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Muntoni Cristina

"Alice in Wonderland" di Tim Burton

 
''Alice in Wonderland'' locandinaAlice è cresciuta. Tim Burton ce la mostra in quella terra di mezzo al confine tra l’adolescenza e l’età adulta che è sempre un brivido  sull’orlo del precipizio. Buttarsi o no? Vivere per accontentare gli altri o scegliere di essere se stessi? L’esperimento è riuscito. E non importa se è abbastanza improbabile che un’orfana dell’età Vittoriana potesse permettersi di cincischiare di fronte a una promessa di matrimonio di un Lord. Non importa che certe fughe mentali sarebbero state immediatamente bollate come follia, condannandola a un manicomio a vita. E non importa che, messa spalle al muro da una scelta castrante ma conveniente, una donna che sceglie se stessa scartando principi-padroni scatenerebbe un putiferio, anziché una laconica accondiscendenza. In fondo è solo una favola. Tutto “è impossibile solo se pensi che lo sia”, ci dice Johnny Deep, un Cappellaio Matto più emotivo di quello Disney e meno matto della Lepre Marzolina.
Abbandonato il grembiule e l’innocenza della versione disneyana, l’Alice di Burton (una Mia Wasikowska un po’ troppo passiva) si muove in una foresta di simboli indossando abiti da passerella. Agita le onde dorate dei suoi lunghi capelli in una superflua versione in 3D: è evidente che l’attenzione è stata posta più sulla resa fotografico-pittorica (riuscitissima) di immagini vittoriane, che sull’effetto spettacolo delle tre dimensioni.

''Alice in Wonderland''Tra giardini inglesi e matrimoni combinati, Alice si muove in una corsa contro il tempo per decidere che fare della propria vita. La guidano quelle voci interiori a cui Lewis Carrol nel 1865 aveva dato forme fantastiche, ma che con la sceneggiatura di Linda Woolverton diventano, se è possibile, ancora più efficaci. Tutto è in divenire. Alice sta per diventare donna e il bruco, in attesa di diventare farfalla, non si limita più a dire solo “Chi sei?”. L’avvisa che è lì lì per diventare se stessa, ma che “non puoi aiutare nessuno se non sai nemmeno chi sei”. Naturale che, se fuori tutti “mi dicono cosa devo fare”, la tentazione sia quella di rimandare l’età delle responsabilità restando in quel limbo fantastico che è il Paese delle Meraviglie (o la nostra mente?). Ma Alice è già una donna. “Restare….folle, pazza, meravigliosa idea, Ma non posso. Ci sono risposte che devo dare, cose che devo fare”.

''Alice in Wonderland''Il confine tra il bene e il male si sposta di continuo. Le atmosfere gotiche di Burton (meno dark del solito) incorniciano una Regina Bianca – fata buona (Anne Hathaway) che, con gesti aggraziati di una ballerina di danza classica, sputa su pozioni magiche in cui ha infilato dita mozzate e succo di vermi. Mostri custodi di spade si addomesticano con uno sguardo e curano ferite con leccate taumaturgiche. E la Regina di Cuori (Helena Bonham Carter) taglia teste e calpesta maialini, ma si addolcisce di colpo alla vista del Fante di Cuori (Crispin Glover) che la fa fremere di desiderio.

E quel genio di Burton ce l’ha fatta ancora una volta. Farci sognare attraversando quell’orgia di contrasti che è la mente umana, illuminando, con la luce fioca del suo sguardo gotico, tutti gli angoli più bui delle nostre paure.