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Anteprima da Venezia: Il grande sogno di Tornatore

di Emanuele Bigi 

''Baaria'', locandinaBaarìa, il “grande sogno”  di Giuseppe Tornatore, parafrasando un altro film italiano del concorso veneziano 2009, si è materializzato. Il kolossal da 25 milioni di euro, in dialetto siciliano, è apparso sugli schermi del Lido (dal 25 settembre sarà in 450/500 sale). Un film sofferto, atteso, voluto con il cuore dal regista di "Nuovo cinema paradiso". Alcune delle sequenze che si incontrano nelle due ore e trenta erano da anni sedimentate nella mente di Peppuccio (così lo chiamano in molti compreso l'amico Ennio Morricone che per l'ottava volta collabora con l'autore siciliano): i suoni, i personaggi un po’ sopra le righe, i drammi di una povertà antica e di riflesso moderna, la piazza polverosa di Bagheria (in siciliano) stavano aspettando solo una cinepresa per rianimarsi e rivivere in pellicola. Un viaggio lungo sessant’anni che dai Trenta tocca gli Ottanta. Ad attraversare il lungo periodo Giuseppe e Mannina che dopo 45 minuti si materializzano nei corpi e nei volti di Francesco Scianna e Margareth Madè, ex modella per la prima volta davanti a una macchina da presa. Le tre generazioni delle due famiglie tengono le redini della narrazione, si alternano nascite e morti, relazioni amorose e guerre, fascismo e comunismo; sono i colori di un affresco che non vuole descrivere l’autenticità di un microcosmo, ma rimandare a concetti universali. Le vicende di Giuseppe e Mannina, come dice il regista, “potevano prendere vita in un altro luogo”. Dunque la realtà storica si fonde alla fiction in modo da produrre una verità trasfigurata, “il mio lavoro si è concentrato proprio sulla verosimiglianza” ed è proprio attraverso questo aspetto che Tornatore riesce a toccare in certi casi la magia.
 
''Baaria''Basta un’intenzione, un gesto, uno sguardo o più complessivamente una scena osservata con la solennità dei movimenti di macchina alla "C'era una volta in America". Quella corsa frenetica a inizio film lungo il corso principale di Baarìa del piccolo protagonista che si tramuta in spinta per decollare sopra la città diventa emblema dell’incontro tra cielo e terra, tra finzione e realtà, un volo che rimanda a "Miracolo a Milano". Ecco sotto gli occhi innocenti la città che nel corso del film diventa personaggio, in mutazione, non solo la carne sente il peso del tempo ma anche le mura. Tutto respira. "Baarìa" ci porta a riscoprire e ad assaporare i sogni di una famiglia e nello stesso tempo le coordinate civili dell'Italia trascorsa, sempre però con il sorriso sulle labbra. Come afferma Peppuccio: “Una volta si diceva che un buon film doveva far ridere e far piangere, non so se la ricetta vale ancora oggi ma io l'ho tenuta in considerazione”. Senza dubbio si tratta del film più civile di Tornatore, riflette sulla politica e su certo modo di fare politica: “bisognerebbe essere più ragionevoli  – afferma il regista – cercare di ottenere tutto e subito in modo drastico ed eccessivo non porta a nulla, rincorrere un obiettivo con il buon senso sarebbe più opportuno”.
 
''Baaria''E senza dubbio non si tratta del capolavoro tanto sperato e così decantato dal presidente del Consiglio, certo riporta al cinema la storia di ampio respiro troppo spesso presa in ostaggio dalla tv, riprende il filone toccato qualche anno fa da "La meglio gioventù", anche se si trattava di un progetto per il piccolo schermo poi miracolosamente approdato a Cannes.
Tornatore definisce il suo film “sincero”, forse lo è più nei confronti di un pubblico americano che riconoscerà in part e l'estasi magica di "Nuovo cinema paradiso".
La strada verso le nomination agli Oscar è iniziata da Venezia.