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«Un paese civile ha un obbligo: deve difendere il suo cinema»

Colleziona premi nazionali e internazionali ma non arriva mai nelle sale italiane. Ecco tutti i paradossi di un affermato regista sardo. Di A. S.

 La distribuzione , il Selfcinema , la Film Commission: ecco tutti i temi scottanti della cinematografia isolana secondo il regista Enrico Pau autore del film "Jimmy della collina". Pellicola che a distanza di mesi continua a latitare dal grande schermo. 

In Italia, premi e riconoscimenti non garantiscono la presenza di un film nelle sale. Il meccanismo di distribuzione si inceppa, vanificando le aspettative di chi ha creduto con passione in un progetto che, nonostante successo di critica e pubblico, rimane invisibile.
E’ accaduto anche al film "Jimmy della collina": colleziona premi nazionali e internazionali ma non arriva mai nelle sale italiane. Qual è l’origine del paradosso? Risponde il diretto interessato, il regista sardo Enrico Pau autore del film e vittima, consapevole, di questo ingranaggio.

Il suo ultimo film “Jimmy della Collina” ha ottenuto preziosi riconoscimenti in Italia e all’estero. Quale è stata la chiave vincente?
La chiave non è vincente, almeno per ora, viste le difficoltà di distribuzione del film nel nostro paese. Quello che colpisce le giurie dei tanti festival (ormai) ai quali abbiamo partecipato è la sincerità. E' una storia forte. Un film duro ma con momenti poetici che raccontano I sogni di Jimmy,le sue ansie, ma anche I suoi desideri. L'altra cosa che forse colpisce è il fatto che il film sia recitato da attori professionisti, di cinema o teatro, e dai ragazzi che vivono veramente nel carcere e nella Comunità La Collina di Don Ettore Cannavera dove la storia è ambientata, questo "corto circuito" è molto interessante e per fortuna sembra riuscito.

Nel cinema italiano il problema della distribuzione sta ostacolando la visibilità delle opere di validi autori emergenti. Quali sono a suo parere, le ragioni di questo blocco?
Il problema della distribuzione in Italia è un problema di politica culturale. In Italia poche società di distribuzione si dividono un mercato enorme di sale cinematografiche, imponendo le loro regole e il loro gusto. Cinque o sei persone decidono quello che centinaia di migliaia di spettatori italiani devono vedere. Il cinema d'autore, quello che sfugge alle notti prima degli esami, alle vacanze newyorkesi, vive una stagione di grande difficoltà. Due capolavori come I film di Sorrentino e Crialese al botteghino non hanno avuto quel successo che avrebbero meritato. La verità è che il nostro paese vive una profonda crisi culturale determinata anche dal livello bassissimo della nostra televisione. La soluzione ovviamente è politica: basterebbe fare quello che fanno I francesi, che difendono I loro prodotti e impongono al cinema americano di lasciare una parte degli incassi a disposizione dell'industria cinematografica francese, aiutando e incentivando, nello stesso tempo, gli esercenti a fare scelte più coraggiose.

Il problema della produzione e della distribuzione genera delle ripercussioni negative anche per il cinema sardo. A che punto siamo nella risoluzione di queste problematiche? Pensa che la situazione stia migliorando? Ritiene che, dopo i dibattiti, le polemiche e i ritardi sulla legge per il cinema, l’azione della Film Commission Sardegna sia stia rivelando efficace? La Film Commission non è una struttura produttiva in senso stretto, semmai è una struttura che dovrebbe richiamare, anche con incentivi economi come succede in altre regioni italiane, come Piemonte e Friuli, le produzioni nazionali e internazionali sul nostro territorio, offrendo servizi e convenzioni, aiutando e seguendo il lavoro delle troupe
cinematografiche. E' una struttura che sta nascendo, che muove timidamente I primi passi, il fatto che esista è un fatto positivo; ha bisogno forse di fare quel salto di qualità e di esperienza che solo un intervento economico più forte nei prossimi anni potrebbe garantire. La legge sul cinema seppure in attesa di decreti attuativi che la renderanno finalmente operativa è una grande conquista. Garantirà in primo luogo delle regole certe per gli operatori, eviterà, almeno lo spero, quella discrezionalità politica che in passato ha segnato il finanziamento culturale nella nostra
isola. E' una legge che guarda al cinema come fatto complessivo, dalla produzione di lungometraggi e cortometraggi di finzione o documentari alla grande costellazione di festival e associazioni che nella nostra isola rendono il cinema molto popolare presso il grande pubblico. Credo che la legge offrirà ai nostri artisti la possibilità di continuare a raccontare
storie sempre più importanti, generando un corto circuito virtuoso fra i diversi linguaggi artistici, penso alla possibilità di tradurre in film i romanzi dei nostri scrittori.

Il sito italiano Selfcinema propone l’iniziativa Adopte a movie, come alternativa per aggirare i problemi di distribuzione. Qual è la sua opinione su questa iniziativa?
Selfcinema è una bella idea anche poetica, ma non risolverà il problema della distribuzione in Italia. E' necessario come dicevo prima smantellare alcune situazioni di oggettivo privilegio e monopolio, tra l'altro in Italia ci sono già molte sale che mantengono vivo il cinema d'autore, ma sono sempre situazioni che hanno alla base la passione e spesso il volontariato. Dare certezze a queste realtà aiutandole economicamente sarebbe il primo passo semplice semplice da fare. Poi guardare il problema in senso più ampio, ragionando sul ruolo delle multisale che hanno trasformato la fruizione del cinema che è diventato quasi una sorta di città mercato, di luna park che non ha quasi più niente a che fare con la cultura. Un paese civile deve difendere il suo cinema, anche perché tutti sono orgogliosi quando qualcuno dei nostri registi vince un Leone o una Palma d'oro, ma nessuno sa della fatica, del dolore e delle rinunce, che si accompagnano alla produzione di un film. Spesso I risultati di una pellicola sono legati alla casualità, alla fortuna, stiamo parlando invece di prodotti che hanno una natura culturale ma anche e soprattutto economica. Il non potersi confrontare ad armi pari dentro un mercato libero è sicuramente un problema che una paese civile deve risolvere e anche in fretta.

Dal sito di Marco Antonio Pani lo scambio tra i due registi isolani