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Tutti gli incubi di Lars

Un psicologo (Eugenio Mangia) e un regista tra i più visionari del panorama internazionale (Lars Von Trier). Schermi Rubati ha scelto davvero una forma insolita per caratterizzare la rassegna dedicata al celebre regista danese in scena alla Cineteca fino al 27 giugno. di Enrica Anedda

Lars Von TrierSi è aperta sabato scorso, con la proiezione del film “L’elemento del crimine”, la rassegna dal titolo “La scheggia nell'occhio - Oppressione/Espressione nel cinema di Lars Von Trier”. Organizzata dall'Associazione Schermi Rubati con la collaborazione dello psicologo-psicoterapeuta dott. Eugenio Mangia, l’iniziativa si svolge presso la Cineteca Sarda in Viale Trieste 126 e ha come intento quello di proporre al pubblico cagliaritano dal 10 Aprile al 27 Giugno la filmografia completa del regista danese Lars Von Trier.
L’inizio della manifestazione sembra avere già suscitato un rilevante interesse nel pubblico, come si evince dal fatto che gli spettatori intervenuti hanno completamente riempito la piccola sala della Cineteca Sarda e che ad accogliere la presentazione da parte di Massimiliano Cao ed Eugenio Mangia sia stato alla fine un lungo e caloroso applauso. Per quanto riguarda i motivi della scelta di dare un taglio psicologico ad una rassegna di cinema abbiamo rivolto alcune domande al dott. Mangia per coglierne alcune delle ragioni di fondo.

''Dancer in the dark''Perchè è stato chiamato uno psicologo a introdurre una rassegna di cinema?
In realtà  l’idea di dare un taglio psicologico/psicoanalitico a questa rassegna su Lars von Trier è nata un po’ per caso, nel corso di un’appassionante e vivace discussione con Massimilano Cao e Eugenio Dessy. Ripercorrendo le tappe della produzione artistica di Von Trier ci siamo infatti accorti di come una serie di tematiche, che negli anni avevano rappresentato una costante della sua opera, manifestassero una spiccata valenza psicologica e di come il suo fare cinema possa essere in fondo considerato una sorta di volontà di dare corpo ed espressione ai fantasmi derivanti da un profondo disagio interiore.
A testimonianza di ciò, può essere utile ricordare come sia stato lo stesso Von Trier a dichiarare, nel corso di un’intervista, di essere afflitto da molte fobie di genere diverso (viaggia solo in auto o in treni di una determinata compagnia, ogni anno attraversa l’Europa in camper per recarsi al Festival di Cannes, non viaggia in aereo, è ipocondriaco e da sempre convinto di avere qualche tipo di cancro o tumore) e di considerare l’attività artistica come un elemento indispensabile per potere “esistere” e “sopravvivere”.

Un inquietante immagine di ''Antichrist''Quali sono i temi di interesse psicologico che tornano nel cinema del regista danese?
In primo luogo, come viene peraltro suggerito nello stesso titolo della rassegna, il tema delle “oppressioni”. In particolare si può rilevare come tale tema percorra trasversalmente l’intera produzione del regista danese; basti pensare alla provocazione rivolta al conformismo conservatore e borghese contenuta nel film Idioti, o alle oppressioni che vengono operate dalle istituzioni di vario genere ("Epidemic", "Il regno", "Il grande capo"), dalla dottrina religiosa ("Le onde del destino", "Antichrist"), dalla schiavitù ("Manderlay"), dalla famiglia  (tematica presente in molti dei suoi film).
Un discorso a parte merita invece il tema dell’oppressione provocata dal vissuto della “colpa”. Ciò perché tale problematica è presente nella sua filmografia in alcune delle sue diverse declinazioni: la “coscienza della colpa” (che è legata all’accadere di un evento specifico e che si evidenzia nei film "Dancer in the dark" e "Antichrist)", il “senso di colpa” ed il “senso del peccato” (entrambi presenti nel film Le onde del destino e che sono in relazione alla presenza di una rigida istanza superegoica nel primo caso, e al rapporto con l’Altro-Dio, nel secondo).
 
