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Percorso

"L'estate di Martino" di Massimo Natale

Il consiglio di Elisabetta Randaccio

''L'estate di Martino'' locandinaL'estate di Martino che cerca, con tutte le difficoltà dell'età di varcare la "linea d'ombra",  è quella del 1980. Inizio di un decennio complesso, stigmatizzato come l'era deleteria del riflusso, troppo recente nella memoria collettiva per giudicarne, con chiarezza, invece, le contraddizioni e i fatti storici importanti accaduti in quei giorni. Intanto, come il film suggerisce, sin dalla prima inquietante inquadratura, fu l'anno horribilis di due stragi, tuttora occultate da omissis e depistaggi: quella di Ustica (27 giugno) e quella di Bologna (2 agossto, 85 vittime ancora in attesa di giustizia). E' un momento di forte passaggio ideologico sociale, il quale porterà l'Italia ai miti insulsi della "Milano da bere", senza quasi colpo ferire.
La sceneggiatura del film, derivata dal trattamento "Luglio '80", premio Solinas 2007, di Giorgio Fabbri sicuramente,  è, a tratti, confusionaria. Infatti, assembla vari livelli narrativi: la voce fuori campo della mamma di Martino (scomparsa precocemente) che racconta una fiaba-doppio della storia (ci ricorda la novella di fantascienza a commento della vita del protagonista di "Luce dei miei occhi" di Giuseppe Piccioni, 2001), la vicenda di una tipica iniziazione sentimentale, lo studio del dettaglio di una generazione prossima ai vent'anni e ancora immersa nell'universo politicizzato, ma ancora desideroso di gioiosa utopia, tipico del post '77, e l'incrocio coi drammatici avvenimenti che segneranno un'estate di lutti nazionali.
 
''L'estate di Martino''Nonostante questi contorcimenti circolari attenuino la tensione o la chiarezza della struttura narrativa, il regista Massimo Natale (già autore di "Amiche", 2008) punta la sua attenzione sulla descrizione dei fatti, servendosi di tratti onirici, e si concentra, soprattutto sull'elaborazione complessa di un lutto materno che avviene attraverso l'immersione continua in un mare attraente e pericoloso insieme (quello della costa pugliese), la ricerca di una sostituta negli affetti, come la bella fidanzatina del fratello (fisicamente una sorta di "Ondina"), il rifiuto del padre biologico per trovarne uno ideale, "cinematografico" nel marine Jack (interpretato da Treat Williams, l'attore, tra l'altro di "C'era una volta in America" di Leone, 1984, di "Hair" di Milos Forman, 1979, di "Hollywood ending", 2002, di Woody Allen e presente come efficace caratterista in varie memorabili pellicole), e, infine, la ricerca della "cornucopia" della felicità, ultimo pericoloso "oggetto materno" da conquistare in una prova decisiva (però la scena aveva avuto un'anticipazione in quella del legaccio del surf).
 
''L'estate di Martino''Insomma, sicuramente, l'impianto filmico è originale e piacevole, fotografato con efficacia da Vladan Radovic e gli interpreti sono stati scelti con estrema attenzione, giustamente tra visi sconosciuti. Per quanto il giovane protagonista, Luigi Ciardo, sia riuscito a dare il meglio di sè con una prova non semplice, e Matilde Maggio sia, senza dubbio, una presenza magnetica. Non sappiamo se il tentativo di venire fuori dal minimalismo tedioso di parte del cinema italiano contemporaneo, in questo caso, abbia avuto successo, certamente "L'estate di Martino" merita attenzione proprio per quel suo tentativo di (come recita il cartello finale del film) sia necessario "sognare senza dimenticare".
24 novembre 2010
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