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“Rapina a mano armata” di Stanley Kubrick

di Filippo Primo
 
''Rapina a mano armata'' locandinaQuesta settimana si conclude una sorta di trilogia sui generis che ho voluto dedicare al noir e al thriller d’altri tempi. Dopo “Angoscia”, thriller drammatico in stile “londinese-hitchcockiano” e dopo “L’infernale Quinlan”, summa dei canoni del noir classico, questa settimana ci accingiamo a rivedere “Rapina a mano armata” (The Killing) un film di Stanley Kubrick del 1955, che ci permetterà inoltre di paralare di “linguaggi cinematografici”.
Uscito dal carcere, Johnny Clay (S.Hayden) progetta un colpo grosso: rapinare la cassaforte dell'ippodromo dove vengono conservate le quote delle scommesse. Per attuare il piano recluta una banda piuttosto eterogenea, estranea al mondo del crimine ma mossa dalle “necessità” e dalle infelicità della vita. Ognuno ha un preciso ruolo: George (E.Cook Jr.), un mediocre e mite cassiere dell’ippodromo che vive soggiogato da una moglie avida e ambiziosa, dovrà facilitare l’ingresso di John nella stanza dove stanno i soldi; Randy (T. De Corsia), un poliziotto nei guai per i debiti di gioco, dovrà prendere i soldi e portarli al sicuro; Mike (J.Sawyer), il barista dell’ippodromo che ha una moglie malata e bisognosa di cure, porterà all’ippodromo il fucile che servirà per la rapina; Marvin (J.C. Flippen) è un vecchio allibratore alcolizzato che metterà i soldi per ingaggiare l’ex lottatore Boris (questi simulare una rissa per distogliere la vigilanza all’ippodromo) e Nikky che sparerà ad un cavallo durante la corsa per ritardare il pagamento delle scommesse permettendo così a Johnny di portare a termine il colpo.

''Rapina a mano armata'' Sarà proprio il tiratore Nikky il primo a lasciarci le penne: dopo avere sparato al cavallo, verrà ucciso a sua volta da un poliziotto. Tutti gli ingranaggi predisposti però funzionano alla perfezione e Johnny riesce a portar via i soldi, mentre gli altri componenti della banda lo aspettano nel luogo stabilito per la spartizione. Il destino gioca però brutti scherzi e a bussare alla porta nel rifugio saranno due giovani con le pistole in pugno. Uno di questi è l’amante di Sherry, la moglie del Cassiere Gorge. La perfida donna, venuta a conoscenza del colpo, aveva progettato con il suo spasimante di impossessarsi del bottino per poi fuggire insieme. Nel rifugio si verifica una vera e propria strage (quella che, in lingua originale, dà nome al film), tutti muoiono e il mite George ormai moribondo riesce a trascinarsi a casa dell’infedele e cinica moglie (“…non eri un marito, nemmeno un uomo, solo una brutta barzelletta senza battuta finale”) e le spara cadendo poi esanime.
''Rapina a mano armata'' Johnny, arrivato sul posto, intuisce che le cose non sono andate bene e si appresta a fuggire in aereo con la fidanzata portando via con se l’intero bottino dentro una valigia.
Beffardo più che mai, il destino fa ancora la sua comparsa, questa volta nelle vesti di un odioso cagnolino che sfuggito dalle braccia della sua padrona, taglia la strada al trenino che trasporta i bagagli per l’imbarco.
Il mezzo è costretto ad una brusca sterzata, provocando così la caduta dei bagagli e la vecchia valigia di Johnny aprendosi spargerà tutti i dollari per aria. La polizia aeroportuale farà il resto e Johnny , rassegnato e sconfitto, attende inerme il suo arresto.
''Rapina a mano armata'' E’ stato necessario soffermarsi sulla trama per mettere in evidenza come Kubrick (al tempo aveva 28 anni e girava il suo terzo lungometraggio!), partendo dal libro “Clean Break” di Lionel Withe, sia riuscito  a costruire una macchina dagli ingranaggi ben oliati, quasi un puzzle perfetto dal punto di vista tecnico e contenutistico, perfezionando i codici del genere noir. Ad essere precisi il film si innesta in quella tradizione dei “caper movie”, un sottogenere dei film thriller-noir in cui si narra dell’organizzazione e della messa in atto di una rapina da parte di una banda. In Italia Monicelli c’è ne ha dato un esempio con “I soliti ignoti” e in tempi più recenti ricordiamo “Ocean’s eleven”, ma soprattutto “Le iene” di Tarantino, che nel ’92 ha messo in atto la lezione di Kubrick:  scombinare ad arte la cronologia del racconto.

''Rapina a mano armata'' Uno dei punti i forza di “Rapina a mano armata” -girata in 3 settimane- riguarda infatti l’uso del “flashback sincronico” (tecnica narrativa già presente nello stesso libro di Withe) che illustra da diverse angolazioni, ma nella stessa unità di tempo, alcune delle scene chiavi del film. Il f.b. sincronico è tale perché si svolge appunto in sincronia  o in contiguità con la scena principale e lo spettatore viene “aiutato” nel poter rivivere una stessa scena osservando azioni che si svolgono in contemporanea e arricchendole ogni volta di nuovi particolari perché mostrate appunto da diversi punti di vista (una sorta di evoluzione della tecnica presente in “Rashomon” di Kurosawa). Al contrario, il f.b.diacronico, ci mostra delle scene che si svolgono in un tempo separato da quello della scena principale; il classico esempio è quello in cui vengono mostrate scene dell’infanzia del personaggio che ci servono per capire meglio il film.

“Le iene” di Tarantino e il successivo “Pulp fiction” sono dunque figli di questa pellicola che, con la sua struttura a incastri narrativi tenuti insieme anche da una voce over che minuziosamente descrive i preparativi e le operazioni della banda, risulta essere una meditazione sulla sconfitta, sul destino e sui suoi trucchi (un ferro di cavallo portafortuna per esempio). Dopo questo film la critica del tempo parlò di Kubrick come di un secondo Orson Welles…come non essere d’accordo!!!