Percorso

Fabio Marras, la forza della passione

Dal comodo divano di casa al set di “Romanzo Criminale”. Come fotografo di scena. Storia di un 29enne che a forza di determinazione, buona volontà e un pizzico di umiltà è riuscito ad arrivare al mondo del cinema. L’intervista. di Giuseppe Novella

Fabio MarrasSardo, fotografo, ventinove anni eppure già con un buon curriculum alle spalle. Fabio Marras, classe 1982, è uno dei tanti appassionati d'arte e fotografia della Sardegna; eppure coltivare la sua passione lo sta portando sempre più avanti, dapprima alla redazione di Epolis, dove ha collaborato come fotografo freelance e dove ha avuto modo di studiare in maniera più approfondita la fotografia, poi alla redazione dell'Unione Sarda, e infine è approdato al cinema, sul set della serie “Romanzo Criminale”, come fotografo di scena.

Fabio cerca di coniugare la sua passione per la fotografia con quella per il cinema, due linguaggi diversi ma che spesso vanno di pari passo, e che lui esplora con umiltà ma tenacia.

Partiamo dal suo approccio professionale al mondo del cinema. Com'è nato, e quando?
Vorrei  incominciare specificando che come fotografo lavoro principalmente sulla cronaca, il classico Peter Parker, tanto per dare l‘idea e non discostarci dal cinema. ll mio approccio cinematografico è un puro caso sebbene spinto da un forte desiderio.  Il desiderio di allargare lo schermo e guardare cosa c’era attorno agli attori, conoscere il contesto e le persone che realmente creano un film. Desiderio esaudito nel 2009 quando, tramite SKY CINEMA sono andato come ospite una giornata sul set di Moana, la serie. In quell’occasione ho iniziato a capire quanto possa essere complessa la produzione di un film, quante persone  vi ruotano intorno e quanto ognuna di esse sia indispensabile. Inoltre ho potuto scattare bellissime fotografie di Violante Placido, Elena Bouryka oltre che di backstage.
 
Fabio Marras con il castAppare senz'altro interessante la sua esperienza come fotografo di scena sul set della fortunata serie televisiva “Romanzo Criminale”. Ci parli, ci racconti com'è nata tale collaborazione, come ha vissuto questa esperienza, quanto l'ha arricchita, e com'è stata l'interazione con le altre figure professionali del set.
Sono rimasto folgorato dalla serie “Romanzo Criminale”, per me è perfetta. Attori, regia, montaggio, costumi scenografia, sceneggiatura, fotografia è tutto al top. Forse il fatto che sia innamorato di Roma e dei romani ha costituito un forte pregiudizio in tal senso, ma non ero rimasto altrettanto colpito dal film di Placido. Quando sono stato informato dell’inizio delle riprese per la seconda stagione, il passo dal divano al set è stato abbastanza difficoltoso. . Fortunatamente la mia tenacia e la disponibilità che SKY ha sempre dimostrato nei miei confronti mi hanno fatto ottenere un’occasione che non dimenticherò facilmente.  Qui è necessaria una precisazione, Cattleya, che ha co-prodotto insieme a SKY la serie aveva già il fotografo di scena, Emanuela Scarpa, che ha seguito la prima serie e avrebbe interamente seguito anche la seconda serie. Io sono approdato come fotografo SKY che  registrava degli speciali sullo stato di avanzamento delle riprese. Sebbene in questo mestiere gli artigli possono scattare con molta facilità, Emanuela si è dimostrata molto gentile nei miei confronti e non ha ostacolato la mia creatività, anzi non sono mancati scambi di opinioni su quali tecniche da adottare in determinate circostanze.
L’esperienza, durata due giorni  da 16 ore di lavoro ciascuno è stata molto positiva. Ho assistito all’esplosione di un’automobile, al volo di uno stunt, a sparatorie, posti di blocco e alla sepoltura di un cadavere. Il cinema viene spesso usato come sinonimo di finzione ma posso garantire che su quel set, si respirava l’amore per il lavoro che si stava facendo. Sollima illuminava la scena con la sua presenza e la sua serenità. Si mangiava tutti insieme, attori, stunt, operatori, tecnici, regista e il momento di gioia che c’era durante i pranzi e le cene sotto i gazebo installati nelle numerose location non era finzione, era reale.  Sono state due giornate intense, molto faticose al termine delle quali sono andato via con la convinzione di aver conosciuto persone meravigliose, altamente professionali e umili, dallo stesso regista agli attori dagli operatori video ai giornalisti, con alcuni di loro ci siamo incontrati successivamente e continuiamo a sentirci ancora oggi.
 
