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La Donna di Carta: dramma e resurrezione

A novembre il primo ciak del film di Giovanni Coda, con la sceneggiatura di Francesca Falchi. E dopo la première veneziana “Il Rosa Nudo” - primo capitolo della trilogia sulla violenza di genere - approda a Seattle e nel 2014 in Nuova Zelanda. di Anna Brotzu

''La donna di carta''DOPO L'ARTICOLO LA GALLERIA DELLA CONFERENZA STAMPA

Sguardi e gesti immortalati da un bianco e nero che annulla il colore e sospende la storia in una dimensione senza tempo, in un altrove possibile che è anche qui e ora.

Volti incantevoli per raccontare la favola triste di un “amore” malato, o meglio un fraintendimento d'amore, un'inquietante perdita di senso, un corto circuito per cui il linguaggio della passione diventa ingannevole strategia di dominio, puro e semplice gioco di potere. “La Donna di Carta” di Giovanni Coda, fin dai primi frames del teaser - presentato in anteprima alla 70ª Mostra del Cinema di Venezia - svela l'ambiguità di un viso angelico che nasconde un cuore di tenebra, cattura l'istante fatale in cui un sorriso tenero si corrompe in una smorfia di rabbia, l'inizio di un tragico crescendo di dolore e violenza che appartiene sempre più alle cronache quotidiane. Sfida ardua, per una narrazione che affronta l'orrore – e l'assurdità – degli abusi perpetrati nel segreto delle mura domestiche, con un copione che si ripete con infinite variazioni sul tema nei più diversi contesti culturali e sociali, trovare la chiave simbolica di una possibile catarsi, la resurrezione di un'anima ferita e offesa. Il film - cuore della trilogia intitolata “Appunti, storie, parole, immagini: ricerca e visioni sulla violenza di genere”, iniziata con “Il Rosa Nudo” e che culminerà con “It Gets Better” ispirato alla vicenda di Jamey Rodemeyer (l'adolescente statunitense che si è tolto la vita dopo aver denunciato pubblicamente in un video pubblicato su Youtube gli atti di bullismo subiti in quanto omosessuale) - si avventura sui sentieri pericolosi di un viaggio nella mente del carnefice.

Francesca FalchiLa scrittura di Francesca Falchi, attrice e dramaturga sempre più proiettata sulla ribalta nazionale, vincitrice di importanti premi e riconoscimenti, che firma la sceneggiatura densa di poesia (tradotta per il grande schermo da Sergio Anrò),  si fa racconto duale, in un contrappunto scandito dalle voci e dai pensieri dei due protagonisti, insieme alla crudezza dei  referti clinici sulle lesioni.
«Dal momento che la violenza nasce comunque da una complicità tra un maschile che agisce ed un femminile che subisce, ne “La Donna di carta” il punto di vista è duplice» spiegano nelle note regista e sceneggiatrice, sottolineando come quel meccanismo perverso sia sostenuto da «ragioni e considerazioni ineccepibili secondo chi le agisce e le subisce dall'interno».

Per cercare le origini di una spirale di dolore e follia, per comprendere e contrastare un fenomeno così diffuso da legittimare l'uso di un termine urticante ma inequivocabile come femminicidio a significare la conta di una strage, in Italia e nel mondo, è necessario indagarne la matrice culturale con il rischio implicito nella consuetudine al silenzio e nella vergogna, e perfino il filo di un ragionamento che porterebbe all'autogiustificazione del colpevole (e della vittima), quando non all'accettazione e assoluzione sociale.

Giovanni CodaIl film di Giovanni Coda e Francesca Falchi racconta una storia particolare, rendendola emblematica e quindi universale, privilegiando – come già ne “Il Rosa Nudo” - l'astrazione di un racconto fotografico e la sobrietà del bianco e nero che non cancella, anzi accentua i segni della violenza, i lividi, le lacerazioni, le fratture di un diario dell'incubo impresso sul corpo e sulla psiche come le pieghe del volto, e le tracce simboliche di un'incarnazione del dolore. Il racconto per immagini è affidato alla sensibilità e al talento di due giovani interpreti, Noemi Medas e Antonello Pisu, e all'artista e (in questo caso) performer Maria Jole Serreli, trasfigurata in icastica proiezione di inquietudini e paure, rabbia, amarezza e disincanto, specchio delle anime imprigionate in una discesa agli inferi, che si rovescia in una inattesa catarsi con un'affermazione di dignità e libertà. Infatti «“La Donna di Carta” non è la storia di “morte annunciata”: è la storia di una resurrezione “voluta” che nasce non dalla debolezza ma dalla forza; il film vuole raccontare una vittoria (su di sé, sull'altro da sé) e non una sconfitta; e vuole essere testimonianza di anime ritrovate e non di corpi perduti. Perché non è la morte a dover far notizia. Ma la vita».

