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Il documentario? Che gran lavoro

Parola del regista Nicola Contini che a Cinemecum svela  il nuovo lavoro con Marilisa Piga "Il segreto delle calze". di Salvatore Pinna
 
''Il segreto delle calze''Chi pensasse che fare un documentario sia una cosa semplice si deve ricredere. Intanto il documentario è un genere di film molto importante e dove, in Italia e in Europa, se ne capisce l’importanza ci sono molte istituzioni che se ne occupano dalla fase di ideazione all’accompagnamento nel mercato. Non c’è soltanto il processo ideativo e creativo (pensare, scrivere, filmare), e neppure soltanto il processo produttivo in senso stretto (organizzare la troupe, le location, le attrezzature). Occorre anche procurarsi le condizioni materiali della produzione: scrivere dei buoni progetti da farsi approvare, raccogliere soldi,  cercare finanziamenti tramite co-produzioni e  contratti di pre-acquisto.  È quello che si capisce incontrando Nicola Contini al quale abbiamo chiesto di darci delle anticipazioni sul progetto di documentario di cui sarà regista, insieme a Marilisa Piga e che si intitola “Il segreto della calze".  
 
Nicola ContiniNicola Contini  è una figura di cineasta moderno capace di affrontare, per amore o per forza, tutti gli aspetti tecnici e creativi della produzione audiovisiva e gli aspetti del piazzamento del prodotto. Se il documentario nella sua ideazione dà l’idea che sarà un buon racconto, il modo in cui arriva a “poterlo fare” è un’avventura tutta da raccontare. Soprattutto se sei un regista sardo, vuoi fare un documentario che non parla della Sardegna - anche se la può interessare neanche troppo da lontano, dato che racconta un viaggio nel ventre del drago cinese (e si sa che la Cina è veramente vicina) -  e aspira ad una diffusione nazionale e internazionale.
Il film prima del film è un percorso ad ostacoli nel terreno accidentato dei bandi privati e pubblici, degli incontri con le televisioni di tutto il mondo, dove Arte France è il top ma anche arrivare  Rai Doc.3 non è roba da poco.  Ci sono diverse tipologie di intervento: la coproduzione può fruttare cinquanta-sessantamila euro ma si deve sottostare ad un controllo costante della produzione. Una buona soluzione è il pre-acquisto.
Si incassa poco (cinque o seimila euro) ma si guadagna un’opzione di acquisto per futuri passaggi televisivi. Con le opzioni di acquisto si può partecipare ai bandi di “Antenna Media” il progetto, dell’Unione Europea che ha la sede italiana in Piemonte dove opera  il Doc Film Fund, attivo dal 2007, che garantisce puntualità dei bandi e regolarità dei pagamenti.
Anche la  Toscana Film Commission vuole vedere le lettere di pre-acquisto e sapere, preventivamente, le modalità,  nazionali e internazionali, di istradamento del film. La conversazione con il regista di “Marie Maria” e di “Zingarò”, inizia da qui: dall’incontro tra i filmaker con i propri progetti e il mercato potenziale.
 
YiwuCome avviene l’incontro con le persone che lavorano nelle reti televisive, nelle imprese di diffusione e distribuzione di documentari o nelle istituzioni?
Io ho partecipato, a  Firenze, all’Italian Doc Screening. Ho avuto questi incontri che si chiamano “1-To-1 Section”. Un potenziale acquirente, con cui ho preso un appuntamento, è il  rappresentante della Tv finlandese che ha fama di essere una grande acquisitrice di format italiani. È  seduto a un tavolino. Io mi siedo di fronte col mio bel computer e incomincio: il mio progetto si  intitola “Il segreto delle calze” ed è la storia di due anziani che sono andati in Cina…

La risposta?
La risposta è stata: non mi interessa.
E quindi?
Quindi mi sono messo a preparare, in inglese ovviamente, il mio intervento per il prossimo potenziale acquirente.

È  un esperienza che può essere devastante.
Il metodo è questo: sei in un ascensore e incontri un produttore. Il tempo che impieghi a salire al piano devi spiegare e convincerlo. Hai di fronte persone, che rappresentano il meglio delle TV europee, che hanno il compito di demolire il tuo progetto. A livello personale l’interlocutore può anche pensare che tu hai una una storia bellissima ma se per gli spazi del documentario all’interno del palinsesto questa storia non c’entra niente, hai perso un’occasione. Ho assistito alla presentazione de “La vera storia dell’uomo Plasmon” il personaggio dal fisico scultoreo che, negli anni '60 appariva negli spot Plasmon. Ha vissuto di tutto: la fama, i soldi, un arresto per spaccio di droga e 20 anni di carcere in Egitto. Una storia veramente forte. Un rappresentante della Tv canadese ha detto: non possiamo far vedere questo personaggio come positivo, non mi interessa.
 
