Percorso

Segni particolari sul set? Un po' di rosso

Vestire il cinema: ovvero incontro con Stefania Grilli costumista sarda già passata alle cronache sul set di “Su re” e attualmente impegnata nelle riprese dell'ultimo film di Marcias “I bambini della sua vita”. L' equivoco dello scambio di persona Pellegrini-Porcelli. di Anna Brotzu

Stefania Grilli sul setNote di colore sul set del nuovo film di Peter Marcias: una Cagliari in mise invernale farà da sfondo all'intricato nodo degli affetti interpretato da Piera Degli Esposti accanto alla giovane Caterina Gramaglia (già in “Ma la Spagna non era cattolica?”) e all'affascinante Julien Alluguette, brillante attore francese (scelto da Ruiz per i “Misterios de Lisboa”), con un inedito e “drammatico” Nino Frassica e la piccola Giulia Bellu.
A svelare nuances e atmosfere del racconto per immagini «in corso d'opera tra i quartieri storici e il Porto» è la costumista Stefania Grilli (cagliaritana d'origine, formazione artistica “mirata” tra l'Isola e Bologna e un curriculum di tutto rispetto, dal fortunato esordio con “Ballo a tre passi” di Mereu a “Tutto Torna” di Pitzianti).

Stefania Grilli e attrezzi del mestiereCosa indossano i protagonisti di “I bambini della sua vita”?
E' una storia contemporanea, si svolge ai giorni nostri con uno scarto temporale minimo: torniamo indietro di un paio d'anni, a fine anni '90, ma ora siamo nel 2000! Ambientata in una città italiana, che è Cagliari, riconoscibilissima nella varietà dei suoi paesaggi, dai quartieri storici al porto, con i suoi angoli più segreti e suggestivi, ma potrebbe essere Roma o Milano: nessuna nota folkloristica, ma un respiro volutamente “nazionale”. Quindi un'epoca apparentemente più semplice da ricostruire, ma in realtà è un lavoro molto delicato: bisogna stare attenti all'aspetto psicologico di ogni personaggio. Proprio nella diversità di stili e nell'infinita possibilità di combinazioni, gli abiti devono corrispondere al carattere: sono importanti i dettagli, le sfumature.

In particolare?
Ci sono dei personaggi identificati con dei colori, e lo stile di abbigliamento di ciascuno rappresenta una nota particolare nelle scene corali. Parlo soprattutto dei giovani, tra cui vige anche maggiore libertà nel vestire: per esempio ci son ragazzi indirizzati su un genere più intellettuale-studente, piuttosto che il tipo della frequentatrice da discoteca, e anche nelle scene d'insieme una dei protagonisti appare più “colorata”.

Stefania Grilli sul set di ''Su Re''Una dimensione quasi “pittorica”?
Sì, volendo. In fondo lavoriamo per immagini e sull'immaginario! Il mio lavoro parte dalla sceneggiatura, dalla descrizione dei protagonisti e delle altre figure, diciamo, di contorno; per gli attori all'inizio mi baso sulle fotografie, l'incontro spesso avviene sul set, o quasi, ed è un passaggio ulteriore.

E le scarpe (suonerà un po' fetish)?
Le scarpe sono un elemento abbastanza importante, infatti è una ricerca che richiede un po' più di tempo: spesso si identifica un personaggio con una calzatura (come accade nella vita, magari degli stivali così comodi che non ce li toglieremmo mai), o due diversi tipi di scarpe che riflettono un cambio di situazione, tra sera o mattina, diversi momenti o più giorni. Io cerco sempre di non calcare la mano, di non esagerare; troppi segni, troppi cambiamenti inducono confusione, se non sono funzionali al film distraggono inutilmente l'attenzione: non m'interessa l'effetto “sfilata di moda”, preferisco lavorare per sottrazione.

Stefania Grilli sul set di ''Treulababbu''Com'è confrontarsi con attori come Piera Degli Esposti o Nino Frassica?
In realtà all'inizio tutti i personaggi sono in primo piano. Certo davanti ad artisti importanti ci può essere un po' di emozione, ma la cura, l'attenzione è la stessa; in un film in abiti contemporanei può anche capitare che ad un attore o un'attrice si chieda di portare qualche pezzo, pantaloni o una giacca, che può aiutare l'interprete a sentirsi a proprio agio nei panni del personaggio.

Una curiosità: com'è approdata al cinema?

Ho sempre voluto fare solo questo: così mi son iscritta all'artistico, poi all'Accademia di Belle Arti a Bologna e subito ho cominciato a lavorare in teatro;  poi mi son innamorata del cinema e ho avuto la fortuna di incontrare Salvatore Mereu. E dopo “Ballo a tre passi” ho deciso di restare in Sardegna e come me tanti altri, si son create tante sinergie, c'era un grandissimo entusiasmo e pian piano son nate e cresciute tante professionalità. Anche se non mancano le difficoltà (e qualche delusione: la Legge Regionale aveva suscitato molte, forse troppe aspettative, e servirebbe una Film Commission come quella di Torino!), in particolare nel mio lavoro, perché l'idea della sponsorizzazione non è ancora diffusa – i commercianti offrono il loro sostegno non per un ritorno economico ma perché s'innamorano dell'idea del film - nell'Isola si continua a fare cinema.

Stefania Grilli sul set di ''Per Sofia''In questo momento l'impegno è su due fronti
Sì, con due film molto diversi: se “I bambini della sua vita” di Peter Marcias è un'opera contemporanea, gli abiti de “Su Re” di Giovanni Columbu guardano al passato, sono i vestiti della quotidianità di una Sardegna antica, alcuni autentici e preziosissimi (ho fatto una tesi sui costumi sardi d'epoca).

E per il futuro?
Un progetto che partirà credo a giugno, ma la preparazione è iniziata da tempo: un medio o cortometraggio di una regista che ha vinto il Solinas e ha ottenuto il contributo dell'ISRE, ambientato in Sardegna nel 1938. Dovrebbero essere tutti costumi originali: una lunga ricerca! Poi altre idee e ipotesi, ma per ora sono volo voci, è presto per parlarne.

Tornando al film di Marcias, ha parlato di alcune sottolineature di colore: quale?

C'è un po' di rosso.

Stefania GrilliLe riprese di “I bambini della sua vita” proseguono in una Cagliari dov'è sbocciata appena una timida primavera che ancora conserva (quasi a venire incontro alla sceneggiatura) il grigiore dell'inverno; e il rigoroso top secret imposto dalla produzione, appena infranto da rare interviste e più frequenti e “pericolose” indiscrezioni si presta, come spesso accade ad equivoci e perfino “scambi di persona” da pochade. Così può capitare che un assessore alla Cultura (leggi Giorgio Pellegrini, peraltro invaghito della decima musa) si scopra bersaglio di critiche (nel gioco dei “si dice”) in quel di Sassari, con tanto di difesa d'ufficio, in merito a presunti finanziamenti che potrebbero (forse) esser messi a disposizione della (pare) Film Commission di Cagliari, peraltro nascitura, annunciati (chissà) dal presidente della Commissione Cultura del Comune, Maurizio Porcelli (forza dell'allitterazione?). Il paradosso del silenzio (già squarciato nel dì delle riprese in quel di Castello, dopo la metamorfosi in Studios della Manifattura Tabacchi ad opera dello scenografo da Oscar Osvaldo Desideri) di fatto insostenibile in una città come il capoluogo è che quel vuoto si riempia di echi, di sussurri e grida, e maldestre curiosità.
Ma in fondo, come diceva Oscar Wilde, “Nel bene o nel male purché se ne parli” (There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about)!
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