Stampa

Prima e dopo - I. Sanna

"Grindhouse" di Quentin Tarantino

di Ignazio Sanna
 

 PRIMA DELLA VISIONE

‘Grindhouse’ è il titolo dell’ultimo film di Quentin Tarantino. Il più grande regista degli ultimi vent’anni. Oppure un autore sopravvalutato. Dipende dai punti di vista. Io sono più vicino al primo. Come riportato nel trailer del film, per Grindhouse s’intende “un cinema che proietta pellicole una dopo l'altra, contenenti sesso, violenza e altri elementi estremi”. Girato tra ‘Kill Bill 2’ e ‘Inglorious bastards’ (altro titolo suggestivo), è costituito da due episodi, ‘Death proof’ e ‘Planet terror’, il primo dei quali è stato scritto e diretto da Tarantino, il secondo da Robert Rodriguez (già regista di ‘El mariachi’ e ‘Sin City’). Il soggetto e la sceneggiatura di ‘Grindhouse’ si devono al team Tarantino, Rodriguez, Eli Roth, Edgar Wright e Rob Zombie.

Quest’ultimo, per chi non lo sapesse, negli anni Novanta è stato il leader del gruppo White Zombie, e ha esordito come autore cinematografico e regista con ‘La casa dei 1000 corpi’, un piacevolissimo horror psichedelico.Nel cast compare qualche nome noto: Nicholas Cage, Kurt Russell, Bruce Willis, Udo Kier (‘The end of violence’, ‘Dancer in the dark’).
Birra e patatine fritte, ed eccomi pronto per la visione

DOPO LA VISIONE

Avvertenza

Il ‘Grindhouse’ visibile nelle sale italiane è soltanto la prima metà del film, ‘Death Proof’. Da verificare se i finti trailer annunciati come parte integrante di ‘Grindhouse’ non si sono visti perché appartenenti a ‘Planet terror’ o per una scelta (per quanto possa essere assurdo) della distribuzione.
 
Superato l’inconveniente descritto, si può tranquillamente confermare che Tarantino si ripresenta nelle sale con un’opera divertentissima, carica di adrenalina e black humour, americana fino al midollo (si veda lo sproloquio dello sceriffo in ospedale). I protagonisti sono Kurt Russell e 8 (!) splendide fanciulle (menzione d’onore per Vanessa Ferlito, già vista nella serie tv CSI). Conoscendo la sfrenata libidine citazionista del Maestro non escluderei che Russell sia stato scelto anche per i due motivi seguenti: è nato a Springfield, anche se non si chiama Simpson, e ha iniziato la carriera come attore disneyano. E’ necessario aggiungere che l’America di ‘Death Proof’ non è quella di Walt Disney? Però può essere divertente se vi piacciono le auto da corsa. Avete presente ‘Crash’ di Cronenberg? Sì? Dimenticatelo. In un certo senso questo film ne è l’esatto opposto. L’ossessione descritta è più o meno la stessa, ma laddove la trasposizione dell’opera ballardiana era funerea, cupamente asettica e immersa nell’oscurità, il nuovo capolavoro di Quentin Tarantino, che ci si ritaglia una particina, è invece gioioso, carnale e scoppiettante  al punto giusto. Da una perversione descritta con elegante stile apollineo dal regista canadese alla medesima perversione descritta con adolescenziale piglio dionisiaco dal ragazzaccio di origini italiane. Occhio anche al contrasto b/n-colore. E poi c’è la musica: si comincia alla grande con il glam-rock inglese di Marc Bolan e i T-Rex (‘Jeepster’) per proseguire con una serie di classici (minori?) della Stax, americanissima etichetta discografica di soul e rhythm’n’blues degli anni Sessanta, fino alla scena finale del film, che si chiude con ‘Laisse tomber les filles’ di Serge Gainsbourg cantata da April March. Da applausi a scena aperta. E noi che in Italia ancora ce la meniamo con provincialissimi sottoprodotti di stampo vanziniano!