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Percorso

Il risveglio audiovisivo della Sicilia

Incontro con Mario Bellone autore del documentario "Dreaming Palermo"  e Giovanni Massa, regista e autore del film/documentario "Matar es mi destino" protagonisti a Catania di una rassegna dedicata all'Isola. Con loro, il punto sulla nuova cinematografica siciliana. di Luisa Mulè Cascio
 
Giovanni MassaLa XII edizione della Settimana della Cultura, dal 16 al 25 aprile, è  stata realizzata dalla Catania Film Commission una rassegna cinematografica tutta “siciliana”. Non solo location dell’isola, ma anche temi, cultura, tradizioni, storia, letteratura, autori e registi, contribuiscono a dar forma a quell’identità siciliana rappresentata nelle quindici opere, tra lungometraggi, cortometraggi e documentari, proiettati nella prestigiosa location del Palazzo della Cultura a Catania. 
Nomi noti ed emergenti quelli degli autori delle pellicole, realizzate grazie al contributo della Regione: da Roberto Faenza con il film "I Vicerè", ad Antonio Raffaele Addamo con il film "Con gli occhi di un altro", a Joselita Ciaravino e Sergio Gianfalla con "Eleonora e le altre", a Giovanni Massa con il documentario  "Matar es mi destino", ad Adriano Giannini con il cortometraggio "Il Gioco", ad Angelo Longoni con "Caravaggio", a Franco Battiato con "Auguri Don Gesualdo", a Pasquale Scimeca con "Il Cavaliere Sole", a Debora Inguglia con "Isola Nuda", a Ludovica Tortora de Falco con "L’isola in me: in viaggio" con Vincenzo Consolo, a Maurizio Sciarra con "In viaggio con i pupi", a Donatella Maiorca con "Viola di mare", per concludere con Nello La Marca e il suo film dal titolo "La Terramadre" e Mario Bellone con il suo documentario "Dreaming Palermo". 
 
Mario Bellone sul set di ''Dreaming Palermo''In occasione della manifestazione catanese Giovanni Massa, regista e autore del film/documentario "Matar es mi destino", proiettato durante la prima giornata dell’evento, il 16 aprile, e Mario Bellone, regista e autore di "Dreaming Palermo", film/documentario presente alla serata conclusiva del 25 aprile, si sono “raccontanti” a Cinemecum, attraverso le loro riflessioni sui propri lavori, la collaborazione con la Regione Sicilia e sul settore filmico sull’isola che, con sforzo, via via si va sempre più affermando.
Di cosa tratta il suo film "Matar es mi destino"? 
Giovanni Massa: “Matar es mi destino è un film/documentario che nasce da una parte da ricordi personali legati alla produzione dell’omonimo film del 1970 di Pino Mercanti, che s’intitolò inizialmente "The Underground", poi in Spagna prese il nome di "Matar es mi destino". Il film  fu prodotto ai tempi da mio padre, il quale, in realtà, svolgeva un altro tipo di mestiere. Quando andò in pensione decise di mettersi a fare il produttore cinematografico, anche se produsse solo questo film di Mercanti, che è un nostro lontano parente, regista palermitano che aveva realizzato qualcosa come ventidue film.  Egli aveva lavorato inizialmente in Sicilia, tra gli anni ’30 e ’40, poi, dopo una serie di problemi, aveva deciso di trasferirsi a Roma, per continuare lì la sua carriera.
 
''Matar es mi destino''Partendo da questo ricordo personale, il film devia e cerca di raccontare la storia artistica di questo regista, dalla figura singolare, sia perché rappresenta il regista palermitano con una filmografia personale parecchio estesa e ineguagliabile rispetto ad altri esponenti del settore, sia perché il suo lavoro inizialmente è partito da una scelta registica “autoriale”, nel senso che realizzava film d’autore, anche se all’interno di alcuni generi specifici, quali il melodramma o il film in costume. Successivamente Mercanti si è incanalato, per esigenze lavorative e pratiche, soprattutto nel suo periodo romano, verso generi cinematografici più commerciali, facendo comunque lo sforzo di innestare sempre un taglio “autoriale” e una marca personale alle sue produzioni. Della sua filmografia è doveroso ricordarne tre tra i suoi primi film, realizzati e finanziati qui in Sicilia: "Malacarne" del ’46, "I cavalieri dalle maschere nere", basato sulla storia dei Beati Paoli, e il "Principe ribelle", sempre sul genere “cappa e spada”. Sono film che presentano scelte registiche molto interessanti oltre ad avere una grande valenza storica, basti pensare alla collaborazione con la famiglia Alliata per le riprese subacquee di Malacarne.
L’ultimo film, che è quello di cui io m’interesso nel mio lavoro in modo più specifico ( quello che fu finanziato da mio padre), era un gangster movie, interessante perché si possono sempre notare tra le righe riferimenti alla cultura siciliana ed elementi del romanzo popolare siciliano come quello dei Beati Paoli. Questo è un tratto ricorrente nel cinema di Mercanti, che sicuramente lo ha contraddistinto nel tempo.” 
 
