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Film Consiglio

"Shutter Island" di Martin Scorsese

Una didascalia all'inizio di "Shutter Island", firmato da Martin Scorsese, ci avverte che il racconto si svolge nel 1954. Non si sottovaluti l'indicazione temporale. Se è vero quanto ciò serva al regista per evocare le storie e un modo di fare cinema tipico di quel periodo, è, se vista con attenzione, una delle chiavi del film. Anni del dopoguerra, quando un paese vincitore come gli Stati Uniti, passò dalla serenità di aver sconfitto il male alla riattivazione bellica causata dalla guerra fredda. Come diceva uno dei protagonisti di una pellicola memorabile girata da William Wyler ("I migliori anni della nostra vita",1946) -profondamente influenzata dal neorealismo - "Avete sbagliato guerra:adesso dovete farla contro i rossi", ovvero il paradosso di riattivare le icone del bellicismo, della propaganda (questa volta anticomunista), della paura del conflitto totale e finale, determinato dalle nuove armi di distruzione di massa. Gli USA affronteranno il momento oscuro del maccartismo (dal nome del famigerato senatore McCarthy), quando processi, delazioni, bugie, finti complotti espanderanno la paranoia in tutto il paese.
 
''Shutter Island''La cultura ne uscirà decapitata (il caso più clamoroso fu quello di Chaplin, considerato antiamericano e, perciò, esule per scelta in Svizzera), il senso comune distorto. Se a questo si aggiunge il problema dei reduci (un filo conduttore, però, costante nella storia degli States), delusi, depressi, magari mutilati, in cerca di un lavoro o psichiatricamente compromessi e il gap generazionale sempre più forte tra i padri e i figli, il quale porterà ad una prima ondata della questione giovanile e dell'uso degli stupefacenti, si avrà il quadro complesso di una nazione, almeno fino all'era Kennedy, piombata in uno stato di ossessione diffusa.
La paranoia avvolse l'America e Scorsese ci racconta una storia esemplare del tempo, dove ogni elemento succitato del puzzle sociologico ritorna prepotentemente.

''Shutter Island''"Shutter island" è un film teso come una corda fino all'ultimo fotogramma, pauroso senza aver bisogno di effetti speciali, ma è difficile catalogarlo come un thriller. Tratto dal libro di Denis Lehane (già noto per aver donato a Clint Eastwood il suo splendido "Mystic river"), è il canovaccio eccellente per le finalità multiple di Scorsese. Dati i continui colpi di scena, raccontare la vicenda sarebbe una cattiveria, ma lo spettatore, all'uscita dalla sala, si ritroverà a ricostruire il rompicapo razionalmente.
Inizia come un classico noir degli anni cinquanta con due agenti dell' FBI, quasi in costume (cappello a larghe falde, cappotto, panciotto, pistola alla cintura) che si conoscono su una nave diretta verso un'isola (luogo da sempre di utopie e distopie)  nella quale sorge una vecchia, bizzarra, costruzione risalente all'epoca della Rivoluzione, completamente ristrutturata per far posto a un manicomio criminale, da cui, paradossalmente, date le condizioni climatiche e geografiche, sarebbe scomparsa una degente pluriassassina.
 
''Shutter Island''L'indagine inizia, ma anche lo sfaldamento delle certezze di Terry e degli spettatori divorati da un incubo dai contorni cinefili: le tracce espressioniste continuamente a fuoco, Hitchcock e la scala di "Vertigo", Kubrick e le bambine uccise di "Shining" e, poi, apparizioni di fantasmi di reliquie di Lang, Tourneur e l'onnivoro immaginario accumulato da Scorsese, il quale, prima di essere regista, è un critico-osservatore cinematografico acuto. L'autore di "Taxi driver" non ha paura delle citazioni né delle simbologie, perché personalizza ogni cosa con la sua tecnica supportata da artisti compagni d'avventure di una lunga carriera, come la montatrice Thelma Schoonmaker, che si esibisce in "Shutter island" in un editing quasi caotico come la mente di Teddy. Alla sottolineatura del contagio paranoico, si affianca un tema classico per Scorsese: il senso di colpa e l'autodifesa inconscia. Il protagonista  sente il peso di aver visto l'irracontabile, ovvero il campo di sterminio di Dachau (una bambina si affaccia ambiguamente nei suoi incubi chiedendogli "perché non mi hai salvato?"), di aver ucciso istintivamente, da soldato, il nemico-male senza porsi un motivo razionale o politico e, poi, c'è la moglie morta in circostanze terribili e i pazienti del manicomio in cui identificarsi e, nello stesso tempo, ritrarsi con orrore, nonché il suo mestiere sporco, che vorrebbe assumesse altro valore.

''Shutter Island''A giocare questa partita filmica memorabile, superficialmente definita da alcuni critici   manieristica (ma ricordate che, quando uscì un capolavoro assoluto ora riconosciuto da tutti gli storici del cinema come "Shining" di Kubrick, la maggior parte dei recensori ebbe la nausea!!!!), sono anche gli interpreti. Leonardo Di Caprio, ormai è l'attore feticcio di Scorsese (e i più attenti tra gli spettatori noteranno il senso profondo di un cameo non dichiarato di Robert De Niro posto a contatto con il suo giovane alter-ego) ed è perfetto. Provate a notare come stringe gli occhi (quasi un tic) all'inizio del film. Vi chiederete se voglia evocare una miopia, capirete al termine della pellicola quali altre erano le cause... Insomma impeccabile come il resto del cast. Senza dimenticare le sequenze in cui compare l'ambiguo psichiatra interpretato da Max von Sydow. A ottanta anni, con un solo sguardo può ipnotizzarvi e ricordarvi il cavaliere che sfidava la morte, l'esorcista destinato a morire, il killer, il demonio... l'uomo dai mille fantastici volti.
 
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