''Il segreto delle calze''Nel vostro progetto c’è scritto che userete immagini d’archivio, filmati di famiglia, girati dai due protagonisti del documentario, in Toscana e in Cina. Poi ci sono le riprese a Jiwu, nelle fabbriche e in questa fantasmagorica città-supermercato dove si muovono Emilia ed Angiolo i due artigiani di Empoli che insegnano la calze ai cinesi. Quando incominciate a girare in Cina?
A metà giugno io e il direttore della fotografia andiamo in Cina con visto turistico. Non possiamo entrare con macchine professionali che acquisiremo mediante noleggi. Andremo con la 5D della Canon Mark II, quella con cui, per intenderci, Infascelli ha girato all’Asinara. Come fotografia è stupenda. Da un punto di vista estetico a me piace molto il fatto di cercare uno sguardo unico e in quadri abbastanza larghi. La fabbrica in questo senso ci avvantaggia perché ha degli spazi effettivamente grandi per filmare. Le nostre 5D ce lo consentono perché hanno delle belle prese lunghe. Allo stesso tempo è ovvio che la camera seguirà i due protagonisti, cercherà di dare il senso della scoperta attraverso i loro occhi.
Qual è la situazione attuale della vostra produzione?
Ci stiamo avvalendo di un piccolo fondo messo a disposizione della PAO FILM, ovvero da Marilisa Piga. Quest’anno abbiamo partecipato alla Toscana Film Commission e ci sono buone probabilità di avere il finanziamento.
 
''Il segreto delle calze''Avete previsto una distribuzione cinese, immagino.
Attraverso l’Istituto per il Commercio Estero abbiamo partecipato ad una giornata tra produttori italiani e potenziali acquirenti cinesi a Shangai. A quell’incontro c’era gente importante come il direttore della fotografia di Lanterne rosse. La casa di produzione LIC CHINA si è mostrata molto interessata al progetto. I suoi produttori esecutivi volevano addirittura acquistarlo. Ma è preferibile conservare la completa libertà estetica e andare verso forme di pre-acquisto.
Quando si potrà vedere almeno il montato grezzo?
A novembre ci sarà ancora il Doc Screening  e io conto di poter proporre un buon montato de “I segreto delle calze da mostrare alle TV e cercare delle opzioni di acquisto e di coproduzione.
Se dovessi raccontare la “storia in ascensore”, cosa direbbe?
È la storia di Emilia e Angiolo, due piccoli imprenditori toscani, che, dopo il fallimento della propria azienda di calze per signora, dal piccolo distretto industriale di Empoli emigrano a Yiwu, capitale mondiale delle merci a basso costo. Grazie al loro saper fare artigiano si sono trasformati a sessant’anni in protagonisti nel paese che sta cambiando la realtà nella quale viviamo e rinunciando a tutto hanno potuto recuperare la capacità di sognare e fare progetti insieme.
 
''Il segreto delle calze''Faccio il potenziale acquirente e le chiedo: quali sono i punti di forza de “Il segreto delle calze”?
Guarderemo attraverso gli occhi dei due personaggi questo mondo in divenire, questo cambio di centrismo che sta avvenendo proprio in questi giorni. Noi saremo Emilia e Angiolo e loro saranno il nostro sguardo su una realtà che non capiscono e non vogliono neanche comprendere in fondo. Uno dei punti di forza è il personaggio di Emilia: diceva che in Cina non ci sarebbe mai andata, perché i cinesi comprano le fabbriche ad Empoli, perché li costringono alla chiusura. I cinesi sono il nemico e lei non ha mai cambiato opinione su di loro. Mi piacerebbe riuscire a rendere  questo shock culturale. Poi c’è la loro vita quotidiana nell’immensa città cinese, la dipendenza dagli interpreti, il loro ruolo di ingegneri delle calze, come li chiamano lì, indispensabili ingranaggi della grande macchina industriale ma allo stesso tempo destinati a obsolescenza quando il loro ruolo di trasmettitori di competenze sarà esaurito. Conto di tornare a trovarli a dicembre e di filmare il loro addio alla Cina dopo sette anni di permanenza passati a insegnare ai cinesi il segreto delle calze.
È inutile aggiungere che, a questo punto, l’ascensore è arrivato al piano.
6 giugno 2012