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"La mia poesia per la Sardegna"

La leggenda di Kaspar Hauser secondo Manuli: cast stellare nel Sinis, da Vincent Gallo a Claudia Gerini, Fabrizio Gifuni. Sindaci e Comuni ringraziano per la lezione di buon cineturismo. di Anna Brotzu

La Penisola del SinisDOPO L'ARTICOLO LA VIDEO INTERVISTA A DAVIDE MANULI

In origine era L'Asinara, poi la scelta è caduta sulle lande deserte e lunari della Penisola del Sinis: Davide Manuli privilegia ancora una volta la Sardegna per il suo nuovo film, ispirato a “La leggenda di Kaspar Hauser”.

Le riprese, iniziate tre settimane fa negli scenari magici e quasi surreali del Parco dei Suoni, tra candide scogliere che ricordano i fiordi e i mutevoli, notevoli paesaggi tra Riola Sardo e San Vero Milis in provincia di Oristano vedono tra i protagonisti attori come Vincent Gallo (che si sdoppia, Sceriffo e Dark Man), Claudia Gerini e Fabrizio Gifuni, Silvia Calderoni ed Elisa Sednaoui insime a Marco Lampis (il drago).  Set blindatissimo per la nuova “creatura” del regista di “Beket”, che nella figura assurta a mito (già portata sullo schermo da Herzog: un film che gli valse il Grand Prix della Giuria a Cannes nel 1975) del giovane sottratto e poi solo brevemente restituito alla società “civile”, fino al tragico epilogo, vede «lo specchio in cui gli altri personaggi riflettono la propria immagine».

Kaspar HauserPresentato alla tenuta Sella & Mosca di Alghero, tra gli aromi del mosto e preziose bottiglie, il film di Manuli reinventa la storia, e «con “Beket” forma una sorta un dittico». Ma la conferenza stampa, alla presenza di sindaci e amministratori provinciale e dell'assessore alla cultura, è anche una lunga serie di ringraziamenti perché senza il contributo, anzi la coproduzione della RAS «che ha capito e creduto nel valore artistico del progetto», l'avventura non sarebbe mai cominciata.
Il sostegno del MiBAC non sarebbe bastato per far sì che «un divo di fama internazionale, star del cinema indipendente (nonché musicista, produttore e regista) come Gallo, interprete fondamentale per il film sbarcasse sull'Isola, e vi restasse per le quattro settimane delle riprese» e che il respiro della pellicola fosse tale da ipotizzare «nel prossimo anno un percorso di festival importanti, da Cannes a Berlino e una distribuzione nelle sale oltre l'Italia, in Europa e oltreoceano».  Prospettive interessanti per un'opera realizzata in Sardegna, sia per il “ritorno d'immagine” (inevitabile il pensiero alla Wertmüller di “Travolti”) che per le ricadute economiche immediate, a partire dalle 40-50 presenze giornaliere delle troupe tecnico-artistica (come sottolineano i produttori Bruno Tribbioli e Alessandro Bonifazi, per per Blue Film e Shooting Hope Productions) con un indotto turistico che va oltre gli alberghi («si gira in Sardegna, inevitabile che mogli, mariti e figli raggiungano il set nel fine settimana, con conseguenti biglietti aerei, pranzi e cene al ristorante e così via»). I sindaci confermano numeri e cifre, e l'impegno rispettato di non stravolgere, al contrario, l'equilibrio naturale e il paesaggio, restituendo intatti gli scenari naturali “presi a prestito” per le riprese; e Manuli racconta l'emozione di cercare e trovare a fine giornata nuove e inaspettate location per l'indomani.

Davide ManuliInsomma un bilancio (preventivo) positivo e grande entusiasmo per un progetto che vede politica e istituzioni in primo piano, anche se i conti si potranno fare davvero alla fine, a lavoro compiuto. Per ora il calcolo si può e deve fermare alla valenza artistica e culturale del progetto, all'idea - che ha «coinvolto attori come Gallo, che ho tenuto in sospeso per tre anni – ed è stato difficile - prima che si iniziasse a girar, ricorda Manuli, «Claudia Gerini e lo stesso Fabrizio». E proprio Gifuni si dice «sempre più convinto prima da spettatore e poi adesso da attore che Davide sia veramente un fuoriclasse assoluto, senza nulla togliere agli altri. Il suo modo di fare cinema è non solo prezioso ma unico». E sottolinea, con un pizzico di amarezza, che: «lo stato di salute del cinema italiano si misura anche realmente poi dalla quantità di opere che raggiungono un certo livello. Ci vorrebbero molti più Davide Manuli, nel cinema italiano!!».

Claudia GeriniSe la conferenza mette in luce la felice anomalia di una regione produttrice di cultura, il focus naturalmente resta sul film. Manuli svela come nella sua versione de “La leggenda di Kaspar Hauser” la vicenda realmente accaduta del Fanciullo d'Europa si mescoli alle trame di un sogno, con elementi surreali e simbolici e un climax da tragedia greca, trasfigurata in incubi sottomarini. Senza rinunciare alla verità. «Mi attengo ai fatti realmente accaduti, ho preso tutta la documentazione e l’ho fatta mia, poi l’ho buttata via, cercando il filo rosso che tenesse unite questa storia e la vicenda reale. Il mistero del ragazzo apparso d'improvviso su una piazza di Norimberga, poi educato al mondo e sacrificato a logiche dinastiche e di potere della stirpe austro-ungarica, rimane: in un'isola semideserta, abitata da una regina (Claudia Gerini) con i suoi servi, una veggente (Elisa Sednaoui) e un prete (Gifuni), Kaspar Hauser (un'androgina Silvia Calderoni), che nella realtà era stato tenuto per diciott'anni sottoterra, incatenato, e nel film invece è vissuto sott'acqua, arriva come cadavere in una spiaggia.

Non è morto, è vivo. Si cerca di capire se sia un Santo, un idiota o un impostore. Provano anche a dargli un’educazione in modo abbastanza imbecille come è stato fatto per il vero Kaspar Hauser. Provano ad ammazzarlo, poi lo ammazzano davvero, e torna all'acqua. La mia è una versione poetica, visionaria, resa possibile dai panorami della Sardegna. Ho rinunciato all'isola degli asinelli, ma la metafora rimane: alla fine Kaspar avrà una testa d'asino, a simboleggiare quello che la società ha fatto di lui».

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