Stampa

C’era una volta la Sarfilm

Chiude o non chiude? La casa di produzione di Salvatore Sardu a un passo dalla cessazione d’attività. Tutta colpa della burocrazia, confessa l’autore. Eppure c’è chi giura che non andrà così… di Salvatore Pinna
 
La SARFILM di Salvatore SarduLa Sarfilm, sotto il porticato di via Polonia 133 a Pitz'e Serra, si presenta  all'esterno come una vetrina “arredata” con produzioni della “ditta”. Tra queste spicca un dvd la cui copertina mostra  l'immagine di un campo dai colori vivaci, che sfuma, nell'elaborazione grafica, in un blu stinto e freddo dello stesso colore dei palazzi sullo sfondo. Questo campo, o quel che ne resta dopo una serie di brutte lottizzazioni, esiste realmente e fronteggia la vetrina col dvd che ne racconta la metamorfosi.  Quando ancora era un terreno “abbandonato alle regole della natura”, la telecamera di Salvatore Sardu ha sostato, per due anni di seguito, riprendendo ogni palpito e ogni tripudio di colori.  Ne è risultato un filmato di un'ora, intitolato “C'era una volta un prato”  che è un po' l'emblema della sua ispirazione registica. Vi si concentrano poesia e denuncia, la bellezza mostrata a pieno sole da salvaguardare o di cui serbare, almeno, la memoria e riflessioni sull'offesa  dell'ambiente.
 
''La rabbia di quei giorni''All'interno la parete di sinistra è occupata da un lungo scaffale trasparente su cui sono esposte diverse generazioni di macchine da presa in pellicola da otto  millimetri e la mitica telecamera U-matic. Al centro di questo piccolo museo, che è anche sala di montaggio, Sardu ha sistemato la sua scrivania. Mi accoglie imbacuccato, in un tiepido pomeriggio novembrino, con  sciarpa e   giubbotto. È l'unico segno esteriore di una salute  che ha dovuto essere rimessa in sesto con due recenti interventi al cuore (di cui da buon cineasta conserva la ripresa in dvd).  Per il resto la grinta  è quella di sempre e ne dà subito prova affrontando il tema che più gli urge. Che riguarda,  in sintesi, il circuito infernale “cinema contro denaro” per parafrasare il titolo del suo documentario “Uomini contro carbone”.

L'incipit è diretto e allarmante.
Io penso che sia opportuno dire che dopo circa 45 anni la Sarfilm chiude. Non per motivi economici perché io ho sempre vissuto alla buona e con la mia pensione potrei continuare. Purtroppo c'è un fatto: l'Agenzia delle Entrate mi perseguita con gli studi di settore. Mi attribuisce  guadagni  che io non mi sogno nemmeno.  L'ultimo contenzioso riguarda il 2000 in cui assolutamente il guadagno era zero perché stava scomparendo  il vhs e non era ancora apparso il dvd, quindi io mi sono trovato in una situazione in cui non potevo vendere nulla. Anzi ho dovuto riprendere tutto di nuovo.

''Cagliari ritrovata''Vuole dire riversare?
No, riprodurre ex novo. Per essere chiari  rigirammo le scene dei documentari già prodotti per il vhs nel nuovo formato. Per anni si è lavorato duro e senza guadagni. L'ho spiegato all'Agenzia  ma non ci credevano. Insomma sono incominciate liti, con verifiche, avvocati e spese.  Siccome sono stanco di battagliare con l'Agenzia delle entrate chiudo.

Quando ha incominciato a riprenderti dallo shock tecnologico?
È stato nel 2003 con “Sardegna magica”. Di “Sardegna magica” si sono fatte copie in sei lingue compreso il sardo e  ne sono state vendute anche all'estero. Ma in Sardegna non c'è un mercato talmente vasto da conseguire dei ricavi. Film  come “Sardegna Nuragica”, “Sardegna prenuragica” o “Sardegna fenicia”, che è stato premiato a Venezia,  hanno venduto pochissimo.

Quali sono i canali di commercializzazione?
Gli unici due canali, in questo momento, sono scuole e biblioteche. Per   il comune di Cagliari stiamo facendo un film tutto pieno di immagini preziose con Cagliari sotto la neve, la prima manifestazione studentesca  del 1967, un Sant'Efisio sempre del 1967.

Sergio UsaiHa presentato progetti sulla legge regionale sul cinema?
Ho presentato un progetto complessivo   sul Medio Campidano dalla Giara di Gesturi sino ad Arbus.  C'è un interesse anche affettivo visto che io sono nato ad Arbus.

