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“Io, sempre alla ricerca dell’autenticità”

Intervista a Edoardo Winspeare, regista, attore, in questi giorni protagonista del "Babel festival" in scena a Cagliari. “Il mio nuovo film? Seguo le orme di un ciarlatano...”. di Elisabetta Randaccio
 
Edoardo WinspeareEdoardo Winspeare è un regista da noi molto stimato. Colto, gentile, con un sguardo malinconico così evocante i quadri romantici, tanto da spingere Mario Martone a volerlo come attore nel suo "Noi credevamo" impegnato nel sociale, sempre originale e professionale nei suoi film (tra gli altri “Pizzicata”,1996, “Sangue vivo”, 2000, “Il miracolo”, 2003, “Galantuomini”, 2008), per lo più ambientati nel “suo” Salento tanto amato, è tornato in questi giorni in Sardegna, una terra a cui è particolarmente legato in occasione del “Babel Film Festival”.
Scelta particolarmente felice da parte degli organizzatori (la “Società Umanitaria”, l'Associazione “Babel” e i suoi partner, tra cui pure il nostro “Cinemecum”), perché Winspeare ha dedicato una parte della sua vita e carriera a approfondire lingua, ritualità, costumi, feste della sua regione, anche fondando, in passato, un gruppo musicale indirizzato a riscoprire la vera natura sonora della “pizzica”. Dunque, nell'intervista, partiamo proprio da tale amore per il dialetto salentino e, conseguentemente, il suo interesse per le altre parlate regionali.

''Galantuomini'' 2008Lei è presente alle giornate del “Babel Film Festival”, dedicato alle pellicole in lingua minoritaria. Nei suoi film l'uso della parlata autoctona è spesso presente. Quanto questo aspetto è rilevante nella costruzione di un prodotto non elitario per il grande schermo?
Per uno come me, sempre alla ricerca dell'autenticità, in certe situazioni è impossibile non servirsi della lingua “minoritaria”. Penso, per fare un esempio, a “Sangue vivo”: con due protagonisti così legati alla propria realtà identitaria, sarebbe stato ridicolo farli discutere in italiano. Semmai è vero, quanto il nostro sia un dialetto più che una lingua, seppure, come tutte le parlate del sud, sia sostanzialmente incomprensibile ai non iniziati! Diverso discorso lo pone il vostro sardo il quale, infatti, nel quotidiano, dividete nettamente dall'italiano, che è proprio un'altra lingua, come può esserlo l'inglese.

''Noi credevamo''Ha recentemente partecipato come attore a "Noi credevamo" di Martone. Come è stata questa nuova esperienza e quale è il suo giudizio sul film?
Intanto è stata una bella situazione lavorativa; interpretavo un eroe risorgimentale e, credo, che Mario mi abbia scelto fondamentalmente perché ho un aspetto “ottocentesco”! Però, mettermi dall'altra parte della cinepresa, mi ha aiutato a capire quanto gli attori debbano applicarsi faticosamente per costruire la propria performance e questo, per un regista, è un passaggio sempre utile. “Noi credevamo”, penso sia un film ottimo, che sostiene una tesi ben precisa (se fossimo diventati una repubblica invece di un regno, le conseguenze storiche e sociali sarebbero state assai differenti, forse migliori) e ha il coraggio di esprimerla senza paura di essere politicamente corretto.

Edoardo WinspeareE il suo nuovo film?
Non posso rivelare troppo, ma si tratta di una commedia. Il centro narrativo è un “seduttore”, uno dei tanti ciarlatani a cui siamo abituati in Italia, che riesce a “incantare” un intero paesino...

E, visto il suo ruolo da produttore in “Il primo incarico” di Giorgia Cecere, la sua fedele sceneggiatrice, presentato all'ultima edizione del Festival di Venezia, può anticiparci se uscirà presto nelle sale?

Giorgia ha realizzato una interessante opera prima di cui sono assai contento. Sì, arriverà al cinema, sarà distribuito dalla Teodora film.
8 dicembre 2010