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Review - F. Primo

Ray Harryhausen: le mani che hanno fatto muovere i sogni

 
Ray HarryhausenCon “Avatar” (ancora lui), James Cameron (sempre lui) ha posto un’altra pietra nella storia degli effetti speciali. Un film realizzato in 3D stereoscopico grazie anche all’uso della virtual camera, l’invenzione più importante di Cameron che gli ha permesso di vedere in tempo reale il risultato finale durante le riprese in perfomance capture (quelle fatte con gli attori che indossano un casco e sensori per registrare i movimenti). 
Ma se il lussureggiante mondo di Pandora è stato concepito e girato in 3D –un 3D nativo- non si può dire lo stesso delle tante mega produzioni successive che per sfruttare il fenomeno avatar vengono convertite, in fase di post-produzione, alla “terza dimensione”. Il cinema diventa sempre di più un luna park e siccome a Hollywood non si butta via niente ecco che il 3D investe e riveste anche la mitologia che diventa “mito -tecno- logia”.
Mi riferisco chiaramente al film “Scontro tra Titani”. Non essendo l’oggetto di quest’articolo, se non in maniera riflessa, non mi soffermerò su questo frullato –pur godibile- di miti greci e non, messi in campo per fare sfoggio di computer grafica adatta un pubblico cresciuto con H. Potter e Il sig.degli anelli. O tempora o mores! Un merito però deve essere riconosciuto al film del regista francese Louis Leterrier (cimentatosi 2 anni fa con “L’incredibile Hulk”): quello di aver fatto circolare, anche tra i più giovani, per lo meno quelli che s’informano, il nome di Ray Harryhausen.
 
''Scontro di Titani''Era il 1981 quando il regista Desmon Davis dirige l’originale –nel senso del primo- “Scontro di titani” e alla creazione degli effetti speciali di questa reinterpretazione del mito di Perseo, viene chiamato l’ormai sessantenne Harryhausen che con questa pellicola si congeda dal mondo del cinema. Ma la sua non fu un’uscita in sordina perché in quest’ultima fatica –di vera fatica si tratta e vedremo il perchè- ci regala degli indimenticabili “personaggi” come la Medusa, Pegaso, il titanico Kraken animati attraverso la tecnica della stop-motion o animazione passo a uno, (che lui chiamava kinetic sculpture). Questa tecnica è lunga ed impegnativa, e consiste nel suddividere in 24 fasi ogni secondo dell’azione che deve compiere la “creatura “ da animare e fotografarne una fase per volta in modo che mettendo in rapida successione tutti i fotogrammi si ottiene un movimento più o meno fluido. In poche parole per ottenere un secondo di movimento è necessario fotografare 24 frazioni di movimento.
 
I lavori di HarryhausenAnche per questo motivo il modellino che doveva rappresentare il dinosauro, o il mostro di turno in genere aveva un’altezza di 50 cm. e doveva essere snodabile in modo da poter consentire all’animatore di spostarlo in tutte le posizioni. In seguito, e questa fu la grande innovazione di Harryhausen, i modellini animati in stop-motion interagiscono con l’azione dei veri attori attraverso la tecnica dello Split-Screen, in seguito chiamata Dynamation, e che consiste appunto nel combinare e sovrapporre le sequenza in”live action” (gli attori fingono di interagire con le creature non realmente presenti) con le sequenze realizzate in stop-motion. Non stupirà allora sapere che per alcune scene erano necessari anche quattro mesi di lavoro che il Nostro preferiva svolgere da solo senza alcun aiuto isolandosi dal mondo esterno ma soprattutto dopo avere frequentato dei corsi serali di anatomia per apprendere i “segreti” del corpo umano.
 
I lavori di HarryhausenDa ragazzo rimane folgorato dai “grandi mostri” animati dal pioniere della stop- motion, Willis O’Brien. Quest’ultimo infatti aveva curato le animazioni de “Il mondo perduto” (sorta di antenato di Jurassic Park) e del mitico King Kong (1933). Fu grazie a O’Brien che Harryhausen entra nel mondo del cinema, prima lavorando fianco a fianco per dar vita ad un enorme scimmione ne “Il re dell’Africa” (1949) e poi curando gli effetti speciali per il film “Il risveglio del dinosauro” (1953) tratto da un racconto dell’amico Ray Bradbury. Un film che per stessa ammissione dei suoi autori fu l’ispirazione per la creazione del nipponico Godzilla. Il grande successo arriva nel ’58 con “Il 7° viaggio di Sinbad” dove Harryhausen si cimenta per la prima volta con un film a colori riuscendo ad entusiasmare il pubblico dell’epoca con alcune delle sue più riuscite creature come un ciclope, una donna serpente e un rapace a due teste che agli occhi dello spettatore moderno non faranno certo un grande effetto ma è innegabile la grande suggestione che riescono a trasmettere.
 
I lavori di HarryhausenDopo alcuni eccellenti lavori in altrettanti eccellenti film (“I viaggi di Gulliver, “La terra contro i dischi volanti) arriviamo al 1963 e con “Gli Argonauti” il mago della stop-motion da vita alla scena, ormai entrata di diritto nella storia del cinema, in cui Giasone combatte con sette scheletri (per 4 minuti e mezzo di sequenza sono stati necessari più di quattro mesi di lavorazione). Harryhausen, oggi novantenne, lascia un’eredita a dir poco preziosa diventando un modello di riferimento per tanti cineasti e addetti al “settore trucchi”. Sam Raimi nel suo “L’armata delle tenebre” lo omaggia in una spettacolare marcia di scheletri. Anche Peter Jackson ha reso il suo tributo al grande maestro e nel primo capitolo de “Il Signore degli anelli” ha fatto muovere un gigantesco troll con le movenze in stop-motion delle creature di Harryhausen.
 
I lavori di HarryhausenMa forse è stato Tim Burton quello che maggiormente ne ha seguito le orme, realizzando due capolavori di animazione in stop-motion: “Nightmare before Christmas” e “La sposa cadavere” dove vediamo addirittura un pianoforte che porta la marca “Harryhausen”. Nel 1992 gli viene attribuito un oscar alla carriera per i suoi mostri, così palesemente finti ma così ricchi di carattere che dimostrano come si possa creare un prodotto di puro intrattenimento in modo onesto.
Per respirare un pò di quelle atmosfere, qua c’è un video che raccoglie le più importati creature del grande Ray.
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