"The last station" di Michel Hoffman
Nella idilliaca atmosfera della campagna russa una sontuosa villa è la dimora del conte Leone Tolstoi -al massimo della fama e al limite della vita- della amatissima moglie Sofia, dei figli e del loro éntourage tipico delle famiglie nobili e ricche dei primi del '900.
E' in questo clima che la celebrità datagli dai romanzi lascia lo spazio, in lui e nei suoi adepti, a nuove idee riformiste derivanti dal germe iniziale del socialismo utopistico per completarsi col marxiano socialismo scientifico. Idee ottime ma, come molto spesso succede, facilmente manipolabili da chi ha interessi diversi e già bolscevichi. Uno squarcio corale di storia vera interpretato da un bravo Christopher Plummer (Tolstoi), dalla superpremiata eccellente Helen Mirren (Sofia), da Paul Giamatti ottimo cattivo Vladimir Chertkov. A questa lotta a tre per l'eredità di Tolstoi che, plagiato e fragile, vorrebbe disfarsi delle sue ricchezze e donare al popolo i cospicui diritti d'autore, assiste e compartecipa marginalmente il giovane segretario fresco di nomina, fervente seguace delle teorie dello scrittore ma tutt'altro che succubo del manipolatore Chertkov.
E' egregiamente interpretato da James McAvory, capace di esprimere la vasta gamma di emozioni che lo coinvolgono: ingenuità, stupore, gioia, scoperta dell'amore fisico. Soprattutto la delusione per il crollo del mondo felice e illusorio in cui credeva e che, dopo la morte di Tolstoi, lo farà rifugiare a Praga. Rientrerà in patria (non più Russia ma URSS) dopo la seconda guerra mondiale portando con sé parte dei documenti che diventeranno la base di questo film.
Presentato nel 2009 al Festival internazionale del film a Roma, "THE LAST STATION" ha ottenuto il Premio Marc'Aurelio d'Oro per Helen Mirren come migliore attrice, e ha ottenuto due nomination (per la Mirren e per Giamatti) al premio Oscar di quest'anno. Da non perdere i bellissimi filmati d'epoca che accompagnano i titoli di coda.
3 giugno 2010