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''Quella sera dorata'' di James Ivory

Il consiglio di Elisabetta Randaccio
 
''Quella sera dorata'' locandinaI distributori del film, questa volta, non hanno responsabilità. “Quella sera dorata” di James Ivory riprende lo stesso titolo italiano dell’omonimo libro di Peter Cameron pubblicato da “Adelphi”. Ci si può, comunque, chiedere il senso di una simile scelta quando il romanzo e film recitano “The city of final destination”. Probabilmente, i distributori italiani non sono intervenuti per far credere agli spettatori con quelle due parole evocative: “ sera dorata”, di trovarsi di fronte a una pellicola ivoriana in costume, come quelle che, nel nostro paese, hanno avuto sempre un discreto consenso. Invece il film dell’autore di “Camera con vista” è ambientato nella contemporaneità e il titolo originale ha un senso ben preciso nella storia, imperniata, come la maggior parte delle opere ivoriane, sul ruolo del destino nell’esistenza umana. La scena iniziale – un piede che sprofonda in un fango paludoso –anticipa la sostanzialità della vicenda. Omar (l’attore legnoso Omar Metwally) sta per “annegare” in una vita strutturata dalla ossessiva compagna, che gli organizza ogni particolare e obiettivo, gli chiede di partire in Uruguay per avere l’autorizzazione allo scrivere la biografia di un contrastato scrittore morto suicida, gli ha già pianificato il dottorato di ricerca all’Università, carriera futura compresa.
 
''Quella sera dorata''Ma il giovane è molto confuso (seppure disegnato in modo non particolarmente né simpatico né fascinoso) e sprofonda passivamente in una esistenza non sua. Come nei più classici romanzi di formazione, con spunti fascinosamente “feuilletoneschi” alla Douglas Sirk, Omar, a contatto con i bizzarri eredi dello scrittore, chiusi nello splendido isolamento della grande villa nella prateria uruguyana, rifletterà anche, causa altri incidenti “simbolici”, sul suo eventuale futuro. Una puntura di ape, lo schock anafilattico, il breve coma e il risveglio sono elementi semplici per mostrare una sua “rinascita”. La scena ambientata nell’università, poi, quasi a conclusione della pellicola, ci mostra perfettamente quanto Omar non sia adatto all’insegnamento: parla, dando un compito sullo scrittore Thomas Hardy, di destino, quindi, in sottofondo, di se stesso, ma non sa coinvolgere nessuno studente. L’uomo, in realtà, ha la necessità di vivere in uno sorta si stato di libertà istintuale e naturale, che solo la grande azienda dei Gund potrà regalargli.
 
''Quella sera dorata''Con un effetto domino, poi, attivato il “destino”, l’insieme dei personaggi avrà una sua personale mutazione e, soprattutto, ognuno, a modo suo, elaborerà il lutto definitivo per lo scrittore Jules, uomo di fascino, carismatico, ma, in fin dei conti, straordinariamente egoista. I partecipanti dell’anomalo gruppo familiare troveranno una strada diversa, una motivazione adeguata, assai più gioiosa e meno ipocrita per la propria esistenza.
La sceneggiatura della partner professionale “storica” di James Ivory, Ruth Prawer Jhabvala, è senza errori, “letteraria” e disseminata di piccoli misteri, alcuni irrisolti, che incuriosiscono lo spettatore, così come non manca una patina di ironia molto british e arguta, la quale si sposa perfettamente con un cast splendido, tra cui spiccano Anthony Hopkins in un’interpretazione misurata quanto accattivante (quando il suo personaggio è presente, tutto il resto si appanna), la bellissima Laura Linney, veramente brava nel declinare le sfumature ambigue e melanconiche della sua Carolyn e Charlotte Gainsbourg, che si conferma attrice sensibile e attenta alle scelte artistiche.

E se qualcuno dirà che “Quella sera dorata” non è il migliore Ivory, si potrà rispondere come opere realizzate in maniera professionale, raffinata e piacevole sarebbero da fruire come scuola di ottimo cinema anche per tanti registi contemporanei.
3 novembre 2010