Percorso

Così trasformo il pixel

Quattro passi nella video arte assieme a Francesco Casu, regista multimediale che il 4 aprile a Roma mette in scena i suoi sogni “tecnologici”. Assieme a una fata di nome Maria Lai. di A. S.

 La dialettica tra arte figurativa e cinema è tanto articolata quanto controversa, e in perpetuo divenire. Sebbene l’elemento pittorico, compreso il colore, costituisca un elemento essenziale nella costruzione dell’immagine cinematografica (pensiamo, ad esempio, all’inquadratura), è  assai difficile generalizzare: ogni singolo regista elabora questo rapporto attraverso soluzioni molto personali.

Francesco Casu, profondo conoscitore della storia dell’arte contemporanea, video artista e regista multimediale, parla del suo  personale approccio stilistico con questi differenti linguaggi  e spiega in che modo tecnologia  e media stanno trasformando le forme e la fruizione dell’arte visiva.

In che modo l’immagine pittorica e l’arte figurativa hanno influenzato il suo percorso professionale?
Per fare arte, costruire un immagine è necessario, innanzitutto, imparare a leggere davvero l’immagine. Alcuni pensano che ciò possa avvenire in modo intuitivo ma è vero solo in minima parte: in realtà è frutto di un lungo procedimento, di una vera e propria educazione dello sguardo. Solo un lungo esercizio riesce ad aprirci l’universo racchiuso in un opera d’arte. Occorre quindi molto studio e, possibilmente, validi maestri.  
Il mio incontro con l’arte è legato a suggestioni prevalentemente emotive, calde, ma lo studio della storia dell’arte, dell’estetica, la scoperta dell’impressionismo e delle avanguardie artistiche, sono stati una grande scuola  per il mio lavoro successivo, e hanno influenzato notevolmente le mie scelte stilistiche.

Attraverso quali espedienti e strumenti tecnologici risolve il rapporto tra immagine e movimento?

Non esiste, oggigiorno, un artista naif, non si può, cioè, creare dal nulla: anche se passivamente, siamo costantemente esposti al condizionamento sia della cultura occidentale  sia dei popoli lontani. L’artista assimila, fa sue le suggestioni che gli giungono dall’incontro col mondo, dalle sue letture e dalle sue esperienze. Non si tratta di rubare, di copiare: solo chi fa arte, infatti, genera arte.
Quando usi il video lavori con la dimensione del tempo, mentre l’immagine statica non subisce alcuna modifica. Nelle mie installazioni creo una serie di giochi di rispecchiamento tra  immagini statiche e in movimento, tra materiali caldi tangibili (come ad esempio la farina, il pane o gli elementi della natura) ed elementi freddi, elettronici. Il pixel in sé stesso è immateriale ma può essere riscaldato attraverso l’uso di interfacce corporee, di immagini dal vivo. Non amo le immagini patinate, precotte. Attraverso la musica e l’improvvisazione, le rielaboro dal vivo con un procedimento che ricorda la musica jazz.

Nell’arte multimediale assistiamo a un intreccio fecondo tra differenti linguaggie,  parallelamente, si trasforma anche il fruitore dell’opera d’arte, sempre più globalizzato e allenato alle contaminazioni linguistiche: dall’utilizzo della tecnologia alla televisione ai video musicali e alla pubblicità.
In che modo guarda a questa trasformazione in atto?

Qualcuno pensa che all’incremento dei mezzi di comunicazione corrisponda  una maggiore fruizione dell’arte: non è vero. Siamo sommersi da una miriade di informazioni inutili lanciate con frenesia e violenza dai media ma, spesso, prevale l’ignoranza e l’ incapacità di operare una selezione critica di questo magazzino disordinato di immagini. Nonostante la pubblicità e la comunicazione via web fornica frammenti, originali  soluzioni grafiche riprese dai grandi della storia dell’arte, prevale il rumore e la confusione. L’ arte però rimane assente e lontana da tutto questo. Bisognerebbe, dunque, affrontare il discorso della spazzatura mediatica  con un ottica ambientalista.

Il 4 aprile, alla Casina di Raffaello a Roma, parte una sua mostra in collaborazione con Maria Lai. Di cosa si tratta?
E’ una mostra laboratorio molto particolare, di cui curo la regia, l’allestimento e la parte multimediale.
Si tratta di un vero e proprio abbecedario dell’arte  dedicato ai bambini e ai ragazzi: un grande gioco di fiabe e animazioni costruito come un percorso alla scoperta dell’arte.  Perché è bene che l’educazione all’immagine cominci da giovanissimi, prima che sia troppo tardi.


 

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