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Aspettando “Bellas mariposas”

In attesa di trovare le facce e i luoghi per girare il capolavoro scritto da Atzeni, Salvatore Mereu ha portato sul grande schermo "Via Meilogu 18" racconti ideati e intepretati direttamente dagli studenti. E a proposito dei privilegi di cui godrebbe, risponde secco: "M’indigna solo pensarlo, in realtà ci abbiamo messo del nostro...". di Salvatore Pinna
 
''Via Meilogu 18''Sin dalle prime immagini di “Via Meilogu 18”, ci si rende conto di star guardando cinema vero. Perché questo sono i tre racconti ideati, elaborati e interpretati dai ragazzi della scuola media "Ciusa-Alagon-Dessì" di Cagliari. Nel primo racconto Kadim  un ragazzino senegalese vive il conflitto tra  la sua esigenza di frequentare la scuola e la richiesta della madre che preferirebbe che si trovasse un lavoro. Nel secondo due ragazzini rom, Munira e Brendon, vivono un precoce sentimento d’amore che sfocia in una fuga da casa con l’aiuto di due parenti giovani e nell’ostilità dei genitori. La terza storia è quella di Noemi che prende una cotta per Nicola un “tipo bellino” che non se la fila, con cui stabilisce un contatto su Facebook con una falsa identità. Il film è scandito in capitoli che portano i nomi dei personaggi delle storie principali e di altri personaggi che “proliferano” nel corso del  racconto e che vengono promossi al rango di co-protagonisti per il ruolo che assumono nel far andare avanti l’azione o nell’approfondirne gli aspetti psicologici.

''Via Meilogu 18''Quello descritto è, però, solo l’ordine delle storie. La narrazione si svolge  e si intreccia, sino allo scioglimento conclusivo, trovando come  elemento unificatore narrativo Via Meilogu 18, cioè il luogo dove si svolge la vita di scuola dei ragazzi e delle ragazze, ma anche il luogo della vita senza aggettivi dove l’apprendimento scolastico, le emozioni e le abitudini si fondono in un unico vissuto.
Da questo luogo si diramano storie malinconiche e gioiose allo stesso tempo e dal finale aperto e, soprattutto, ottimamente girate e splendidamente recitate in cui la regia esperta di Salvatore Mereu sfiora con delicatezza vicende “inventate” dai ragazzi ma che si riferiscono a situazioni e a sentimenti vissuti da loro personalmente oppure osservati in persone del loro entourage affettivo.

''Via Meilogu 18''Il film, presentato in prima assoluta agli studenti delle scuole interessate il 28 maggio al Cineworld, come ha sottolineato il preside Giancarlo Della Corte, “è frutto di una attività didattica protrattasi lungo tutto il corso dell’anno scolastico”. Ad essa hanno contribuito, prima di tutti, Salvatore Mereu in veste di regista-insegnante, poi la Facoltà di scienze della comunicazione, che con Antioco Floris ha prestato la sua collaborazione scientifica, infine Michele Mossa che ha documentato tutto il processo didattico dall’Abc del cinema alla realizzazione del film.
L’esperienza di "Via Meilogu", che si ripeterà a Sant’Elia, rappresenta la fase di preparazione di “Bellas mariposas” che, come è ormai noto, sarà, ministero permettendo, il prossimo film di Salvatore Mereu. Nei quartieri di San Michele  e di Sant’Elia, infatti, il regista conta di trovare le facce delle persone, ma anche le “facce dei luoghi” e il modo giusto per rendere le sensazione e la magia sospesa degli ambienti del racconto di Sergio Atzeni. La preparazione al film attraverso l’esperienza scolastica ricalca il metodo  di conoscenza dei luoghi alla De Seta, che ormai si può dire alla Mereu dato che il regista di Dorgali lo ha impiegato in tutti i suoi film da "Miguel" a "Sonetàula".
 
''Via Meilogu 18''Rispetto alle esperienze precedenti di Mereu, di diverso c’è il fatto di dover affrontare la realtà complessa della periferia urbana cagliaritana. In questo senso, l’esempio “desettiano” più vicino è quello di “Diario di un maestro” sia rispetto all’ambientazione sia perché è la scuola a fare da mediatrice dell’acclimatamento e della conoscenza prima di tutto umana e sociale e quindi registica di Mereu.
Ma se la molla iniziale è scattata per la necessità di trovare le facce di Caterina Frau e di Luna Cotzas, e degli altri personaggi di Atzeni, l’entusiasmo e la generosità dei ragazzi hanno contagiato Mereu e la sua troupe al punto che il progetto che prevedeva la “consegna” alle due scuole di altrettanti corti della durata di dieci minuti ciascuno è cresciuto strada facendo. Pertanto il film girato a San Michele è diventato un mediometraggio di quaranta minuti come sarà quello di Sant’Elia che sta per essere ultimato. L’idea di Mereu e dei suoi collaboratori è di ricavarne un unico film: “Abbiamo pensato ad accorgimenti di sceneggiatura che ci consentano di entrare dal film di Via Meilogu a quello di Sant’Elia, visto che comunque il tema di fondo è la scuola e i vissuti dei ragazzi di quell’età si assomigliano. Ma se poi vediamo che per loro natura i due film possono viver separati non ci sarà nessuna forzatura. Diventerà un dittico e basta”.

