“I migranti nel cinema italiano” di Sonia Cincinelli
di Silvio Messinetti

Dalla “Ricerca nazionale su immigrazione e asilo nei media italiani”, svolta dalla facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma per conto della Fnsi e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, effettuata nei primi mesi del 2009 su un campione di 7 telegiornali e 6 quotidiani, emerge quella che è stata definita “una gigantografia in nero, un fotogramma immobile ormai da trent’anni di un fenomeno invece in perenne movimento”.
I media mainstream sembrano accontentarsi di quella immagine statica ed apparentemente immutabile del fenomeno migratorio. Che si regge su un caposaldo falso e fuorviante, immigrazione uguale criminalità, che i mezzi di informazione hanno scelto di ingrandire ed esaltare. Un dato su tutti balza all’occhio: su 5684 servizi di telegiornale, andati in onda nel periodo di rilevazione, solo 26 trattano dell’immigrazione senza metterla in relazione alla sicurezza. Una gigantografia, quella dell’immigrazione e della presenza straniera in Italia, appiattita, dunque, sulla dimensione “dell’ emergenza, della sicurezza e di una visione naturalmente problematica”. Ben altro è lo sguardo rivolto dalla cinematografia italiana. Come emerge nitidamente dalla lettura del volume "I migranti nel cinema italiano" di Sonia Cincinelli, giornalista freelance e critica cinematografica, che, muovendo proprio dall’ analisi sul contributo dei mezzi di comunicazione nella rappresentazione e nella costruzione dell’immagine dei migranti, si cimenta nella analisi, approfondita e minuziosa, della produzione filmica nostrana degli ultimi venti anni dedicata all’immigrazione. A partire dagli anni Novanta, e in assenza di un vero e proprio genere, il cinema italiano si è occupato del tema in maniera episodica e superficiale.
“E sarà importante promuovere e incentivare i circuiti di distribuzione e circolazione delle immagini che si fanno cinema- esorta Fulvio Vassallo Paleologo nella postfazione- per sfatare pregiudizi e luoghi comuni, per ricostruire la complessità degli eventi cancellata da troppe semplificazioni, per restituire poesia ad una società dominata dall’avidità e dal calcolo economico”. Che il viaggio “a 35 mm” nell’Italia dei migranti, che nessuno vuol conoscere e riconoscere, continui.
10 novembre 2010