Per fare un albero ci vuole il seme
“È un po' strano che su una condizione quasi genetica del sardo - emigrare, ovvero andare a cercare lavoro in un altro paese - la Sardegna non abbia ancora prodotto un'opera alta e simbolica, capace di riassumere quel crogiuolo di sofferenze, sacrifici, nostalgie che si porta dentro ogni emigrato.
Sergio Naitza sintetizza egregiamente l'avvenimento: il filone del banditismo, delle bardane, delle vendette, del pecorume e altre barbagianate, rappresentato ed esportato fino alla noia, è ormai stantio e definitivamente esaurito. Per fortuna. Mancanza di idee, di inventiva, di coraggio, di scandaglio della realtà sociale, portano sempre i sardi a celebrare i soliti temi e ci rendono ridicoli: banditi, Deledda, Eleonora d'Arborea, Brigata Sassari... Sempre così, a sicut erat... Chiedete a Flavio Soriga. Come se non avessimo altri argomenti da decriptare ed esporre. Che pizza! Basta.
Si tratta, secondo me, di un cambiamento di rotta notevole nel campo della settima arte sarda, anzi nel campo sociale. E' il caso di fare i più vivi complimenti alla Regione, alla FASI, alla Società Umanitaria-Cineteca Sarda per aver voluto “questo concorso per riflettere su un fenomeno cruciale per la società e la politica isolana. Sono arrivati 70 progetti, segno di un interesse tutt'altro che secondario”. Questo concorso “fa il paio con l'ormai collaudato 'Cinema e lavoro': due concorsi che allenano nuovi talenti e infilano la cinepresa-bisturi nella carne viva della tormentata realtà della Sardegna”. Tutto ok. Ancora cordiali complimenti a Pani, Carboni e company. In essenza si tratta di un bel canto alla nostra terra e alla nostra identità indomabile. Un'ulteriore dimostrazione della validità del tottus in pari e del forza paris: tirend'impari conseguiamo buoni risultati.
L'interrogativo di Naitza però, se riguarda tutta l'emigrazione sarda, interpella fortemente anche la FASI (la Federazione delle Associazioni Sarde in Italia, fondata a Roma il 19 febbraio 1994, da otto anni guidata dal dorgalese 62enne dottor Tonino Mulas, integerrimo funzionario del partito comunista e ora attivo politico nelle file di Di Pietro a Milano). Vista dalla base, si ha l'impressione che la Federazione si sia adagiata nella evanescenza e nell'anonimato. Salvo qualche sporadica uscita di carattere istituzionale, i “sardi di fuori” si sentono disorganizzati, sempre meno uniti e tenuti in poco conto.
“Promuovere la conoscenza e la conservazione dei valori culturali, artistici, ambientali, folcloristici e storici della Sardegna”, recita lo Statuto sociale (Art.2 - “La Federazione costituisce una forza sociale”).
Più che per iniziative dopolavoristiche, ora è il tempo che bisogna coinvolgere i Circoli in un forte impegno culturale, e a questa attività agganciare le sovvenzioni. Dove sono i romanzi, le poesie, i film, i testi teatrali, le opere memorabili che raccontano il vissuto dell'emigrato?, si chiede Naitza. Tutto questo rientra negli scopi istituzionali della FASI. E' nella sua ragione di esistenza il seminare, far emergere, coltivare ed esaltare le idee emergenti dalla base; non sclerotizzarsi in celebrare elementi culturali di paesi, o persone o Circoli privilegiati. La Federazione ha il compito di mettere le gambe alle idee nuove e accompagnare per mano i progetti, di fornire il megafono per le proposte e quant'altro nasce dalle centinaia di migliaia di emigrati sardi. E' acclarato che basta adottare un'idea geniale per far emergere un nome, una località, fino alle soglie del turismo industriale. Tra qualche giorno si apriranno i sipari di Cannes. Ma se non era per l'idea cinema, Cannes non sarebbe più famosa di Villasimius e per tanti si confonderebbe con la vittoria di Annibale sui romani. Ora Cannes con la sua idea cinema ci campa tutto l'anno.