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Fare la regista in Spagna, cosa cambia?

Punti di vista (al femminile) & soffitti di cristallo: cinque registe a confronto e un seminario per discutere di differenze e discriminazioni davanti e dietro alla macchina da presa in una società in forte evoluzione, con le testimonianze (tra le altre) di Mireia Ros, Judith Colell, Elisabet Cabeza e Mar Coll. di Anna Brotzu
Una rosa di cinque film per la “Muestra de Directoras de Cine de Catalunya”: con la mini rassegna a tema curata da Montserrat Alcoverro (volto noto del piccolo e grande schermo, nonché interprete teatrale) il II Festival del Cinema Spagnolo a Cagliari ha messo a fuoco un aspetto interessante e talvolta misconosciuto della fioritura culturale iberica, il lato più squisitamente femminile della decima musa. Il ciclo visionario espressamente dedicato alla realtà catalana, in una terra che ha molteplici legami storici (e linguistici) con la Sardegna e punta alla valorizzazione delle identità e della cultura delle minoranze in un'Europa delle regioni, ha offerto, spiega la Alcoverro, «una panoramica, la più rappresentativa possibile, sul lavoro di registe con grande esperienza e giovanissime, spaziando dalla fiction al documentario». E apre il dibattito sulla “différence”: Judith Colell (regista di cinema e teatro, produttrice e insegnante), che firma l'intenso “53 días de invierno”, nell'intrecciarsi di drammi individuali per un affresco corale, ribadisce che «per me non esiste una distinzione di genere, ma di sensibilità individuale, nel modo di raccontare una storia».
''El triunfo''Semmai problemi “oggettivi” di natura sociale: «per fortuna non ho figli» scherza Mireia Ros, l'autrice de “El Triunfo”, una «storia di mafia a ritmo di rumba», approdata dietro la macchina da presa dopo una lunga esperienza d'attrice fra cinema, teatro e televisione (mentre la produttrice Marta Figueras entra nel merito delle scelte, nel difficile equilibrio tra arte e mercato).
E poi quell'invisibile ma (quasi) infrangibile «techo de cristal che riguarda anche il mondo del teatro: è difficilissimo portare sulla scena opere di scrittrici e drammaturghe; sarà un caso, ma registi e direttori di teatri sono per lo più uomini, come produttori e registi nel cinema» sottolinea la Alcoverro. In realtà «il progetto della mostra sulle directoras nasce come reazione a un'ingiustizia» (vedi il pezzo di Pia Brancadori, ndr) ma ne è scaturita «l'occasione per aprire un dialogo tra generazioni, uno scambio di vissuti, di esperienze, di considerazioni sullo stato dell'arte, sul cinema in Catalogna e in Spagna (e nel mondo) oggi e sul senso di questo lavoro anche come strumento d'indagine sulla società, le relazioni e i conflitti, attraverso la rilettura del passato o l'invenzione del futuro, sui percorsi che ciascuna ha compiuto per affermarsi professionalmente e sulle opportunità del presente».
''Mascares''In questo appaiono significative le esperienze di Elisabet Cabeza, che in “Mascaras”, a 4 mani con Esteve Riambau, sembra aver fuso la duplice inclinazione di giornalista e regista creando un singolare documentario/intervista (meta)cinematografico sulla nascita di uno spettacolo e la metamorfosi di un attore (l'ottimo Josep Maria Pou) in personaggio e della giovanissima Mar Coll, vincitrice del Premio Goya per l'opera prima con “Tre giorni con la famiglia” sul passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Non solo e non tanto per la qualità dei film quanto per l'opportunità offerta a due giovani artiste di portare avanti il proprio progetto: la scelta insomma di puntare sull'intelligenza e sul talento, e investire sulla cultura.
Questione complessa all'ombra della crisi che ci sovrasta, e che al di qua dalle Alpi sembra imporre scelte drastiche quanto discusse e discutibili, e non elimina l'aspetto più crudo della différence, quello delle violenze di genere, oltre al soffitto di cristallo che insieme ad altre perfino più feroci discriminazioni ha sollecitato la creazione di un Ministero, commissioni e uffici per le Pari Opportunità.
 
Josefina MolinaChe il mondo in cui viviamo fosse ben lungi dall'essere perfetto già si sapeva, ma magari sulle note di quella movida musicale della Barcellona di “B-Side” di Eva Vila si può ancora sperare di migliorarlo, magari come la Catalogna scommettendo sui giovani e le giovani registe.   E per restare nell'ambito del femminile, seguendo il filo rosa che ha attraversato il Festival del Cinema Spagnolo firmato EXIT (inaugurato dall'eclettica Victoria Abril e culminato nella tavola rotonda descritta da Pia Brancadori), Montserrat Alcoverro ricorda «una pioniera, Josefina Molina, una donna meravigliosa, membro d'onore dell'associazione delle cineaste, molto combattiva e consapevole della situazione della donna, degli ostacoli, dall'educazione al contesto sociale, che ne hanno reso difficile il cammino professionale». Se Mar Coll ha potuto conquistare il Goya senza avvertire il peso di quella tradizione, senza discriminazioni di genere, è forse merito di donne coraggiose e all'avanguardia per il loro tempo come la Molina (nata a Cordoba nel 1936), da sempre impegnata sul fronte della parità.
 
 
9 giugno 2010