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Quando la violenza non è solo un film

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Si intitola "Processo per stupro" ed è il primo documentario sul tema della violenza carnale mandato in onda dalla Rai. Laboratorio 28 lo ha riproposto nell'intento di riflettere sui cambiamenti legislativi e su quanto sia stato in grado (in tempi ben diversi) di incidere sulle coscienze degli italiani. di E. R.

''Processo per stupro''La lunga e articolata rassegna “Femminile plurale”, che il Circolo del cinema “Laboratorio 28” (aderente alla Ficc, una delle più attive associazioni di divulgazione cinematografica in Italia), iniziata a novembre 2010 e la quale si concluderà il 28 gennaio prossimo, è sicuramente tra le manifestazioni più interessanti svoltesi in questi ultimi mesi a Cagliari.

Iniziando da un manifesto (quanto sono rilevanti i manifesti nella storia del grande schermo, compresa quelle delle attività ad esso correlate!) accattivante, la serie di incontri e proiezioni proposte, hanno attraversato  i cambiamenti culturali del mondo femminile, le rivoluzioni e le involuzioni, le registe che hanno dato voce alle donne e i documentari (pensiamo a “Essere donna”, 1965, di Cecilia Mangini, la quale è stata ospite della rassegna di “Laboratorio 28”) diventati punti di riferimento anche per i sociologi, gli antropologi attenti a narrare battaglie vinte destinate a trasformare il nostro paese in una nazione maggiormente civile e battaglie perse a indicare un percorso ancora da costruire  per arrivare alle “pari opportunità”.

Striscioni di protesta negli anni '70Tra incontri con esperti e dibattiti coinvolgenti, “Femminile plurale”, nella piccola sala di via Montesanto (a quando un’attenzione maggiore delle amministrazioni per creare un centro dove le associazioni di cultura cinematografica possano svolgere la loro volontaria attività senza fare salti mortali per pagare l’affitto, senza dover soffrire freddo o scomodità? Chi si accorge di quanto è basilare questo tipo di formazione?), si è tenuto un vero itinerario di formazione filmica e sociale su temi non sempre, in questo momento storico, affrontati nei giusti modi né dai media né dalla politica. Dunque, la proiezione lunedì 17 gennaio del celebre “Processo per stupro” di Loredana Dordi è stata, allo stesso tempo, occasione per riflettere su come sia cambiata la struttura legislativa nei confronti di questo reato (ma ai tempi del film era rubricato all’interno di un capitolo del vecchio codice Rocco come “delitto contro la morale”) e quanto quel documentario, cosa non comune, sia intervenuto fortemente sulla coscienza dei cittadini italiani, aprendo le porte su un problema drammatico, spesso rimosso.

''Processo per stupro''Silvia Nicolai (docente di diritto costituzionale alla facoltà di Scienze Politiche all’Università di  Cagliari) e l’avvocata (rigorosamente al femminile) Marcella Pirrone (docente all’Università di Bologna) hanno introdotto la pellicola raccontando, come si è detto, i percorsi giuridici del diritto al femminile: dalla legge sulla violenza sessuale  a quella sull’aborto fino alla recente disposizione sul reato di “stalking”,  finalmente riconosciuto come perseguibile, ma preso in considerazione non tanto dalle reali esigenze delle donne,  ma da quelle del “pacchetto sicurezza”.
Un problema di paura, dunque, non una costante strisciante nei rapporti uomo donna: legami desiderati e rifiutati, storie di amori dissolti, patologie da mancanza di possesso, spesso, come è stato detto, prodromici di delitti e violenze gravi.

