"Fantastic Mr. Fox" di Wes Anderson
Con il suo ultimo film, il quarantenne regista di Huston dall'aspetto fanciullesco, giunge, però, alla maturità, sorprendendo pure per la scelta di genere, l'animazione, come afferma lui stesso, "old fashion", in stop motion, ovvero i pupazzi ripresi nel loro ambiente ricostruito con oggetti e disegni, maggiormente efficaci dell'ormai abusato 3D. In "Fantastic Mr. Fox", un'opera scritta, rivista e corretta nell'arco di molti anni e ispirata da un classico libro per bambini di Roald Dahl, Anderson mette a frutto la sua passione per la realtà alterata da un tratto di visionarietà, la sua attenzione verso i rapporti intergenerazionali, soprattutto all'interno del nucleo familiare, la sua garbata ironia, la sua anarchia degna della generazione degli hippies - che certo non è la sua - accentuata da un amore sfrenat per la musica dei sessanta e settanta.
Di Mr Fox vediamo nel prologo la sua natura selvaggia e libera che ne fa un arsenio lupin dei rubapolli (ammazzati con un solo morso) insieme alla sua compagna, a cui, però, dopo, una mezza disavventura, promette di cambiar mestiere. Riuscirà la nostra volpe a rimanere nella sua tana, diventato addirittura editorialista per un giornale, padre di un adolescente ribelle e imbranato, vestito con un elegante completo di velluto a proseguire un'esistenza pacata? (ma la sua voracità mentre fa colazione, ci dimostra quanto la selvaggeria non sia andata perduta). Ovviamente no. Ed eccolo sfidare la sorte, provocare tanti guai, utili semmai per sciogliere anche i nodi dei rapporti con moglie, figlio e nipote; ritornare animale e non antropoanimale è una gran bella soddisfazione soprattutto se si deve combattere contro tre capitalisti tanto ricchi di mezzi e di armi quanto stupidi.
La sua fobia per i lupi, gli antagonisti per eccellenza delle volpi come razziatori delle foreste, è sciolta quando ne vedrà uno in lontananza, su una collina: una sagoma nera, astratta, che ricorda la solitudine e la morte, da salutare giustamente con il pugno chiuso. Sopravvivere è l'ultima battuta di un film assai divertente, ma profondo. La versione nostrana è una delusione, ma almeno c'è il tentativo di usare le consuete voci italiane (la coppia Pannofino-Di Meo) dei doppiatori originali (due grandi come George Clooney e Meryl Streep, affiancati da Willem Defoe, Owen Wilson e naturalmente Jason Schwartzman) per cercare di ricreare la situazione interpretativa voluta da Anderson.