Percorso

"Ritorno a Zara" di A. Lotta

 Il film a settembre a Nuoro. di Salvatore Pinna 
 
''Ritorno a Zara''Pur avendo dato una eccellente prova di regia in “Murrasarda” (2009) e in altri lavori Andrea Lotta si reputa un montatore più che un regista. Anzi si schermisce se lo si chiama regista come se tendesse a nascondersi in una prudenziale modestia. Quella di montatore, peraltro, è una vera vocazione scoperta facendo l’assistente al montaggio di “Jimmy della Collina” di Enrico Pau. Dove aveva considerato che il ruolo di assistente alla regia, svolto per lo stesso film, non gli si confaceva. “Facendo con Pau l’assistente al montaggio ho capito che il mio lavoro era là. Come uno scrittore: le parole esistono, ma bisogna saperle mettere una dopo l’altra, trovare quella giusta, pensare, poter ritornare sui proprio passi, cambiare, stravolgere e avere il tempo per farlo. Ho trovato il tavolo su cui poter mettere tutta la mia fantasia e la mia creatività.” Tuttavia la sua seconda opera importante da regista, “Ritorno a Zara”, è stata selezionata  al prestigioso Sieff, che si svolgerà a Nuoro nel mese di settembre.
 
''Ritorno a Zara''Si tratta di un documentario di 38 minuti che racconta il viaggio di nonna Bianca Kalmeta, una ottantenne signora cagliaritana, a Zara, sua città d’origine, dopo sessant’anni di assenza.  È un film che racconta fatti storici, della Storia con la maiuscola: un esodo a Zara di trecento anni fa di una comunità albanese per sfuggire alla persecuzione religiosa dei turchi,  la seconda guerra mondiale, l’occupazione tedesca, l’esperienza antica ma sempre attuale, ancora oggi tragicamente attuale: quella del migrare, dello sradicamento, dell’essere esistiti nella terra di nessuno dei campi profughi, dell’ospitalità sospettosa se non ostile dei luoghi di accoglienza. Ma è soprattutto un viaggio in quel paese universale (che anche perciò rende universale il messaggio del film) che è l’età dell’infanzia e della giovinezza. Proprio perché al centro c’è la vita, i temi si affollano senza appesantimenti, senza forzature, e senza intenzionalità ideologiche. Essi sgorgano dal racconto della protagonista, dalla sua visita nei luoghi sognati.
 
''Ritorno a Zara''Nonna gira per la città. I suoi passi, i suoi incontri, sono cadenzati da una bella colonna musicale che non la lascia mai se non in alcuni momenti in cui il silenzio si fa importante. È come  una guida esperta eppure capace di provare  le sensazioni di un visitatore ingenuo. “Mi sembra tutto un sogno, tutto un sogno!” “Che belle isole mie! Mamma mia, aria mia respirerò, che bello!”  “Che bello il mare, guarda! Ecco la mia casa laggiù.” “Ho vissuto in un mondo di favola.” Il suo ricordo è sobrio e lucido e persino refrattario alla commozione  quando spiega la guerra, l’occupazione tedesca, la pace che porta un’altra occupazione, quella del comunismo di Tito. O quando racconta come è maturata la decisione di optare per la Sardegna, mentre erano nel campo profughi di Zara diventata slava, si ha proprio l’idea della costruzione dell’identità fluida, fuori dalle mitologie: “Mio padre era fanatico di caccia e pesca. Fa a mia madre: vado a vedere com’è la Sardegna. Al ritorno dice: Bettina il mare come da noi! La terra brulla, caccia e pesca! E siamo venuti in Sardegna. Me ne fregava a me!”.
''Ritorno a Zara''L’osservazione della nonna rievoca un aspetto privato e familiare con un tono di disappunto che resiste dopo sessant’anni. Personaggio davvero straordinario Nonna. La narrazione del documentario si sviluppa, prevalentemente, nel viaggio e nella visita a Zara di oggi e nei ricordi di quella passata. Quello che la visita non dice da sé viene integrato dalla protagonista con degli inserti ad hoc girati nel salotto di casa sua sullo sfondo di un vaso di candide rose finte. Non si tratta di inserti didascalici, con lo scopo di colmare un deficit informativo. In realtà questi inserti sono resoconti di viaggio, supplementi di racconto,  debiti ancora da pagare alla memoria. Come quando Nonna Bianca riferisce della sorpresa provata nel non aver provato emozione nel vedere la vecchia casa, tanto amata. Mentre la commozione le soffoca in gola una bugia impossibile da sostenere. Gli inserti interrompono racconti iniziati e interrotti che finiscono per creare la suspense.
 
''Ritorno a Zara'', sul setTutto si sistema, il puzzle si ricompone nel montaggio.  Perché effettivamente il regista Andrea Lotta conferma una mano narrativa di cui ha dato prova in “Murrasarda” e persino negli spot “Romafictionfest” (2009) e “I segreti di una fiction” (2010) che sono narrazioni concentrate. Del resto il viaggio, per definizione, inizia veramente solo dopo il ritorno.  E allora il momento del ritorno è anche quello della consegna del dono. Il dono della spiegazione del senso del viaggio e della memoria. La consegna si fa esplicita ed è per lo spettatore come una rivelazione. Quella deliziosa signora è la Nonna dello stesso regista e il nipote è il principale destinatario del dono fatto anche per conto del Nonno defunto cui Bianca Kalmeta ha fatto celebrare a Zara una messa di suffragio: “È bello che tu sappia dove sono nata, dove è nato tuo nonno.” Ma alla fine c’è ancora il premio per tutti dell’autenticità, dell’arguzia, del tono che rifugge dal patetismo: “Devo essere sincera, faceva anche a me piacere andare.”  
25 luglio 2012
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