"The road" di John Hillcoat
Veramente depressi dalla stato delle cose della settima arte, andiamo avanti, parlando di "The road", un film molto bello, di grande intensità che Hillcoat ha tratto da un libro di un autore tra i più importanti della letteratura americana, Cormac Mc Carty, da cui il cinema sembra trasporre con fortuna i romanzi (ricordiamo Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen, 2007), il quale proprio per questo testo vinse il Premio Pulitzer nel 2006.
L'atmosfera è quella cupa di un mondo devastato: incendi, terremoti, guerre estreme e i sopravvissuti, ormai, vivono sparsi in un territorio ricco di macerie, incolto, spazzato da un clima rigido, tutti in marcia verso luoghi, forse, più accoglienti, magari verso il mare primigenio, diventato grigio e senza vita come ogni elemento terreno. Come si può cambiare in una simile situazione? Senza scomodare la fantascienza, sappiamo cosa si diventa dopo qualsiasi guerra che ha provocato carestie e dolori: il cinismo, l'istinto di andare avanti resetta ogni gesto di solidarietà, il vecchio motto "mors tua vita mea" abbruttisce al grado zero gli esseri umani.
"The road" non è un film apocalittico, è un racconto duro sul lato più oscuro dell'uomo, ma è pure commovente e, in certi punti, ansiogeno con scene quasi horror. L'opera è il risultato di un cast tecnico e interpretativo di prima qualità. Innanzitutto gli attori: un Viggo Mortensen, già ammirato, soprattutto nei film di Cronenberg, che propone una prova attoriale di notevole professionismo, e il piccolo Kodi Smith-McPhee, un bambino già maturo nella sua capacità di rendere dramma e paura, senza mai essere sdolcinato.
Alcuni critici (forse un po' distratti) hanno voluto vedere nel finale un cenno di speranza, ci sembra, invece, che la conclusione sia aperta, anche per l'immaginazione maggiormente terrorizzante...
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