Percorso

In Marina c’è Bastardi che gioca con Alice

Un corto, un flash mob, una favola metropolitana o una semplice provocazione? Intervista al regista della clip "Bunga Bunga Mix" che sogna una Cagliari con tanto di cineporto e che da grande vuole fare il regista. di Anna Brotzu
 
''White Rabbit''«Una favola metropolitana» pensata per il grande schermo e un flash mob: s'intitolerà “White Rabbit” (come il “Bianconiglio” di una moderna “Alice nel paese delle meraviglie”) il cortometraggio di Joe Bastardi – al secolo Giovanni Piras – giovane regista e filmmaker sardo che durante le riprese qualche giorno fa a Cagliari si è inventato un fermo immagine con la didascalia vagamente provocatoria “Qui non è Hollywood”. Momento clou di un progetto che ha trasformato alcuni angoli caratteristici dello storico rione della Marina fino a via Roma ma pure la terrazza del Bastione Saint Remy in un set con una troupe semi-professionale: al direttore della fotografia Claudio Marceddu (che aveva già collaborato con l'artefice del videoclip “BungaBunga Mix – The Redemption” per il film low budget “La terra dei padri”) si affiancano giovani allievi alle prese con la realtà della settima arte, e poi truccatori, tecnici, assistenti, trovarobe. E naturalmente attori e comparse e perfino musicisti: «Daniele Pili, il bassista dei Lost Brand, un gruppo musicale di Sestu (per cui avevo girato la clip del singolo“Hellisa”), ha scritto durante le riprese la canzone che diventerà la colonna sonora del film».
 
Qui non è HollywoodMa perché Cagliari (o la Sardegna) “non è Hollywood”?
Non certo perché mancano i talenti! Ci sono tanti registi e filmmaker indipendenti, che hanno fatto dei lavori eccellenti anche con mezzi precari; ci sono tantissimi artisti appassionati di cinema, ma servirebbero gli strumenti, le risorse, le opportunità. Volevamo lanciare un segnale con una piccola azione urbana: abbiamo bloccato la strada per fare il cartellone e c'è stata anche una certa risonanza, ne hanno parlato i giornali.
 
Lo scopo?
Una provocazione autoironica per far capire (a politici e amministratori) che si possono pensare soluzioni – ad esempio un cineporto che offra una base e una segreteria per organizzare le riprese potrebbe essere d'aiuto; e delle forme e meccanismi di finanziamento per sostenere le idee. Non si può sempre lavorare a costo zero: un corto come questo se avessi potuto mettere a busta paga chi ha partecipato sarebbe costato almeno 10mila euro, forse di più. Insomma: non saremo fighetti come in una certa Hollywood, però ci sappiamo fare. Vorremmo l'opportunità di dimostrarlo. E non è stato solo un flash mob: diventerà una pagina su cui pubblicare tutti gli eventi, le proiezioni, i casting, i cineforum e le notizie che riguardino il cinema.
 
''White Rabbit''Decima musa “nella rete” quindi. E “White Rabbit”?
La trama è quella di una “favoletta” metropolitana: una bambina che insegue i suoi sogni e ogni volta che si trova in un momento di difficoltà riesce a salvarsi estraniandosi dalla realtà empirica. In realtà il racconto si sviluppa su diversi piani: abbiamo costruito altri tre strati in profondità che attraverso i dettagli, la combinazione delle parole, la musica, i simboli offrono altre chiavi di interpretazione. E uno si rifà chiaramente ad Alice, la ragazzina descritta da Lewis Carroll e a quell'immaginario. La storia è anche un pretesto...
 
In che senso?
La situazione fiabesca mi ha dato la libertà di sperimentare sulle inquadrature e i movimenti di macchina, quasi complicandoli apposta in una sorta di allenamento sulle tecniche e il linguaggio, per dire in modo diverso, o magari più “difficile” dal punto di vista tecnico, quello che volevo raccontare... con dei piccoli piani sequenza in cui la macchina da presa non sta mai ferma. Ho avuto la fortuna che queste attrezzature per puro caso fossero in Sardegna...
 
''White Rabbit''Altra questione “spinosa”...
Sì, perché in assenza di investimenti e di un'industria cinematografica da diversi anni le attrezzature si devono affittare fuori dall'Isola e i costi salgono. Il paradosso è che le professionalità non mancherebbero, ma chi vuol fare questo lavoro finisce per emigrare... o cambiare mestiere.
 
Ora ci son pure borse di studio regionali per frequentare scuole di cinema...
La scuola può essere un punto di partenza per le conoscenze tecniche ma – a parte che anche lì bisogna andar fuori per studiare anche le nozioni base, si possono imparare solo sulla propria pelle, sbagliando di persona. E guardando i grandi registi, che il “loro” cinema l'hanno inventato. La teoria, le regole non bastano: bisogna provare, cercare, fare film. Io ho impiegato tre anni per levarmi le sovrastrutture della scuola e ritrovarmi al punto dove avevo cominciato, dal primo corto...
 
''White Rabbit''Film... da non perdere?
Malick e “The Tree of Life”: l'ho visto due volte e non smetterei di guardarlo, ogni inquadratura è un quadro. E “Il signore degli anelli”: il backstage con tutti i trucchi usati per il film è stato utilissimo...
 
Che succederà a “White Rabbit”?
Ho dei lavori urgenti da consegnare e alcuni di esami da dare all'università: non rivedrò il girato prima delle vacanze di Natale. Poi inizierò a montare ed è probabile che cancellerò tutto e ricomincerò da capo, anche più di una volta: mi succede sempre così. Per cui dovrebbe essere pronto in febbraio. Se il risultato mi soddisferà abbastanza, proverò a mandarlo a qualche festival. Per cercare di vincere dei premi e girare un altro film. Sennò... lo metterò direttamente su You Tube!
 
Di nuovo... in rete.
7 dicembre 2011
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