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Percorso

"The road" di John Hillcoat

Il consiglio di Elisabetta Randaccio
 
''The Road'' locandinaPresentato con successo alla scorsa edizione del Festival di Venezia, "The road" di John Hillcoat (già regista del western "La proposta", 2005) era stato congelato con l'assurda definizione di "film deprimente". Sappiamo bene quanto le case di distribuzione monopolistiche, sia in Italia che all'estero, ormai siano dittature culturali e come tali propongano solo le pellicole ritenute commercialmente sicure e senza problemi e, di conseguenza, ritengano il pubblico un coacervo di decerebrati o di bambini deficienti; ma bollare  un'opera come deprimente è inquietante. Cosa vuol dire veramente? Che provoca tristezza? Troppa commozione? O è talmente brutta da provocarti depressione simultanea? Insomma è più deprimente un film di Bergman o dei Vanzina? Uno di Kaurismaki o uno di Moccia? Ovviamente dipende dalle preferenze culturali o dal buon gusto. E' in ogni caso delirante come ci sia qualcuno pronto a decidere il nostro livello di resistenza umorale e psichica, senza tenere conto dell'elemento artistico di un' opera cinematografica.

''The Road''Veramente depressi dalla stato delle cose della settima arte, andiamo avanti, parlando di "The road", un film molto bello, di grande intensità che Hillcoat ha tratto da un libro di un autore tra i più importanti della letteratura americana, Cormac Mc Carty, da cui il cinema sembra trasporre con fortuna i romanzi  (ricordiamo Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen, 2007), il quale proprio per questo testo vinse il Premio Pulitzer nel 2006.
L'atmosfera è quella cupa di un mondo devastato: incendi, terremoti, guerre estreme e i sopravvissuti, ormai, vivono sparsi in un territorio ricco di macerie, incolto, spazzato da un clima rigido, tutti in marcia verso luoghi, forse, più accoglienti, magari verso il mare primigenio, diventato grigio e senza vita come ogni elemento terreno. Come si può cambiare in una simile situazione? Senza scomodare la fantascienza, sappiamo cosa si diventa dopo qualsiasi guerra che ha provocato carestie e dolori: il cinismo, l'istinto di andare avanti resetta ogni gesto di solidarietà, il vecchio motto "mors tua vita mea" abbruttisce al grado zero gli esseri umani.
''The Road''Nel film seguiamo un padre e un figlio (la madre è scomparsa, probabilmente perché non sarebbe riuscita ad adattarsi alla nuova barbarie) in cammino, legati da un sentimento di resistenza e affetto. Attraversano lande sconfinate e pericolose, uomini che sono diventati cannibali per fame, bande di razziatori, ma anche disgraziati a cui non si fermano a dare aiuto tanto ormai già destinati alla morte. Non sono due eroi, sono una coppia osmotica che non conosce il futuro, va avanti per disperazione.
"The road" non è un film apocalittico, è un racconto duro sul lato più oscuro dell'uomo, ma è pure commovente e, in certi punti, ansiogeno con scene quasi horror. L'opera è il risultato di un cast tecnico e interpretativo di prima qualità. Innanzitutto gli attori: un Viggo Mortensen, già ammirato, soprattutto nei film di Cronenberg, che propone una prova attoriale di notevole professionismo, e il piccolo Kodi Smith-McPhee, un bambino già maturo nella sua capacità di rendere dramma e paura, senza mai essere sdolcinato.
''The Road''Insieme a loro, si fanno notare in alcuni camei dei noti attori hollywoodiani, tra i quali Robert Duvall, che lascia, come sempre, il segno. Ma la fotografia straordinaria di Javier Aguirresarobe, la sceneggiatura di Joe Penhall e la regia di John Hillcoat, il quale sembra aver assemblato le emozioni di tutto il cast, hanno realizzato un film tra i più interessanti della stagione, che speriamo il pubblico apprezzi.
Alcuni critici (forse un po' distratti) hanno voluto vedere nel finale un cenno di speranza, ci sembra, invece, che la conclusione sia aperta, anche per l'immaginazione maggiormente terrorizzante...
 
3 giugno 2010
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