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"Invictus" di Clint Eastwood

Il consiglio di Elisabetta Randaccio
 
''Invictus'' locandina
"Dal profondo della notte che mi avvolge/buia come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro ringrazio gli dei chiunque siano per l'indomabile anima mia. Nella feroce morsa delle circostanze non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia sotto i colpi d'ascia della sorte il mio capo è sanguinante, ma indomito. Oltre questo luogo di collera e lacrime incombe, ma l'orrore delle ombre e ancora la minaccia degli anni mi trova, e mi troverà senza paura. Non importa quanto sia stretta la porta quanto piena di castighi la vita. Sono io il signore del mio destino sono io il capitano della mia vita". Questa toccante poesia dell'inglese William Ernest Henley (1849-1903) è stata per Nelson Mandela, un eroe dei nostri tempi, durante i 27 anni trascorsi nel carcere duro di Robben Island, una sintesi della sua resistenza fisica e psicologica, un supporto per credere in un possibile futuro migliore, ma anche l'ipotesi di uno stile di esistenza. E' stato liberato nel 1990, venti anni che hanno cambiato il suo mondo e il suo paese.
 
''Invictus''Eletto presidente, con l'abolizione dell' Apartheid, la quale bloccava il Sudafrica a una condizione palesemente antiumana, dove la minoranza bianca aveva il potere economico e l'autorizzazione di commettere impunemente qualsiasi orribile nefandezza contro la maggioranza di colore, Mandela opta per una soluzione, finora mai percorsa in situazioni politiche estreme. Attiva il progetto di riconciliazione, non l'amnistia, ma il perdono per chi ammetteva i delitti, gli orrori, le connivenze, i soprusi, gli abusi commessi durante il regime razzista. Vuole che il Sudafrica diventi un paese arcobaleno, cercando di evitare le vendette dirette o trasversali. Fu un compito difficile, che, ancor oggi, non è certo portato a termine, ma, in quel preciso momento storico, evitò altri morti e altro dolore.

''Invictus''Mandela, come si dice nel film inattaccabile del nostro amato Clint Eastwood (lui, un vero ottantenne "invictus"), non è un santo. Nei tanti anni di detenzione ha studiato il nemico, ne ha appreso le dinamiche psicologiche e intellettuali e, dunque, da perfetto politico, ha cercato una mediazione seria, che non sfiorasse mai l'oblio del periodo oscuro del razzismo elevato a ideologia di potere. Nel 1995 gli si offre un'occasione unica: andare avanti nel saldare le due anime del Sudafrica attraverso il tifo per la nazionale di Rugby, i cui campionati del mondo, in quella data, si svolgevano proprio nel paese dei diamanti. Lo sport diventa strategia politica, ma alla maniera di Mandela:  con fermezza, sicurezza e temperanza. Quella squadra, dove solo un giocatore è di colore (Chester, amato dai bambini delle bidonville come un eroe), fischiata, nel recente passato, dai neri perché rappresentativa del razzismo ariano, per Mandela doveva diventare il cuore pulsante del paese: conserverà i suoi odiati colori verde oro, ma dovrà imparare il nuovo inno nazionale ("Dio benedica l'Africa"), dovrà fare un breve tour per farsi conoscere anche negli squallidi campetti delle misere periferie delle metropoli sudafricane e, poi, si impegnerà per tentare il miracolo di vincere la coppa del mondo.

''Invictus''Eastwood racconta questa storia di sport e politica, di metafore e di allusioni con una leggerezza encomiabile. Non ha bisogno né di strutture narrative da biopic classico  (appena accennata con malinconia la disgregata situazione familiare di Mandela), né di stereotipi enfatici tipici dei film di genere sportivo. Allarga il punto di vista della storia dando spazio, in maniera credibile, agli uomini della scorta di Mandela (composta, secondo i voleri del presidente dai fidati ex compagni di lotta, ma pure dallo staff che aveva difeso il criminale predecessore DeClerck), la quale fa da contrappunto alla vicenda ponendosi come nucleo esemplare di un cambiamento culturale in corso. Nelle scene riguardanti le partite di rugby, riesce - come al cinema non capita spesso -, a girare con realismo, senza epica inutile, ma con una buona dose di tensione, un avvenimento sportivo. I respiri, il rumore dei colpi, il fiato ansimante dei giocatori sono meglio di qualsiasi musica d'effetto. Senz'altro è una delle parti più riuscite della pellicola.
 
''Invictus''E' tecnica, ma anche sensibilità registica, che, ancora una volta, pone Eastwood come autore raffinato, il quale non sbaglia un'opera da anni, il trionfo della terza età creativa e mai ripiegata su se stessa. "Invictus", voluto fortemente da Morgan Freeman, ha nella sua interpretazione appassionata, accentuata da una straordinaria somiglianza fisica col personaggio, la sua forza. Da non dimenticare la musica melanconica scritta dal figlio di Eastwood, Kyle e da Michael Stevens, mentre la sceneggiatura (tratta da un libro di John Carlin) è del cinema-writer più richiesto del momento, Anthony Peckam, ovvero l'autore di  "Sherlock Holmes".