Stampa

Film Consiglio

"Nine" di Rob Marshal

 Il consiglio di Elisabetta Randaccio
 
''Nine'' locandinaFederico Fellini ricordava sempre con piacere l'esperienza nell'avanspettacolo, quei siparietti che precedevano, spesso, tra gli anni quaranta e i cinquanta, le proiezioni cinematografiche. Si affermò come un genere teatrale specificatamente italiano e alternava grandi produzioni, dove si esibivano talenti come Totò, Anna Magnani, Aldo Fabrizi, a lavori scalcinati che provocavano reazioni, anche violente, negli spettatori.
Il primo film di Fellini, condiviso nella regia con Alberto Lattuada, fu "Luci del varietà" (1950) ambientato proprio in quel mondo di luccicanti lustrini, ballerine con improbabili costumi scenici e comici bersagliati sistematicamente dalla platea. Fellini, dunque, amava ogni tipo di spettacolo, compreso il circo e il musical tradizionale (come dimenticare la scena toccante del balletto dei vecchi danzatori "Ginger e Fred", nella pellicola omonima?). Quando, così, a metà degli anni sessanta, un suo grande ammiratore, il regista e coreografo geniale Bob Fosse, si apprestò a trarre un musical dal suo "Le notti di Cabiria" (1957, Oscar come miglior film straniero; l'amara vicenda di una prostituta ingenua), non ne rimase particolarmente turbato. Come racconta nella sua appassionante biografia del regista riminese il compianto critico Tullio Kezich, fu più sbalordito che lusingato dalla operazione.
 
''Nine''L'anno successivo, lo stesso Fosse, trasforma lo spettacolo in pellicola con Shirley McLain come protagonista (Sweet Charity, 1969). In seguito, a dimostrazione dell'ammirazione degli americani per il nostro regista, nel 1982 debuttò a New York Nine, tratto dal capolavoro felliniano per eccellenza, "8 e 1/2" (1963), forse l'opera più plagiata, citata e copiata nella storia del cinema. Il film, che rivoluzionò la struttura del racconto nel grande schermo, è, ancor oggi, un affascinante ritratto impietoso di un cineasta "mago" e della sua impotenza creativa cresciuta di pari passo con le complicazioni pericolose della sua vita sentimental-sessuale, attraversata da bugie, falsità, contraddizioni, elementi così patetici nel quotidiano, quanto fascinosi, se sublimati nell'arte. Attraverso il suo doppio attoriale, uno straordinario Marcello Mastroianni, il regista si mise a nudo senza risparmiarsi, ottenendo un risultato originale, anche per merito di rilevanti collaboratori (pensiamo alle musiche di Nino Rota, alla fotografia di Gianni Di Venanzo, a un cast di attori toccati dalla grazia interpretativa).
 
''Nine''Ispirato a questo capolavoro assoluto, il musical Nine, diviene, ora, un film. Un bizzarro percorso: una pellicola tratta da un'opera teatrale, a sua volta, tratta da un film. In realtà, se si dovesse indicare un musical sovrapponibile all'opera felliniana, sarebbe maggiormente indicativo "All the jazz" (1979), ancora di Bob Fosse, che rende omaggio al regista di Amarcord, quasi identificandosi, o meglio raccontando la storia autobiografica di un autore e coreografo costretto a fare un bilancio della sua  esistenza artistico-sentimentale.
"Nine" è firmato da uno degli allievi di Fosse, Rob Marshal, che già in Chicago (2002) aveva ripreso lo stile speciale del maestro, quello di riuscire a rendere l'atmosfera del palcoscenico in maniera cinematografica. Non più gli attori pronti a cantare in mezzo a una scena, sfiorando pericolosamente il ridicolo, ma l'uso costante della contaminazione attraverso il flashback, il metacinema, l'oniricità, rendendo efficace e senza contrapposizioni stilistiche un film con canzoni.

''Nine''In questo senso, "Nine" non delude. E' un'opera affascinante, dove l'attenzione formale si sposa alla musica e alle splendide coreografie. E, dunque, la storia di Guido Contini, i suoi ricordi, i suoi problemi con la pagina uno del copione, i suoi rapporti con le belle donne che formano il suo harem familiare, funziona alla perfezione. Ovviamente, il livello filosofico, psicanalitico e polemico dell'originale è caramellato. Ma il senso, cioè il ritratto di un grande mentitore, costretto a restare regressivamente bambino per essere un genio, rimane.
Anche Rob Marshal ha dalla sua un team di collaboratori d'eccezione. Proprio per questo Nine va visto in sala, per goderne i suoni, i colori, le raffinatezze stilistiche. Il mondo di Fellini, poi, è evocato anche in alcune citazioni da altri suoi film (Toby Dammit, Le notti di Cabiria, Lo sceicco bianco).

''Nine''Gli interpreti sono fantastici. Daniel Day-Lewis è il miglior Guido possibile, erede adeguato di Mastroianni; nella sua performance cita Fellini, ma anche gli altri registi con cui ha lavorato in passato (Scorsese, per esempio) e con lui Judy Dench, Penelope Cruz, Nicole Kidman, Fergie (una superba Saraghina, più bella fisicamente dell'originale, ma altrettanto animalesca), Marion Cotilliard.
Ballano, cantano, recitano sempre ad alto livello, dimostrando una professionalità sicura, da elogiare senza riserve.