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“Inception" di Cristopher Nolan

Il consiglio di Elisabetta Randaccio
 
 
E' presente, in maniera completa, tutta l'estetica di Cristopher Nolan in “Inception”, che, sostenuto da un budget notevolissimo, legittima l’autore a scatenare il suo universo visionario con effetti speciali (non esclusivamente quelli realizzati magnificamente al computer) senza risparmiare né in denaro, né in eccesso creativo.
Sin dal suo folgorante esordio in “Memento” (2000), era chiaro quali fossero i suoi riferimenti cinematografici: Kubrick, Spielberg, Hitchcock in capo a tutti. L’interesse per la psicanalisi, mediata dalla passione per il surrealismo soprattutto iconografico, e per il mito classico chiudono il cerchio dell’immaginario di un autoresicuramente originale, deciso ad affermare il suo punto di vista artistico attraverso archetipi personalizzati, mai dimenticando di servirsi di un’espressione creativa estremamente popolare, dunque, tentando la divulgazione e l’utilizzo dello schema degli “action movie” come attrazione e stupefazione, nel senso barocco del termine. In alcuni casi, come in “The Prestige” (2006), la contaminazione è perfetta, in altri è meno interessante (gran parte del “Cavaliere oscuro”, 2008, è deludente). In “Inception”, il puzzle è così ardito che il crinale tra bellezza e ridicolo, oscilla, a volte, quanto le portentose “architetture” oniriche immaginate  dai protagonisti, ladridi sogni di professione.
 
''Inception''Per cui conviene, senza essere troppo puntigliosi, abbandonarsi al gioco e abbracciare totalmente i voli intellettual-popolari della sceneggiatura. Acquisita tale posizione, lo spettatore avrà modo di divertirsi sicuramente, perché “Inception” è sicuramente fuori dagli schemi del “blockbuster” tipico. Nolan non vuol combattere con le più profonde schermaglie oniriche di Bunuel o di Resnais, ci tiene, piuttosto, a suscitare l’ansia del pubblico immerso in un momento storico dove si può “giocare”, senza sentirsi malati, con lo scambio continuo tra la realtà virtuale e quella quotidiana, inquietandolo con una domanda vecchia quanto l’uomo, ma, attualmente, grazie la nuova rivoluzione tecnologica, sempre all’angolo: la vita è sogno o il  sogno è la vita? Mentre sullo schermo abbondano scene mozzafiato con esplosioni, città ribaltate (Parigi saldata al contrario, una delle prime prove della protagonista Arianna – ovviamente nomen-omen, la regina dei labirinti, interpretata da Ellen Page - di capacità di saper costruire le scenografie dei sogni, è fantastica), location innevate e misteriose, amate tanto dal regista, bisogna cercare di andare maggiormente nel profondo  della storia.
 
''Inception''I “ladri di sogni”, il cui leader è sempre l’ ottimo Leonardo Di Caprio (ma perché doppiarlo orribilmente con una voce da adolescente, se la sua possiede sfumature cupe e varie?) sono alle prese con una missione mai (pare) provata prima: la loro capacità di penetrare nel mondo onirico delle “vittime” e “rubarne” i segreti deve affinarsi, si deve procedere ad un “innesto”, un sostanziale cambiamento di pensieri e decisioni di un vecchio miliardario in fin di vita. La struttura delplot, però, intriga meno delle definizioni dei personaggi, travolti  dal loro “mestiere” ambiguo e disconnettente, squassati come multiformi figure del mito: Mal (Marion Cotilliard), la vera vittima della storia è, in un certo senso, Euridice e Medea, così come Cobb (Di Caprio) è Orfeo, ma pure Edipo, infine Ulisse il quale,nell’ultima scena, ritorna alla sua Itaca.
6 ottobre 2010  
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