Tognazzi jr: “La parola dei sardi è sacra”
“Tre minuti di celebrità” ha invitato Gianmarco Tognazzi a Cagliari per presentare il film “Ritratto di mio padre” diretto dalla sorella Maria Sole. “Mi ha tramandato il valore dell’amicizia come quello dell’amore, valori forti che ritrovo nei sardi”. Parola dell’attore che ha sposato una sassarese e vorrebbe girare un altro film con Grimaldi. di Maria Elena Tiragallo
Foto di Salvatore Moi.
SEGUE IL VIDEO DELL'INTERVENTO DI TOGNAZZI AL CINEWORLD
Ricordi, film, interviste, testimonianze dei compagni di lavoro, degli amici quali Mario Monicelli, Ettore Scola, Michele Piccoli, Paolo Villaggio, Laura Morante, e dei figli, Ricky, Gianmarco e Thomas per ricostruire in 87 minuti un grandissimo attore e regista del cinema italiano di un tempo, Ugo Tognazzi.
Inserti di super8 privati e inediti, che lo ritraggono con le sue tante famiglie, recuperati da un infinito archivio, svelano l’anima di un padre e di un uomo che “non essendo mai cresciuto, essendo rimasto sempre un bambino, era per forza un grande attore”, come spiega Mario Monicelli. Il film “Ritratto di mio padre” diretto dalla figlia Maria Sole Tognazzi, ritrae diversi momenti della vita di Ugo, l’esordio in teatro a Cremona, la tv con Raimondo Vianello e poi il cinema con il finale della Palma d’Oro a Cannes per “La tragedia di un uomo ridicolo” di Bernardo Bertolucci.
Ma, c’è anche l’isola comprata in Norvegia , le partite di tennis, la sua cucina, le sequenze dei suoi 160 film. E ancora teatro, dopo il successo a Parigi con “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello in francese. A presentare il documentario a Cagliari, in occasione della manifestazione di “Tre minuti di celebrità a Cagliari”, promossa dal Comune e dalla Scuola Civica di Musica, il figlio Gianmarco Tognazzi. Noi di Cinemecum lo abbiamo incontrato.
Ci può raccontare la nascita del progetto di questo film?
L’idea è venuta a Matteo Rovere, produttore della Ascent Film, a Cannes, dove aveva presentato il documentario su Pietro Germi. Ha pensato di realizzare un altro documentario su un personaggio del nostro cinema, ed è saltato fuori Ugo per i vent’anni dalla scomparsa. Così è iniziato il lavoro di ricerca dei filmati, dei girati, anche attraverso le foto, le rassegne stampe. Un lavoro immenso dato l’infinità del materiale.
Ugo Tognazzi che padre era? Aveva parole dolci?
La sua grandezza era anche nel saper giocare. In lui c’era sempre ingenuità, mai premeditazione, mai la volontà di voler ferire, non ha mai imposto, ha sempre lasciato grande libertà. Avrebbe preferito magari che facessi l’agronomo perché gli piaceva cucinare, non escludo che un domani io possa aprire un ristorante con le sue ricette. Non dava consigli, ma ti faceva osservare quello che succedeva a lui.
A Ugo Tognazzi piaceva cucinare e a Mastroianni piaceva mangiare. Ricorda qualche aneddoto?
Cucinare era un modo di avere anche a casa un suo pubblico e non mancavano mai le scenette per i nostri ospiti. Ha interpretato più di 155 film, scritto 5 libri di cucina, voleva sempre cambiare personaggio e anche ricette. Cinque volte a settimana, per vent’anni, c’erano amici a casa a mangiare, non mancavano gli scherzi. Marcello e Ugo si incontravano molto di più a Parigi. C’era sempre qualche amico a casa, da Luigi Magni a Diego Abatantuono, che ha anche vissuto con noi per un certo periodo. Aveva un affetto incontrollato per i suoi colleghi, non aveva invidie, né malumori, la mancanza di rispetto del lavoro, la stupidità in generale lo facevano arrabbiare molto. Aveva il bisogno di stare sempre con gli amici, che per lui erano un’altra famiglia, voglia di curiosità, di conoscere la vita, di mettersi in gioco, e di accogliere tutti. Il valore dell’amicizia a noi figli l’ha tramandato come quello dell’amore, valori molto forti. Era una persona molto avanti, prevedeva in anticipo le cose che sarebbero diventate ed era vicino alla gente, ecco perché lo salutavano per strada come un amico d’infanzia.
Lei ci tiene molto all’amicizia, è amico di Alessandro Gassman?
Certo che ci tengo: di sicuro io sono molto amico di Gassman, non so se lui lo è altrettanto.
Nel cinema un attore può scegliere?
Difficilmente. Ci si può permettere di scegliere soltanto se si arriva ad una posizione molto privilegiata perché si ricevono tante proposte. Spesso ci possono essere periodi di magra, in cui arrivano poche chiamate. Le scelte sono in qualche modo subordinate a quello che ti viene richiesto da una produzione o da un regista che ti vuole vedere per un determinato ruolo.
Lei ha un forte legame con la Sardegna?
Mia moglie è sarda, di Sassari e anche mia figlia. Io mi sento vicinissimo ai sardi, perché sono come me, hanno dei forti valori, sono persone d’onore, la loro parola è sacra. Così sono io. Sono onorato ogni volta di essere accolto dai sardi.
Conosce il cinema sardo?
Ho lavorato con Antonello Grimaldi e farei tanti altri lavori con lui. Conosco Salvatore Mereu, Gianfranco Cabiddu e ho visto il corto “L’Arbitro” che mi è piaciuto.
Cosa pensa del cinema oggi?
Non è facile essere competitivi, stare sul mercato. Deve esserci la volontà di tutti di ristrutturare un’industria che deve avere un bacino d’utenza e di lavoro che merita. Se per girare una scena si ha un giorno è un conto, se si hanno solo due ore è un altro conto ancora. Si può essere molto bravi e avere una storia che consente di girare un film senza soldi, ma certo non può essere la regola. La crisi del cinema è riconducibile ad una serie di volontà che bisogna capire se torneranno ad esserci oppure no, servono confronti che ancora mancano. E’ bizzarro che in un paese come l’Italia dove il 70% del patrimonio è culturale ci siano disastrosi tagli alla cultura. Da noi poi nessuno sogna più di fare l’attore, perché? Chiediamocelo.
Foto di Salvatore Moi
15 dicembre 2010