Nel buco nero di Ustica

Il progetto, che fa parte del "Programma Sensi contemporanei Cinema e Audiovisivo" ed è prodotto dall’associazione culturale "Visionaria" prevede, oltre alla proiezione e divulgazione del documentario (soprattutto nelle scuole e via web), anche momenti di discussione e dibattiti, proprio come quello del 14 marzo, in cui sono stati messi a confronto molteplici punti di vista affrontando il tema della diversità attraverso discipline come la storia e la psicologia, e che ha costituito un momento d’incontro con i produttori del documentario, nonché con personalità di rilievo come Silvia Antosa ricercatrice dell’Università di Palermo, Lorenzo Benadusi ricercatore dell’Università di Bergamo, Lorenzo Bernini ricercatore dell’Università di Verona, e il critico cinematografico Emiliano Morreale.

Proprio per questo non si tratta di un documentario dai canoni standard, che si limita a una fredda e distaccata ricostruzione storica e cronologia, ma l’episodio rivive attraverso i pensieri, le sensazioni e le testimonianze dirette di quelle persone che hanno osservato e subito l’ingiustizia di quel sentirsi diversi. Ed ecco che lo spettatore viene calato nell’universo interiore dei testimoni, che davanti la macchina da presa mettono a nudo i loro sentimenti più intimi e i loro pensieri.

Cosa l’ha spinta a realizzare questo documentario, partendo dall’evento storico?
L’idea iniziale consisteva nel creare un lavoro fortemente visuale che riuscisse a portare sullo schermo la dimensione più intima dei suoi protagonisti, rilanciando tematiche attuali quali la differenza e l’esclusione.

Ho provato a mettere in pratica nuove tecniche apprese durante i miei lavori a Londra: l’uso del piano sequenza e la luce sono i mezzi chiave del nostro lavoro. In "Isola Nuda" non ci sono documenti d’archivio o analisi di storici e studiosi: i personaggi si raccontano con naturalezza, quasi dimenticandosi della telecamera che li riprende, mentre l’isola di Ustica quasi non si vede, emergendo soltanto dal racconto verbale degl’intervistati.
Com’è stata utilizzata la luce, così importante e carica di significato?
Si tratta di uno stile naturalistico che vuole enfatizzare l’interiorità delle persone che si susseguono con le loro testimonianze. Ciò che forse può incuriosire è che l’intero documentario è stato girato in MiniDV, mezzo che ha quasi obbligato a giocare con la luce.
Ha istaurato un particolare feeling con i testimoni/attori intervistati?
Credo sia naturale la confidenza che è nata tra me e loro. Hanno accettato d’aprirsi pubblicamente raccontando una situazione molto personale e difficoltosa… spero che l’interazione nata tra lo staff tecnico e le persone intervistate traspaia dalla visione dell’audiovisivo.
Dopo "Isola Nuda", quali sono i suoi propositi per il futuro?
Appena concluso questo lavoro, ho ricominciato a lavorare a Londra, ma non escludo di poter essere nuovamente all’opera nella mia terra madre: sono tante le vicende che abbiamo da raccontare al mondo.