Fabio MarrasFotografia e Cinema sono due mondi che si intersecano solo parzialmente. Quali sono, secondo lei, i punti di contatto, e quanto deve essere "cineasta" un fotografo di scena per fare bene il proprio lavoro.
In entrambi i casi si cerca di comunicare. Il fotografo di scena ha la fortuna di raccontare in modo breve ma intenso, come solo la fotografia può fare, ciò che non viene mostrato durante un film. Può raccontare momenti di gioia o difficoltà tra un ciak e l’altro, può raccontare i preparativi di un set o la concentrazione dell’attore prima della performance.  Se ci si limitasse a fotografare dallo stesso punto di vista della telecamera, si avrebbe solamente la copia di un frame del film. La tentazione è grande perché nell’oculare stai vivendo in anteprima il film, non hai problemi di montaggio o di sonoro e le luci sono già state messe al posto giusto dal direttore della fotografie, il piatto è pronto.  La maggior parte delle scene viene ripetuta decine di volte perciò si ha l’occasione di concentrarsi anche sul contorno che è realmente ciò che fa la differenza.
Il  fotografo è anche regista delle proprie immagini, si  crea uno schema su come vuole che sia la foto, cambia inquadratura, ottica, diaframma, tempi, temperatura colore e punto di osservazione. Ma sul set, non puoi gridare stop, far cambiare luci o posizione agli attori.
Credo che il lavoro di un fotografo sul set sia puro reportage, fotografia di cronaca, quello che alla fine faccio ogni giorno con L’ Unione Sarda.  Molto probabilmente questa affermazione non riscontrerà il consenso di molti, ma a mio modesto parere il fotografo di scena non deve necessariamente essere un cineasta. Credo anche però che sia difficile trovare un fotografo che non ami il cinema perché sarà naturalmente portato ad apprezzare sia l’aspetto narrativo ma soprattutto l’insieme di tecniche utilizzate per la realizzazione del film, tecniche che con naturale automatismo cercherà di riprodurre nel proprio cervello. Non ho una formazione accademica che possa avvalorare la mia tesi, sto solamente raccontando la mia esperienza personale.

Foto dal set di Fabio MarrasUna sua opinione sul mondo del cinema italiano, indipendente e non. Quali i punti di forza? Quali invece gli aspetti da migliorare? E in cosa le istituzioni e lo Stato possono e, a suo parere, come devono intervenire per supportare il mondo del cinema nostrano?
La mia opinione è quella di un semplice spettatore. Non posso di certo parlare di cinema come qualcuno che lo abbia studiato e analizzato a fondo.
Cinema indipendente, non so come inquadrare bene questa definizione. Parliamo di budget? O del tema trattato? Forse oggi grazie al digitale è divenuto più semplice autoprodurre un film a basso costo. Credo che il problema principale sia il talento, l’intenzione  e come la si voglia esprimere. Per me indipendente è quel film che mi arricchisce, mi fa conoscere, mi fa riflettere. Quel film al quale riconosco un sincero sforzo professionale, dove passa un messaggio, e mi deve stupire. Non è un film al termine del quale ho la sensazione di essere stato plagiato o raggirato. Ho avuto questa sensazione per esempio con Sharm El Sheik.. In questi giorni stanno girando “Bellas Mariposas”, l’ultima fatica di Mereu, ho grandi aspettative al riguardo. "Sonètaula" era un ottimo lavoro, so che non avevano un grande budget, mentre da poco ho visto “20 sigarette a Nassiriya” che credo sia costato parecchio. Ho trovato alcuni punti di vista molto originali, inquadrature per niente scontate e soprattutto un film che ti lascia la libertà di farti ragionare, non una storia fine a se stessa, un film sincero.
Mereu low cost e Amadei sicuramente più costoso ma entrambi li considero film indipendenti. Forse mi sbaglio. Non ho suggerimenti su come le istituzioni o lo Stato possano intervenire, forse agevolazioni Irpef e Inps.  Sicuramente un eventuale finanziamento dovrebbe  escludere quei film che non sono altro che un prodotto commerciale o macchina da soldi, come i cine panettoni, zeppi oltretutto di pubblicità (ex)occulta.
Si vedono alcuni film che, siccome parlano di sfuggita del problema della caduta dei capelli, godono di finanziamenti del Ministero della Salute perché opera di interesse comune. Naturalmente è una battuta. Chi ha avuto un finanziamento e il film non è  uscito o l’incasso fa emergere sospetti che sia stato prodotto semplicemente per avere il finanziamento, non dovrebbe più goderne in futuro.
Lo Stato dovrebbe premiare nuovi talenti e non grandi case che sicuramente non hanno problemi per studiare, produrre e piazzare il prodotto. Si dovrebbero premiare i progetti che valorizzano l’identità nazionale e trattino in modo originale tematiche sociali. Ma stiamo parlando di un Governo che ha messo la Gelmini alla guida dell’Istruzione Nazionale e ho letto che Luca Barbareschi ha usufruito di due finanziamenti  e che gli incassi hanno fatto recuperare il 3 e il 4% del finanziamento.

Fabio MarrasUn suo commento riguardo la vita del fotografo in Sardegna, specialmente legata al mondo del cinema.
In Sardegna ormai ci sono più fotografi che pastori, se vogliamo usare un antico e sciocco preconcetto.
Ma entrambi i mestieri devono essere fatti con professionalità, così come non è sufficiente comprarsi tre belle pecore per fare i pastori, non è sufficiente seguire un corso o comprarsi una reflex per diventare fotografi.
Ormai vedo che basta fotografare senza alcun criterio o logica artistica una sfilata di carnevale, muovere a caso qualche bottone di Photoshop e autoproclamarsi “photographer”. Certo non saranno altri a darti il distintivo di fotografo ma vedo che manca il buon senso comune. Personalmente sento di avere tanti margini di miglioramento e che non riuscirò di certo a raggiungere l’eccellenza di alcuni miei colleghi. Quello che spero non mi accada mai è perdere la critica nei miei confronti. Mi punto sempre il dito contro e sono molto duro con me stesso. Parto sempre dal presupposto che posso fare meglio e che quello che faccio è appena sufficiente. Non ho dati per esaminare la situazione nel mondo del Cinema Sardo, magari potrò rispondervi tra qualche mese.

27 settembre 2011

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