C'è un film che le piacerebbe fare in modo speciale?

 A me piacerebbe  fare  un film su Orgosolo. Perché è una realtà completamente diversa che andrebbe esaminata  a fondo. Dal punto di vista paesaggistico ho filmato quasi tutto in Barbagia. Ma è la realtà orgolese che soprattutto mi intriga. È  una realtà che io vedo diversa, lo dico in senso positivo, con valori di fondo che non dovrebbero andare perduti.  

I suoi interessi  sociali e  ambientalistici hanno origini lontane.
Dopo la laurea in Economia e Commercio  ho scelto di insegnare  Geografia economica, cioè la  materia più insignificante secondo tutti gli altri. A me la Geografia economica dava il modo di  portare i ragazzi in giro di fargli vedere la realtà. Il mezzo cinematografico mi è sembrato il più idoneo a comunicare le scoperte ambientali.

''Bosa una città un fiume''Lei che pure hai fatto documentari d'impegno ambientalistico talvolta è considerato  autore di filmati cartolina.
Il primo  documentario in difesa dell'ambiente è stato “La società inquinante”  che voleva dimostrare che la causa dell'inquinamento era il sistema capitalistico. Eravamo nel 1968 quando era molto difficile allora parlare di questi temi perché  “i compagni” mi accusavano di andare contro la fabbrica e quindi  la classe operaia. Nel migliore dei casi mi consideravano un romantico cui piacevano le cose di una volta.  Uno dei film più importanti della mia carriera cinematografica, “Un domani per Portoscuso”, non è stato mai proiettato a Portoscuso.  “Sant'Antioco un paese grigio” è un film drammatico, in cui  le condizioni di vita di certi strati della popolazione erano paragonate al terzo mondo. “Sardegna brucia” non erano cartoline. Ho scelto di fare anche altri film  più “edulcorati” tipo “Sardegna magica”, o “Bosa” che sono idonei soprattutto a portare la Sardegna fuori dalla Sardegna.  Se fai una pubblicità devi farla positiva.  Le inquadrature devono essere tutte bellissime e tutte “cartoline” o quasi.

Un documentario storico-sociale, girato negli anni Ottanta,  come “Buggerru dove nacque la speranza”  è stato superpremiato. In occasione del Video Schotch Trophy  il regista Montaldo spese parole impegnative . Disse che gli ricordava “Le quattro giornate di Napoli”, citò “La battaglia d'Algeri” e “Roma città aperta”.

Lo  disse anche in televisione.  Sono cose molto belle ma naturalmente sono cose che si dicono in televisione. Fa effetto un momento, ma non bisogna pensare che sia una cosa seria.

Su questa nota di understatement Sardu riceve la visita di Peppetto Pilleri, della Cineteca Sarda, interessato ad alcuni reperti custoditi nel suo museo. È  l'occasione per aprire anche a lui l'intervista  prendendo lo spunto dall'ultima affermazione del regista.

Salvatore SarduSecondo lei Salvatore Sardu è sottovalutato?
Lui si lamenta sempre di essere sottovalutato. Io non credo che lo sia. I suoi  film sui vari paesi della Sardegna, sulle sagre, la storia ecc. sono stati apprezzati.  Per quanto riguarda poi la produzione più sociale e politica che è indirizzata, ovviamente, ad un pubblico diverso, più motivato, non è affatto sottovalutato.  Poi se essere sottovalutato significa non considerarlo un regista-autore raffinato come credono di definirsi altri è un problema piccolo perché neanche Salvatore ha pensato di essere, di voler essere e di voler essere considerato un autore raffinato. Ha sempre ritenuto se stesso un  raccontatore della Sardegna negli aspetti politici, sociali e popolari, e ambientali. E quello ha fatto.  Poi se la valutazione si esprime in denaro, non esiste nessuno in Sardegna che è diventato ricco facendo film. Non chi fa documentari certamente.  

E possibile che la Sarfilm chiuda davvero?

Sarfilm non chiude. Son tutte cose che dice lui. Le dice periodicamente.

Sardu ridacchia sornione. Replica ancora qualcosa  sugli studi di settore, sull'Agenzia delle entrate, sul problema della cessione dello studio e su altre questioni inerenti le tasse.  Poi  ammette che la questione è allo studio della fiscalista. Alla fine questa intervista termina con uno scoop. Ci sono speranze che Sarfilm non  chiuda o riapra in altra forma.
 
Articoli correlati:
24 novembre 2010