Percorso

Il sangue freddo di Anedda

Ci vuole coraggio, non solo per fare l'Ardia ma anche per girare un documentario come "S'animu", storia di una passione di un cavaliere donna. Perché i luoghi comuni sul campo di Sedilo, così come al cinema, sono maledettamente difficili da smantellare. di Salvatore Pinna
 
''S'animu''Quando comparve “Tu non Ephise protege” (2006) non fu difficile pronosticare che Marina Anedda avrebbe tentato in altri campi della tradizione regionale l’impresa di infrangere i luoghi comuni e di emancipare lo sguardo dalla sovrabbondanza. Che ci abbia provato con l’Ardia di Sedilo che è il luogo tipico in cui si manifesta il tradizionalismo conservatore è una dimostrazione di speciale coraggio. In “S’animu”, (girato nel 2007, edito nel 2009) la Anedda dà ancora prova di quella capacità rara di saper stabilire un contatto rispettoso con le persone, di guadagnarsi quella fiducia senza la quale sarebbe stato impossibile ottenere risposte sincere ad un quesito ispido come quello su cui invita i sedilesi ad esprimersi: la possibilità che una donna faccia la Prima Bandiera nell’Ardia. L’elemento che accomuna tutti è la certezza che per fare l’Ardia ci vuole coraggio e sangue freddo, in una parola “S’animu”. Il documentario inizia con una dichiarazione di un giovane che testimonia il suo sincero attaccamento all’Ardia come fatto di coraggio e di devozione.
 
''S'animu''Quando dice che una donna lui non la accetterebbe mai come Prima Bandiera, l’inquadratura “stacca” su una “strana” ripresa bassa e stretta che segue le gambe “risolute” di una donna i cui passi fanno risuonare il selciato. Tale inquadratura si ripete ogni qualvolta un intervistato fa osservazioni dubbiose o negatrici sulla possibilità che una donna possieda “s’animu” per correre l’Ardia dei maschi.
Quando, poi, la camera allargherà a mostrare la figura intera, il passo della donna la porterà nella chiesa di San Costantino i cui muri, tappezzati di ex voto rivelano l’altro lato dell’Ardia, quello devozionale sentito da tutti ma esercitato dalle donne. Aldilà delle affermazioni di contenuto la regista compone le dichiarazioni in quadri individuali, familiari e di gruppo che rendono il senso del luogo e dei rapporti interpersonali e anche delle smagliature che esistono nel tessuto delle idee ricevute. I più conservatori sono i ragazzini. Uno di questi intervistato in una pausa della sua corsa in groppa all’asinello (tappa obbligatoria del tirocinio equestre infantile) dichiara decisamente: “All’Ardia devi stringere le gambe sui fianchi…, una donna non può correre come un maschio…, ci vuole coraggio a scendere da su Frontigheddu”.
 
''S'animu''Marina Anedda, che sa prendere molto sul serio le persone, riserva al ragazzino una lunga ripresa dal basso che gli conferisce importanza e rilievo. Sarà il passaggio “casuale” di un cavaliere “a cavallo” a coprirlo occupando interamente l’inquadratura, segno di una superiorità che il piccolo deve ancora raggiungere. Ma la regista gli consente subito di riscattarsi perché appena il cavaliere uscendo di campo gli restituisce l’inquadratura il piccolo afferma orgogliosamente che non ha paura dell’Ardia perché sa che San Costantino lo proteggerà.
La composizione fotografica dell’inquadratura rende “belli” padre e figlio che, incorniciati nel vano di una antica porta, esprimono idee negative convergenti sull’Ardia alle donne, dove si capisce che la convergenza è fortemente presidiata dal vecchio genitore. La tradizione incomincia ad incrinarsi quando viene intervistato un padre che non ha figli maschi e che vedrebbe con favore che la sua figlia tredicenne si interessasse all’Ardia.
 
''S'animu''Subisce un tracollo quando un intervistato, in cui riconosciamo Michele Carboni, interprete di “Ballo a tre passi” di Salvatore Mereu, afferma che in fondo l’Ardia “non è che una corsetta di paese”. Da saggio sociologo e filosofo naturale afferma che non c’è niente di strano nel fatto che le donne facciano l’Ardia: “La faranno diversa dagli uomini. Mancherà qualcosa e qualcosa ci sarà in più”. Quando il tema è sottoposto ad una verifica di gruppo, la più ampia dimensione sociale del confronto insinua qualche ipotesi che l’Ardia non sia solo un affare di uomini.
A questo punto la narrazione documentaria introduce il personaggio centrale di “S’animu”. Si tratta di una ragazza che ha chiesto l’iscrizione all’Ardia come Prima Bandiera. Il personaggio “si costruisce”, inizialmente, con la presentazione di foto che raccontano di sé, di come ha acquisito una conoscenza più che ventennale dei cavalli che le consente di affermare, in antitesi ai maschi che esaltano il coraggio astratto dei cavalieri, che quello che conta più di tutto è avere un cavallo di cui potersi fidare e che si fida di te. La costruzione si completa quando la ragazza va a cavallo in un percorso dal paese al luogo dell’Ardia. Qui sembra muoversi in uno spazio assoluto e vuoto dove solo la statua equestre di San Costantino imperatore assiste ai suoi gesti di silenziosa devozione.

''S'animu''Quando si volta verso la telecamera, un’inquadratura dal basso e un’illuminazione morbida consegnano della ragazza un’idea di forza e, insieme, di femminilità. Dopo il commiato della protagonista incomincia l’Ardia della tradizione. La rappresentazione che ne dà Marina Anedda è quella di un Ardia gentile dove il pathos si trasferisce nelle inquadrature diversamente spettacolari rispetto ad altre Ardie cinematografiche più note. Il montaggio alterna inquadrature frontali leggermente alte, riprese “a piombo” e gli sguardi emozionati degli spettatori. La corsa viene mostrata anche in piccoli dettagli quali le tracce delle zampe dei cavalli sulla terra e le piccole nubi di polvere che sembrano “esplodere” dal terreno subito dopo il passaggio “saettante” dei cavalieri. L’acme emozionale del carosello si placa nella corsa “a rallenty” degli spettatori estasiati “immersi” nel movimento dolce e calmo di una ballata di Chopin che prosegue su un epigrafe in cui la ragazza, che scopriamo ora chiamarsi Emanuela Pira, afferma di non sapere se correrà mai l’Ardia ma di sperare che la sua iscrizione a Prima Bandiera “incoraggi le donne di Sedilo a manifestare la loro passione per i cavalli e a non aver paura dei commenti della gente”.
La consapevolezza del valore simbolico della sua scelta va oltre la possibilità di partecipare ad un carosello equestre. C’è in gioco la messa in discussione di certezze che resistono da millenni e che, pertanto, sono difficili da smuovere.
7 luglio 2010
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