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Addio al maestro De Seta

E' morto a 88 anni il grande documentarista italiano. Amico dei sardi girò "Banditi a Orgosolo" uno dei film capolavoro della cinematografia italiana con cui vinse il primo premio come miglior opera prima Venezia. di Antioco Floris
 
Vittorio De SetaLO SPECIALE CINEMECUM

Ho incontrato Vittorio De Seta tre mesi fa a casa sua a Sellia Marina, sulla costa ionica, per ragionare di un libro su Banditi a Orgosolo. E in questi mesi ci siamo sentiti spesso perché ne scriveva l’introduzione e selezionava fotogrammi per integrare il ricco repertorio di immagini e documenti che mi aveva messo a disposizione. L’avevo conosciuto velocemente già anni prima in situazioni professionali e avevo approfondito la conoscenza nelle lunghe telefonate, in occasione dell’infelice esperienza dell’allestimento del museo De Seta a Orgosolo, quando per posta  mi mandava i documenti originali del suo lavoro in Barbagia. Mi colpiva la sua disponibilità e la pazienza con cui rispondeva alle nostre pressanti richieste di informazioni, dettagli, materiali, autorizzazioni.
 
''Banditi a Orgosolo''Ma ho capito subito di non essere un’eccezione e che lui era sempre disponibile e generoso del proprio tempo, pronto in ogni occasione a rispondere alle richieste di chiunque, che arrivassero dal Museo del cinema di Parigi e dal Moma di New York o da un giornaletto di provincia.
Sono arrivato a casa sua un pomeriggio di metà settembre ed ero emozionato. E non che fosse la prima volta che andavo a casa di qualche cineasta per chiacchierare del suo cinema. Ma Vittorio De Seta era qualcosa in più, il suo "Banditi a Orgosolo" aveva accompagnato la mia formazione cinematografica non meno di "Ombre rosse" o "Quarto potere" o "La corazzata Potemkin", poterne discutere approfonditamente con l’autore era entusiasmante. Ma sapevo di trovarmi in una situazione delicata.
 
Lui stesso mi aveva anticipato che il viaggio sarebbe potuto rivelarsi inutile, la forte depressione che lo ha colpito da più di un anno lo costringeva all’uso di farmaci potenti e non garantiva di avere le energie per riuscire a lavorare per il tempo che ci eravamo dati. L’ azienda in cui viveva, con un immenso uliveto che lui stesso aveva piantato (sbagliando la scelta del tipo di ulivo, mi disse, poco adatto al clima del posto), era ormai fatiscente, in parte abbandonata a se stessa, metafora di uno stato mentale di chi si sente dimenticato in un oblio inspiegabile.
 
De Seta sul set, negli ultimi tempiE proprio questa sensazione di essere stato non adeguatamente valorizzato e, negli anni recenti, trascurato dal cinema italiano gli pesava tanto da stupirsi che un piccolo docente universitario di periferia potesse attraversare mezza Italia per andare a discutere con lui.
L’età e la malattia lo avevano un po’ offuscato ma senza privarlo della lucidità nell’analisi e nella ricostruzione della sua esperienza professionale. E parlando si poteva toccare con mano quell’originale idea di cinema di derivazione neorealista che lo aveva segnalato fin dai primi lavori come una delle figure più interessanti del panorama nazionale. Un cinema impegnato, virtuoso, fatto con poche risorse economiche e tanta umanità. Un cinema non disposto a piegarsi alle regole del mercato o alla tanto diffusa logica del politicamente corretto. Il modo stesso di costruire la maggior parte delle sue storia ne evidenzia la grande sensibilità: un soggetto più o meno articolato si definisce nei dettagli con gli attori che interpretano le diverse parti e contribuiscono con il loro vissuto e la loro personalità a elaborare i dialoghi e le situazioni. Gli interpreti, quasi sempre non professionisti, diventano così soggetti attivi del processo creativo contribuendo all’invenzione della storia narrata.
 
''Banditi a Orgosolo''Il libro su "Banditi a Orgosolo", a cui teneva molto, rappresentava per lui l’occasione per riparlare di un metodo nato un po’ per caso e diventato uno stile tipico del suo cinema, ripreso in seguito anche da altri registi come per esempio alcuni esponenti del cinema in Sardegna quali Columbu, Mereu e Pau.
Ma era anche un’occasione per proporre questo esempio alle giovani generazioni troppo spesso soggiogate dai modelli semplificati del cinema commerciale e della televisione. E in due giorni di intense chiacchierate l’ unica raccomandazione non era per la qualità della ricerca sul suo lavoro ma per l’impegno nella formazione dei miei studenti.


Profilo

Vittorio De Seta nasce a Palermo nell'ottobre 1923. Negli anni cinquanta, interrotti gli studi di architettura, si avvicina al cinema e realizza alcuni documentari sulla realtà dei lavoratori in Sicilia ottenendo importanti riconoscimenti in festival internazionali.
 
Un giovane Vittorio De SetaDa questi primi lavori emerge uno stile raffinato ma asciutto e descrittivo di ispirazione neorealista che caratterizzerà anche le opere successive. Nel 1958 si trasferisce per qualche mese in Sardegna e da questa esperienza nascono Pastori di Orgosolo, Un giorno in Barbagia e Banditi a Orgosolo. Questo film, seguendo l’impostazione produttiva dei primi documentari, viene realizzato da De Seta in completa indipendenza.
Negli anni successivi realizza Un uomo a metà (1966) e L’invitata (1969) opere dal carattere intimista e sentimentale. Subito dopo lavora per la Rai alla trasposizione di Un anno a Pietralata, di Albino Bernardini, dove il maestro di Siniscola racconta la sua esperienza didattica in una scuola alla periferia di Roma. Il film, Diario di un maestro, programmato in Tv in quattro puntate nel 1973 e nelle sale, in edizione ridotta, nel ’75, ottiene un notevole successo e apre un dibattito molto sentito tanto che qualche anno dopo realizza, sempre per la Rai, Quando la scuola cambia (1978), quattro puntate su altrettante esperienze di scuola d’avanguardia.
 
Nell’80 prosegue la collaborazione con la Rai per le indagini La Sicilia rivisitata e Hong Kong città di profughi. In questi anni si ritira a Sellia Marina, in Calabria, a coltivare la tenuta agraria di famiglia e ritorna dietro la macchina da presa solo in rare occasioni: nel 1993 con il documentario di denuncia In Calabria, e nel 2004 con il lungometraggio Lettere dal Sahara, presentato come evento speciale alla 63° Mostra del cinema di Venezia (2006), che racconta l’odissea di un emigrato clandestino in Italia. Considerato in ambito internazionale uno dei grandi registi del cinema contemporaneo, negli ultimi anni Vittorio De Seta è stato al centro di una serie di omaggi in importanti festival in Europa e in America.
30 novembre 2011