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"This must be the place" di Paolo Sorrentino

 
''This must be the place'' locandinaPaolo Sorrentino regista del “Il divo” e il divo Sean Penn hanno dato vita ad un film stupefacente, probabilmente più di quanto immaginassero. Molte, infatti, sono le chiavi di lettura offerte da questo eccellente connubio italo-americano, spunti e riflessioni che vanno oltre la trama di base.
Cheyenne (Sean Penn) a cinquant’anni si veste e si trucca pesantemente come ai tempi in cui era una rockstar di grande successo. Grazie alle royalties dei tempi d’oro vive a Dublino con la moglie Jane (Frances McDormand) in una lussuosa villa con parco, non ha amici ad eccezione di una strana ragazza, Mary (Eve Hewson), e di sua madre (Olwen Fouere) che piange il figlio scomparso. Il pesante trucco con cui Cheyenne maschera i suoi sentimenti fa risaltare le rughe e l’azzurro dei suoi occhi tristi e assenti: non riesce a superare il rimorso per avere causato, forse, con la sua musica, il suicidio di due ragazzi. Incontri occasionali per le vie e nei pub rivelano il suo animo di bambino depresso, sostenuto dalla forza e dall’amore di Jane, moglie-madre. Non ha contatti con la sua famiglia americana, convinto da sempre di non essere amato dal padre ma, sapendolo gravemente ammalato, parte per gli Stati Uniti.
 
''This must be the place''Non arriva in tempo, suo padre è appena morto: lui si avvicina, solleva il lenzuolo bianco, lo fissa, ne accarezza il braccio nudo sfiorando il numero tatuato. Da bambino gli raccontavano che era il numero del telefono. La sua è una famiglia rigidamente ebrea, il padre è uno dei pochi sopravvissuti all’Olocausto e ha lasciato proprio a lui vaghi appunti e disegni che lo aiuteranno a trovare l’aguzzino nazista con il compito di fare vendetta. Dopo il rifiuto di aiuto da parte di Mordecai Midler (Judd Hirsch) cacciatore di nazisti importanti e non di “pesci piccoli”, le poche informazioni spingono Cheyenne a vagare per gli States, on the road, da un indizio all’altro, per paesaggi sterminati e linde semideserte cittadine.
 
''This must be the place''Trova l’insegnante Dorothy Shore (Yoyce Van Patten) che sa, dai disegni paterni, essere la moglie del nazista, le fa credere di essere un suo ex alunno e, sorseggiando un tè, attinge ulteriori brandelli di informazioni. Incontra così Rachel (Kerry Condon), loro figlia e vedova di un marine, ne accetta l’ospitalità ma rifiuta offerte di sesso. “Non posso, sono sposato”, le dice. Prosegue nel suo viaggio errante che è un susseguirsi di crescita interiore. Per la prima volta accetta una sigaretta e la fuma (“i bambini non fumano” gli diceva Jane) ed è come un primo segno di maturazione. Toccante e bellissimo il cameo della visita al suo amico David Byrne, per altro autore della colonna sonora e autore della canzone che dà il titolo al film. “No, tu sei un artista -gli dice- io un semplice cantante rock che ha causato la morte di due ragazzi” ed è una ulteriore presa di coscienza.

''This must be the place''Lungo una strada fra campi gialli che si protendono fino al cielo dà un passaggio a un pellerossa dai lunghi capelli bianchi. Fra i due neppure una parola né uno sguardo, solo un cenno di mano per fermare l’auto e il pellerossa si incammina fra i campi verso l’ignoto. Forse è questo il momento in cui Cheyenne sparisce e diventa uomo, proprio quando sta per giungere alla fine del viaggio. Il vecchio nazista è solo in una casa isolata nel nulla. Parla a lungo, dei capi arrivisti, di come ci si abitua ad uccidere, di come ha umiliato suo padre non uccidendolo ma deridendolo. Anche Mordecai Midler è giunto sul posto. Dall’auto sente uno sparo e poco dopo vede uscire dalla casa un vecchio nudo, scheletrico, che cammina a tentoni sulla neve.
 
''This must be the place''“Qualcosa mi ha disturbato” dice Cheyenne a Midler. La vendetta è compiuta, suo padre non è stato ucciso ma umiliato e il suo aguzzino altrettanto. Occhio per occhio, dente per dente, mai di più.  Cheyenne torna a Dublino e per la prima volta, sorridente senza mascàra né maschera, va ad abbracciare la madre del ragazzo. Cheyenne non c’è più, svanito col capo indiano. Si è ripreso la sua vita, è un uomo. Un film unico, intenso e coinvolgente, senza sbavature, con una eccezionale colonna sonora e interpreti perfetti.
E con un Sean Penn in stato di grazia, tanto in sintonia con l’ottimo Sorrentino da percepirne idee e sentimenti, farli suoi ampliandoli al massimo.
 
"This must be the place": vai all'approfondimento di Alessandro Matta e al consiglio di Elisabetta Randaccio
 19 ottobre 2011