ore, pubblicato in Dvd in Italia dalla Feltrinelli, traccia e prova ricomporre la zona grigia della giustizia nella quale ha vissuto uno dei personaggi più affascinanti ed interlocutori della contemporaneità. Vergés si presenta all’attenzione pubblica negli anni ’50 come difensore di una patriota algerina, Rachida Bouhired, riuscendo a farle evitare la ghigliottina, innamorandosene e sposandola per poi separarsi e letteralmente sparire nel nulla per otto anni. Vergés tace su quel periodo, e chi lo conosce propone tesi delle più varie, nessuna certa o confermata. Quando torna alla professione difende gli indifendibili, i mostri: da Pol Pot a Magdalena Kopp, estremista della Raf e compagna del mitico sciacallo Carlos, fino a difendere lo spregevole “boia di Lione”, il nazista Klaus Barbie. Sempre contro l’opinione pubblica, dileggiando il senso comune di giustizia e di vendetta.

''L'avvocato del terrore''Vergés appare consapevole in ogni momento del film, che sia in aula di tribunale o davanti alla macchina da presa intento a rivelarsi, su quanto un processo possa essere esemplare e liminare ad una vera e propria messa in scena, arrivando a confonderne le rispettive finalità. Basti come esempio soffermarsi al processo Barbie: come le storiche udienze del processo Eichmann, la sala diventa terreno di scontro ideologico e la necessità di risarcimento si miscela indissolubilmente con le incerte istanze della giustizia. In una grande sala viene costruito appositamente un tribunale kafkiano dove, davanti a settecento persone idealmente con il forcone in mano e ben quaranta avvocati difensori della verità, già abbondantemente acclarata, sfila il fauno Barbie e l’unico suo difensore Vergés, antieroe della messa in scena.

''L'avvocato del terrore''Ecco che il diabolico avvocato, perdente certo, sfrutta la drammaturgia dell’evento e diventa protagonista di un processo che altrimenti lo vedrebbe capro espiatorio e simbolo maligno. Per Vergés il giudice è uno storico, e pur di non lasciargli l’unica penna per scrivere la cronaca dei fatti cerca di trasportare il processo su terreni diversi dell’aula-teatro, direi filosofici, diventando simbolo lui stesso della pietà umana e della difesa come diritto, fosse anche per Satana in persona. E non è anche questa giustizia? Il bel film di Schroeder mette in discussione, senza soluzioni stabili, temi scabrosi come giustizia, vendetta, violenza e diritti civili. Senza schierarsi, anzi rimanendo partigiano di un'unica strada, difficile ed incoerente come Vergés, quella del dubbio.
Il consueto libro di accompagnamento al Dvd, caratteristica delle uscite Feltrinelli, è poco più che sufficiente per orientarsi tra le decine di storie e personaggi che solcano il film.


Koinè

 

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