Percorso

Con Naitza il cinema non è più Proibito

Dopo il successo del documentario su Monicelli il giornalista prepara un nuovo lavoro sul Tiberio Murgia con un'inedita intervista parigina a Claudia Cardinale. Un ritorno in grande stile per la Rai sarda e per le produzioni di qualità. di Salvatore Pinna
 
''Proibito''«Per noi il cinema era “Proibito”», il film documentario di Sergio Naitza, non è l’ennesimo tentativo di affrontare il super-tema, inevitabile, di quanta Sardegna ci sia nel film “Proibito” (1954) di Mario Monicelli. Non che il problema sia eluso del tutto, ma esso si può sintetizzare  nel rammarico, forse sincero ma tardivo, dell’aiuto regista Giannarelli e soprattutto di Monicelli – le cui interviste compaiono nel documentario - per aver mancato l’occasione di fare un film italiano e, magari, sardo, invece di un melò western americano. Sergio Naitza ha fatto qualcosa di più e di diverso.  È andato ad indagare, nella forma del documentarismo d’inchiesta, su un ciak del passato di cui gli aspetti veramente importanti e sconosciuti riguardano l’impatto della lavorazione del film sulle genti di Tissi e dei paesi della Gallura dove il film è stato girato. Ne è venuto un bel film sull’avventura di un film di cinquantasette anni fa, che potrebbe intitolarsi “alcuni mesi straordinari della vita di Tissi e dintorni”.  

'' Per noi il cinema era ''Proibito'' ''Viene fuori la soave resa delle comunità sarde alle pacifiche truppe d’occupazione del grande cinema e la loro capacità di trarre dall’esperienza di quel mondo nuovo  indicazioni di una vita moderna e più libera. Emerge la rappresentazione  di qualità come sensibilità, dignità, ironia, consapevolezza, tutte forme di sardità meno note e meno reputate e che non erano, specie in quei tempi, nell’attenzione di chi produceva film.  “Per noi il cinema” mostra o fa immaginare la gente infervorata dalla lavorazione del film "Proibito”, spesso in trasferta per vedere, e possibilmente toccare, i divi non più di celluloide. Lea Massari che non aveva set a Chiaramonti era inseguita a Tissi e ad Aggius, oppure si andava a vederla a Ploaghe da dove doveva prendere il treno che l’avrebbe allontanata dall’amore impossibile per il suo parroco.  Nazzari era docile e gentile e da lui era facile avere l’autografo. Mel il Superbo, per gli autografi rinviava sempre all’ Albergo Turritana. Esilarante, a questo proposito, il racconto di un testimone che, capita l’antifona, mandava Mel Ferrer  a quel paese e l’attore rispondeva, come una macchietta programmata: “Albergo Turritana”.

'' Per noi il cinema era ''Proibito'' ''Incanta la vivacità dei ricordi e la precisione delle ricostruzioni. Del resto uno dei testimoni,  il poeta e scrittore di Chiaramonti  Tore Patatu, fu spettatore di molte riprese a Tissi ed è autore di un libro in cui ha analizzato meticolosamente ogni sequenza di “Proibito”. Mettendo insieme le varie testimonianze Naitza svela alcuni trucchi della regia. Ecco che la chiesa del paese di Aar è a Tissi per gli esterni, ma per gli interni è una chiesa sconsacrata di Martis, mentre la sacrestia è a Roma. Ne deriva una istruttiva  lezione sulla magia del montaggio come creazione illusoria della continuità temporale e spaziale.  Nelle ricomposizione di immagini operate dalla regia seconda di Naitza lo shock temporale è fatto vivere direttamente allo spettatore. Come quando un ex bambino del film, infilato da testimone adulto nell’inquadratura, fronteggia di nuovo il bambino, con cui, come da copione, aveva avuto un battibecco; o quando la sagoma del prete Ferrè si staglia sulla collina di Saccargia ad osservare, in campo lungo, la basilica romanica com’è oggi. 
Miracoli del cinema resi possibili dai mezzi tecnici ma anche  dall’irresistibile impulso delle persone a cercare persistenze, cambiamenti e assenze nel film che diventa un insostituibile parco emozionale della memoria anche quando si hanno a portata di sguardo i luoghi reali.  

'' Per noi il cinema era ''Proibito'' ''“Ogni tanto”, dice una testimone di Tissi, “io e mio marito ce lo mettevamo il film “Proibito” perché ci vedevamo Tissi in quel film, vedevamo quella chiesa.”  Sergio Naitza fa da diversi anni il giornalista multimediale. Con la stessa precisione e affabile competenza con cui scrive sulla carta stampata e realizza a Radio Sardegna, “Schermi sardi”, ha ordito, con spiccato senso del racconto,  la storia di un’esperienza umana, e antropologica, intensamente vissuta. Un’esperienza che fa dire ai protagonisti: “Quando sono venuti eravamo tutti allegri. Quando se ne sono andati abbiamo pianto.” E non solo perché il cinema dava soldi a chi ci lavorava. Ma perché era stata una cosa “troppo bella”, al punto che “è venuto male tornare alla vita di prima”.Questo film di Naitza (la fotografia è di Luca Melis e il montaggio di Davide Melis),  prodotto da Karel per la Sede Rai della Sardegna, fa sperare in un ritorno in grande stile della Rai sarda alla produzione di qualità.
 
''Proibito''Sarebbe  un bel viatico per il cinema sardo  che ha patito in questi anni l’assenza di quel laboratorio di creatività che la Rai sarda ha espresso nel decennio  concluso nei primi anni novanta. Intanto Sergio Naitza ha già ultimato la sua opera seconda. Si tratta di un documentario su Tiberio Murgia. Oltre ad immagini raccolte nel corso degli anni, il film utilizzerà riprese girate nell’ultimo periodo della vita dell’attore oristanese che Naitza ha seguito con affettuosa  discrezione. Il film conterrà anche un' intervista a Claudia Cardinale, l’ indimenticabile sorella Carmela di Ferribbotte, che il giornalista-regista è andato ad incontrare a Parigi. Il lungometraggio, di novanta minuti, si annuncia come un racconto rigoroso e sincero su Tiberio Murgia uomo avventuroso e attore vero. Che tornerà ad essere sardo perché del sardo aveva tutto, virtù e miserie.  
 
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7 dicembre 2011
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