Giovanni MassaLa Sicilia sta subendo negli ultimi tempi una sorta di “risveglio” cinematografico oppure no? 
Giovanni Massa: “La Sicilia fondamentalmente, dal punto di vista delle capacità “espressive”, non si è mai veramente addormentata, però è stata parecchio “sacrificata” sul fronte delle possibilità produttive. Quindi il fatto che si stia “svegliando” da questo punto di vista è vero perché da circa quattro anni si sostiene in maniera più tangibile la produzione di lungometraggi, audiovisivi, documentari, ecc…, grazie a iniziative quali la legge regionale, o i fondi per lo spettacolo. Ma è tutto da verificare l’andamento di questa situazione, poiché in quest’ultimo periodo subisce un po’ di crisi ed è in fase di costruzione. È una situazione che cammina un passo alla volta, in modo un po’ lento, con contorni non sempre ben definiti, quindi avrebbe bisogno di interventi di carattere puramente organizzativo e normativo, più che economico, con la possibilità di creare, per esempio, scambi tra autori e produttori locali e finanziatori nazionali e internazionali.” 
Cosa si potrebbe dire ai giovani siciliani che intendono affermarsi nel settore del cinema e dello spettacolo? 
Giovanni Massa: “Che i giovani non pensino di essere semplicemente in “Sicilia”, ma di essere parte dell’Europa e del mondo, quindi di non limitarsi solo ai confini della propria terra, ma di spaziare.
I giovani che davvero desiderano intraprendere un lavoro in questo settore devono studiare e prepararsi professionalmente, seguendo corsi, come quelli di Due film con il Lum (ottima iniziativa), che diano sia preparazione teorica ma anche pratica. Non devono mai limitarsi nè da un punto di vista espressivo nè da quello produttivo, solo così potranno raggiungere i loro scopi.” 
 
 
Mario BellonePuò  parlarci del suo ultimo lavoro, "Dreaming Palermo"? 
Mario Bellone: “Il film è un'osservazione sulla mia città, al fine di dar memoria di essa.
Io vengo da un settore prettamente musicale, per cui ho cercato di raccontare la mia città attraverso il binomio musica/audiovisivo. Musica non qualsiasi, ma il jazz, di cui sono grande cultore e che ho “promosso” a Palermo, portandovi i grandi artisti del jazz.
In sintesi, racconto una parte storica e una parte autobiografica. La parte storica va dal dopoguerra alla fine degli anni '60; la parte autobiografica va dal '64 in poi, poiché io stesso sono protagonista della “vita” musicale di quel periodo. La storia che racconto di Palermo risulta quasi misconosciuta. La narro e la ricostruisco attraverso il costume, la memoria, la cultura e la politica.
Il problema è stato reperire informazioni, documenti (poiché  la tecnologia di allora non è  la stessa di oggi, quindi era difficile archiviare e custodire documenti), reperire i protagonisti della musica jazz di allora, anche perché molti sono già morti. È stato un lavoro complicato. 
Credo di essere riuscito a raccontare questa storia inedita fuori dai consueti stereotipi che, per carità, nella genesi della città  ci sono, ma sono fuori dal contesto del mio film.
Non si tratta di un film nostalgico, ma rappresenta un pezzo di memoria, a volte sconosciuto anche agli stessi cittadini, per capire chi eravamo e chi siamo oggi, e per riflettere sul nostro futuro. Una città senza memoria non è niente. Me ne accorgo soprattutto quando porto il film nelle scuole: molti ragazzi non hanno memoria di alcune cose e, con curiosità, mi chiedono spiegazioni e informazioni in più. E in questo modo il film svolge anche un ruolo didattico, un qualcosa che anche le istituzioni dovrebbero supportare. Basandomi su questa “forma espressiva” vorrei realizzare un altro lavoro analogo, sugli anni ’70.  Di seguito avrei piacere anche nel raccontare la Sicilia orientale, attraverso la voce di un grande artista quale Mario Sgalambro. Userò sempre l’unione tra musica e immagine filmica”.
 
''Dreaming Palermo'' , Mario BelloneCom’è nata la sua carriera da filmaker e la sua collaborazione con la Film Commission e la regione Sicilia? 
Mario Bellone: “Mi occupo di cinema a 360° ormai da più di 38 anni. Approdo alla didattica e ai documentari perché dagli anni '90 ho iniziato a collaborare con Ciprì e Maresco.
Era da tanto tempo che volevo raccontare di me attraverso l'immagine filmica. Iniziai la mia carriera come documentarista nel 2004, realizzando un lavoro con l'Accademia di Belle Arti, presso cui insegno.
Tra il 2006 e il 2007 scoprii la Film Commission e la possibilità  di finanziamenti da parte della Regione per realizzare progetti filmici, allora presentai un progetto ed esso piacque. Da qui nasce il mio film documentario Dreaming Palermo”.
Secondo lei, alla luce degli ultimi sviluppi, la Sicilia sta subendo una sorta di “risveglio” cinematografico oppure no? 
Mario Bellone: “La Sicilia sicuramente si è svegliata maggiormente dal punto di vista filmico rispetto agli anni passati, ma non è ancora completamente sbloccata. Basti pensare che fino a due anni fa non aveva neanche una legge sul cinema, sulla sua promozione e finanziamento. La Film Commission stessa è una struttura molto giovane, in fase di sviluppo.
La Sicilia, come in molti settori, anche in quello del cinema, risulta essere arriva in ritardo rispetto a tutti gli altri, fondamentalmente perché la “legislazione” inizialmente vedeva il cinema o la musica (specie il jazz) elementi di serie B, poco importanti per il business e la produttività, prediligendo invece lo sviluppo di settori come il teatro o l’opera lirica. C’è voluto tempo per capire il valore mediatico, pubblicitario ed economico che l’audiovisivo in genere poteva avere nella nostra terra. Venendo fuori poi grosse figure cinematografiche come Tornatore, Ciprì e Maresco, Roberto Andò e così via e vedendo l’interesse da parte di produzioni straniere alle nostre location, si è cominciato a porre attenzione e interesse verso questo settore. C’è ancora, però, della strada da fare perché, per esempio, qui manca ancora il concetto del “museo” dell’audiovisivo, l’archiviazione e la catalogazione di prodotti filmici, da conservare per le generazioni future, ma arriveremo anche a questo”.  
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