"Colazione da Tiffany" di Blake Edwards

Dunque, alcune considerazioni, prima di parlare del capolavoro di Blake Edwards (anche lui, purtroppo, scomparso recentemente). Non è vero che i film belli non interessano; non è vero che i giovani vanno al cinema solo per blockbuster o commedie patetiche o cinepanettoni nauseanti; non è vero che, se il biglietto cala (in questo caso 4 euro) la gente non va, comunque, al cinema.

Non crediamo, infatti, che “Colazione da Tiffany” sia un miracolo nel deserto. I 50 anni, l’opera maggiormente famosa di Blake Edwars, non li dimostra per niente. New York, per esempio, è la stessa del nostro immaginario europeo, anche se la vetrina di “Tiffany”, nel quartiere di Wall Street non è più così attraente come quando Holly-Audrey Hepburn (meravigliosa) vi andava a mangiare la brioche e bere l’orribile caffè americano, osservando le composizioni dei gioielli creati dalla ditta statunitense (infatti i diamanti, in questo caso, non sono, come diceva la famosa canzone “ciò che desiderano le donne”, ma una composizione artistica.

Tratto da una novella inusuale di Truman Capote, lo scrittore, in quegli anni, maggior conoscitore della società e cultura newyorkese, è sceneggiata con perizia da George Axerold, il quale sorvola su qualche situazione ambigua, allude a prostituzione e promiscuità, ma con la giusta leggerezza e non con la pesantezza del taglio censorio. Così, le parole di Capote, grazie all’autore dello script e a tutta la squadra del film, diventano mito. Pensate alla toccante scena in cui Paul, il quale ha appena ritrovato la dignità del suo essere scrittore, sente dalla finestra Holly cantare. Si affaccia e c’è Audrey-Holly con una gamba fuori dalla finestra, appoggiata nella scala antincendio con la chitarra tra le braccia, un asciugamano turbante in testa che canta dolcemente “Moon river”.

Il film provoca risate e lacrime come ogni capolavoro. E se la squadra è perfetta, ovviamente chi domina un personaggio così bello, è la giovane Audrey Hepburn, emblema di donna già proiettata negli anni a venire, nei cambiamenti fisici e culturali delle ragazze degli anni sessanta e settanta.