''Processo per stupro'', l'avvocato Tina Lagostena BassiE come dimenticare quanto gli omicidi in famiglia siano, nel nostro paese, statisticamente più numerosi di quelli di mafia, per esempio? “Processo per stupro”, trasmesso dalla televisione di Stato, allora - nonostante le censure e le polemiche - attenta alla documentazione pedagogica della realtà italiana (sembra di parlare del neolitico!), il 26 aprile 1979, fu visto da tre milioni di spettatori (la richiesta replica, alcuni mesi più tardi ne segnò nove milioni)  e si può, col senno di poi, ben dire che colpì così fortemente le coscienze cosicchè, da quel momento, sul dibattito privato e pubblico sulla violenza femminile niente fu come prima.  La regista Loredana Dordi, supportata da una piccola squadra tecnica, entrò per la prima volta in un’aula giudiziaria a seguire il dibattimento riguardante  una ragazza, Fiorella, abusata con l’inganno (sempre la solita fola di trovare un lavoro…) da quattro personaggi di una stolidità, ignoranza e aggressività esemplare, difesi da avvocati, oggi nelle loro arringhe esagitate e infarcite di stereotipi, ridicoli, mentre la giovane aveva come sostegno legale una agguerrita Tina Lagostena Bassi, scomparsa recentemente, che impostò la sua arringa conclusiva soprattutto su un presupposto di principio, ovvero l’affermazione della giustizia per le donne, non solo per Fiorella, riconosciute non come oggetti-puttane, ma come vittime degli istinti peggiori di quello che oggi si chiamerebbe “il branco”.

Tina Lagostena BassiIl film, pur nelle sua forma tentennante (la tecnica del video tape era agli inizi, l’audio poco comprensibile in certe parti, ma la confusione, oggi inammissibile, nell’aula del tribunale, è d’effetto) arriva ancora come allora, al cuore dello spettatore, provocando disgusto, ma anche riflessioni. Si pensa a quel documentario con gli standard odierni, ovvero un genere assai importante nella contemporanea produzione e storia del cinema, impostato non più su una generica obiettività, ma sia come testimonianza di una tesi del regista sia desiderio di far comprendere meglio la realtà. La regista Loredana Dardi usa il primo piano e il piano americano con lo scopo di far capire da quei volti così tipici, peraltro, le personalità dei coinvolti nel processo.

''Processo per stupro''E’ vero che non sono illuminati bene (sempre per le ragioni tecniche suddette), ma la figura dignitosamente composta della avvocatessa si sposa con le sue parole civili, durissime nei confronti anche dei colleghi. E questi ultimi paiono usciti da un teatro regionale di bassa commedia volgare, mentre gli imputati, incapaci di esprimersi decentemente, pronti, però, a pagare due milioni per non far svolgere il dibattimento, sono ripresi nella loro ipocrisia e frustrazione. Lei, Fiorella (qualcuno ha sottolineato come non avrebbe dovuto essere inquadrata, ma allora la legge della privacy non era ancora definita chiaramente e, poi, secondo noi, dimostra come la giovane avesse scelto di essere, nel mostrare il suo calvario inquisitorio, un riferimento per altre donne abusate), ha ancora negli occhi i segni di un trauma terribile; è semplice e senza scene si rivolge al violentatore che la ricopre di falsi insulti sulla sua personalità con parole chiare: “Non è vero, guardami negli occhi quando lo dici”. 

“Processo per stupro” vinse il premio Italia nel 1979, ebbe riconoscimenti in tutto il mondo, oggi avrebbe bisogno di un restauro e di un una rinnovata attenzione per come sia stato uno dei pochi film nel nostro paese a a dare un contributo al cambiamento culturale di tante persone e a stimolare una riflessione sulla revisione del delitto di violenza carnale.  Un film, a volte, non è solo un film.

I PROSSIMI APPUNTAMENTI DELLA RASSEGNA

21/01/2011
Ore 19.00

Il corpo delle donne, incontro con la regista Lorella Zanardo

22/01/2011

Seminario di formazione per il pubblico
Nuovi Occhi per la TV
con Lorella Zanardo e Cesare Cantù (previa prenotazione)

25/01/2011
Ore 19.00

Sesso e identità di genere
incontro con Andrea Argiolas e Valentina Lai
Ore 20.30
proiezione del film Transamerica
di Duncan Tucker (USA 2005, 103')
in collaborazione con l’Associazione ARC – Cagliari

28/01/2011
Ore 18.00

incontro: Il lavoro di cura in Italia: incontro con le lavoratrici
Interviene Mariangela Pedditzi
Ore 20.30
proiezione del film Mar nero
di Federico Bondi (Italia 2008, 95')

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