''Dogville''Ma ancora sono presenti i temi della funzione del gruppo come opportunità di elaborazione del dolore della perdita ("Idioti") o come istanza che, da esterna, può divenire interna e rivolgersi contro se stessi (il gruppo degli anziani della chiesa calvinista che, nel film Le onde del destino, scacciando e allontanando Bess dalla comunità finiscono con lo spingerla ad intraprendere in solitudine quel doloroso e tragico percorso che la condurrà fino alla morte, o il drammatico esilio di Medea) o quello dell’eterno conflitto tra “bene e male” e tra “natura e cultura”.

Durante la presentazione della rassegna lei ha indicato alcuni legami molto forti fra la biografia del regista e la sua necessità di porsi continuamente delle regole per poi infrangerle e cominciare da capo. Quali sono?
Sì è  vero, Von Trier nel 1995 insieme ad un gruppo di altri giovani colleghi da’ vita a “Dogma 95”, un manifesto che si concretizza in dieci chiare e precise regole cui i registi che vogliono aderirvi devono attenersi nel loro lavoro, successivamente elabora il “Progetto Open Film Town”, poi detta le regole di “Defocus” e ancora, nel 2001, quelle del manifesto documentaristico del “Dogumentary”. Come ho cercato di mettere in evidenza nel corso della presentazione della rassegna, questa particolare esigenza di costruire e darsi continuamente delle regole può trovare una spiegazione in alcuni aspetti di natura psicologica che hanno caratterizzato la sua infanzia.
 
Lars Von Trier sul setI suoi genitori, Inger ed Ulf (comunisti militanti, naturisti e atei), credono fermamente in un’educazione libera e sono convinti assertori del diritto del bambino all’autogestione e all'autodeterminazione. Il giovane Lars cresce così in un clima di assoluta mancanza di imposizioni e regole e costretto a stabilire da sé i propri confini e le proprie autolimitazioni.
Fino agli undici anni frequenta il Lundtolfe, un istituto scolastico dai metodi estremamente autoritari, e quando prova a discutere con i genitori le difficoltà che incontra ad adattarsi ad uno stile educativo così rigido, essi gli rispondono di non capire come mai egli sia disposto a subire le imposizioni da parte degli insegnanti, piuttosto che alzarsi dal banco e andarsene. Appare particolarmente significativo, e fa’ anche una certa tenerezza, ricordare a questo proposito come nel corso di un’intervista, Von Trier si sia spinto ad affermare come egli ritenga l’autorità: una particolare forma di amore.
Ma, a completare il quadro di una “perfetta” patologia familiare, l’episodio accaduto nel 1990 quando, in punto di morte, la madre gli rivelerà che Ulf  in realtà non è il suo padre biologico e di avere scelto per il suo concepimento un altro uomo, la cui famiglia era particolarmente dotata di talento artistico ed espressivo. Lars scopre così con dolore, non solo di non avere quel sangue ebreo cui tanto aveva tenuto fino a quel momento, ma che la madre, pur avendolo educato ai valori di sincerità e trasparenza, in realtà gli aveva da sempre mentito.
 
Von Trier con Willem Dafoe e Charlotte GainsbourgAppare a questo punto superfluo interrogarsi, sul come ci si possa sentire! È per queste ragioni che ci è sembrato interessante utilizzare questo particolare tipo di prospettiva per delineare il percorso di un regista che, a mio parere, è uno dei più intelligenti, visionari e stimolanti dell’intero panorama europeo. In ultimo vorrei aggiungere come alcune delle tematiche psicologiche che ho qui sinteticamente esposto verranno più approfonditamente dibattute nel corso della rassegna, nel corso della quale altre interessanti chiavi di lettura ci verranno successivamente proposte da alcuni tra i più noti critici cinematografici cagliaritani.