''Via Meilogu 18''Quello che è certo è  che vedremo due film, o un unico film, veri con una durata compatibile con la sala cinematografica, che potrà avere un suo circuito non solo nelle scuole ma, si spera, anche presso il pubblico più vasto. E che sarà un testimonial persuasivo per la possibilità di fare cinema ad alto livello nella scuola.
La realizzazione di un film di questa portata non era prevista anche perché non c’erano mezzi tenuto conto che il finanziamento erogato alla scuola era di 8000 euro per ciascun progetto. Ancora Mereu: “Ho chiesto ai miei collaboratori di regalarmi un po’ del loro tempo. Loro ovviamente sanno che in prospettiva c’è anche il film “Bellas” che speriamo di girare e quindi accettano di lavorare sottopagati. Sanno anche che per me è importante questa esperienza didattica e anche loro la considerano un’esperienza da fare. Sanno anche che la scuola non è il posto per guadagnare soldi e, con i tagli vari, ha dei problemi anche a farci fare una fotocopia.”

''Via Meilogu 18''Un’altra ricaduta positiva del progetto è il film che Michele Mossa sta girando sulle esperienze effettuate nelle due scuole cagliaritane.  Nel matinée del 28 maggio, il giorno della prima di “Via Meilogu 18”, ne è stato mostrato un trailer di grande interesse della durata  di quindici minuti. Non si tratta di un dietro le quinte, né di una postazione privilegiata da cui lo spettatore “spia” il modo in cui il regista gira il film. È piuttosto un’affettuosa osservazione delle dinamiche, curiose e rivelatrici, attivate nei ragazzi dal fatto stesso di girare il film e dalle sue necessità organizzative.  Un esempio per tutti: il problema di Abdullah (il Kadim del film di Mereu) è quello di non riuscire a trovare nel suo entourage una donna giusta che reciti la parte di madre nella fiction che lui stesso ha ideato.  Allora l’organizzazione-scuola allargata (in definitiva la “produzione”) si deve preoccupare di trovare a Sassari una signora senegalese che Abdullah possa accettare come co-protagonista. Una volta fatta arrivare la donna, riesce difficile organizzare l’incontro con il ragazzo che è troppo impegnato a seguire in televisione gli avvenimenti sportivi del suo paese d’origine. È la donna che offre una spiegazione di normalità interetnica affermando che quando c’è qualche avvenimento sportivo del Senegal i senegalesi non si riesce a staccarli dalla televisione. Basta questo esempio a far immaginare la ricchezza di spunti e di storie che sarà contenuta nel filmato quando Michele Mossa l’avrà completato.

Salvatore MereuPensando a tutto questo impegno produttivo Mereu ha una risposta per l’anonimo estensore del post su Cinemecum che critica i “privilegi” di cui godrebbe il regista di “Sonetàula”:  “M’indigna che scrivano cose del genere, che pensino che questa sia un’impresa produttiva: l’abbiamo fatta diventare produttiva noi… ma mettendoci del nostro”. L’evento del 28 maggio è stato correttamente presentato da Cinemecum mettendo in evidenza i soggetti, gli scopi e i finanziamenti.  C’era materia per complimentarsi con l’Istituto Comprensivo “F. Ciusa” che ha promosso ed accolto un progetto di tale portata. Invece no. Il lettore ha preferito soffermarsi sui privilegi di cui godrebbe Mereu sulle spalle di decine di registi che “aspettano anni solo per avere una risposta sui progetti presentati”. Egli ha anche sottolineato che “l’università continua a produrre laboratori che realizzano prodotti cinematografici”  dando come maliziosa spiegazione che se ne avvantaggia chi ha contribuito a redigere la legge sul cinema. Sarebbe inutile controbattere che quei pochi soldi spesi sono stati un buon investimento: lo ha già fatto ottimamente Antioco Floris nella sua risposta e lo ha confermato l’esperienza raccontata da Mereu.
 
Tuttavia anche le lagnanze anonime, specie quando hanno qualche appiglio di verità (il cronico ritardo nell’esecutività dei progetti), devono spingerci a sforzi di chiarimento. Altrimenti si consoliderà la perniciosa sensazione che ci siano pochi privilegiati dai nomi altisonanti che schiacciano le speranze e le ambizioni di una massa di “laribiancos”. Le osservazioni del lettore anonimo chiamano in causa la legge regionale, il suo mancato funzionamento e il fatto che ha deluso aspettative legittime. Questi problemi non possono essere affrontati creando pretestuose contrapposizioni contro qualcuno, eppure vanno affrontati. È tempo di riprendere la discussione sulla legge e sul fare cinema in Sardegna, con serenità, chiedendo anche ai decisori politici di compiere uno scatto di partecipazione e di fantasia. Di cattivi sentimenti, alimentati da difettosa informazione, la Sardegna, non ne sente proprio la mancanza. 
 
 
9 giugno 2010