Interessante e peculiare – nonché perfettamente in linea con la tematica del film, secondo capitolo della trilogia sulla violenza di genere firmata da Giovanni Coda, che tocca temi scottanti e attuali con l'intento di incidere sull'immaginario e dunque sulla società – la formula produttiva de “La Donna di Carta”, con un progetto che mette in campo preziose sinergie e punta sul crowdfunding per reperire parte delle risorse.

''La donna di carta''Fondamentale la collaborazione tra i produttori Labor Cinema e ReindeerCatSolutions e l'associazione Donna Ceteris, promotrice in Italia del primo “Centro Antiviolenza” contro la violenza domestica e lo stalking; e sarà a breve attivata (anche grazie al prezioso supporto della Sardegna Film Commission) una piattaforma per il crowdsourcing, che renderà possibile, per chi lo volesse, sostenere economicamente il film. Le riprese inizieranno a metà novembre e il film dovrebbe essere pronto in dicembre – la lavorazione si svolgerà parallelamente a quella del terzo capitolo della trilogia, il lungometraggio “It Gets Better” sulla storia di Jamey Rodemeyer. La particolare cifra stilistica e il linguaggio intensamente “fotografico”, già sperimentati ne “Il Rosa Nudo” - con interessanti riferimenti al lavoro di artisti come Francesca Woodman, Robert Mapplethorpe e Richard Avedon – ricorreranno anche ne “La Donna di Carta”: film squisitamente d'autore, quindi, ma anche rigorosamente low budget, seppure impreziosito dalle musiche di Marco Rosano con un emozionante Stabat Mater (che il compositore ha generosamente messo a disposizione del film), con scene e costumi di Giuseppina Pisu e l'illustrazione / simbolo del progetto realizzata da Silvia Ciccu.

L'illustrazione di Silvia CiccuEn attendant ulteriori notizie e aggiornamenti su “La Donna di Carta” e relativo crowdfunding (e su “It Gets Better”) intanto continuano i positivi riscontri per “Il Rosa Nudo”: il film di Giovanni Coda,  proiettato in anteprima nazionale all'edizione 2013 del Torino GLBT Film Festival - Da Sodoma a Hollywood, e inserito quale evento speciale, “per il suo alto valore artistico, storico e morale”, all'interno della 7ª edizione del Queer Lion Award nel corso della 70ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, sbarca negli States. “Il Rosa Nudo” è stato infatti selezionato come finalista nella categoria Narrative – Feature (lungometraggi) al Social Justice Film di Seattle dedicato ai film che con il loro impegno civile ambiscono a cambiare la società con una visione nuova e creativa e sarà proiettato sabato 12 ottobre al Rainier Valley Cultural Center. E per il 2014 già si parla dell'Out Takes Film Festival in programma ad Auckland, in Nuova Zelanda.


 

Focus sulla sceneggiatura. Francesca Falchi


La donna di carta - storia emblematica di una “morte annunciata” (e di una resurrezione): come nasce il progetto?
Il progetto nasce da una richiesta di Giovanni Coda al quale mi lega un’amicizia di lunga data. Mi ha chiesto di scrivere una sceneggiatura che parlasse di violenza contro le donne dandomi una totale libertà stilistica e narrativa.

Eros e thanatos... quasi un topos letterario che si traduce, troppo spesso in realtà, in una versione malata o comunque contorta dell'amore. Lei – insieme al regista - però ha scelto di descrivere la vita contro la morte. Qual è l'idea che muove il film?
Giovanni mi ha dato un’unica indicazione: la storia doveva avere un finale luminoso che si opponesse in maniera decisa al buio della violenza. Cosa sulla quale mi sono trovata d’accordo anche per la mia natura, combattiva piuttosto che rassegnata. L’idea è dunque la reazione vitale che si contrappone all’azione mortale

Per “La donna di carta” avete scelto una forma narrativa simbolica, ma seguendo uno sviluppo lineare o per flashback, frammenti, pensieri?
Il racconto “letterario” si sviluppa secondo il mio stile fortemente poetico e si inserisce perfettamente nella liricità “visiva” di Giovanni. C’è sempre stata molta affinità tra la mia scrittura e la sua, pur utilizzando mezzi espressivi diversi.

Qual è il punto di vista (se c'è): soggettiva di uno o l'altro personaggio, un io narrante, una visione oggettiva?
Ci sono un maschile ed un femminile che descrivono e si descrivono.

Lei ha scritto diverse pièces teatrali, con importanti riconoscimenti: com'è  stato l'incontro con la decima musa?
Interessante, perché la persone coinvolte in questo progetto sono interessanti ma soprattutto artisticamente ed umanamente splendide. Mi piace lavorare nello “splendore” e se si dovessero verificare altre situazioni di questo tipo non esiterò se invitata a prendervi parte.



LA GALLERIA DELLA RASSEGNA STAMPA

 


9 ottobre 2013