Stampa

Cinema e Nazismo: Il Rosa Nudo a Venezia

Intervista al regista Giovanni Coda: il dramma dimenticato degli omosessuali perseguitati e internati nei lager, con un breve diario veneziano e un (auto)ritratto d'autore. di A. B.

''Il rosa nudo'' foto di G. CodaCLICCA PER LA RECENSIONE

Non è un film "facile" Il Rosa Nudo di Giovanni Coda, ma un film necessario perché nel restituire la voce alle vittime dimenticate riscrive una pagina della Storia del Novecento: tra gli orrori del Nazismo, oltre alla persecuzione degli ebrei e degli zingari, e degli oppositori politici, c'è stata quella degli omosessuali.

Donne e uomini discriminati, deportati, torturati e uccisi per l'unica "colpa" (inesistente) di non rispondere ai canoni della presunta superiorità della "razza ariana".
Presentato in anteprima al Torino GLBT Film Festival - Da Sodoma a Hollywood e poi a Venezia, come evento speciale della settima edizione del Queer Lion Award nell'ambito della 70ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, il film di Giovanni Coda sarà proiettato sabato 12 ottobre al Rainier Valley Cultural Centre di Seattle, nella rosa dei finalisti del Social Justice Film Festival; tra gli ospiti della kermesse anche Helen Prejan, autrice del romanzo Dead Men Walking e attivista per l’abolizione della pena di morte e l’attore Danny Glover che presenterà il suo ultimo film “Tula: the Revolt” basato sulla storia del leader della rivolta degli schiavi nella colonia olandese di Curacao nel 1795. Il tour internazionale de “Il Rosa Nudo” già approdato nelle sale dell'Isola,  proseguirà anche nei 2014: tra i prossimi appuntamenti, l'Out Takes / A Reel Queer Film Festival di Auckland in Nuova Zelanda. La parola all'autore.

Come (e quando) nasce l'idea del film?
L’idea del film è nata nel 2007 mentre leggevo on line alcuni passi tradotti da un libro che non conoscevo. Era la biografia di Pierre Seel, un vecchio signore francese che raccontava la sua storia di deportato omosessuale nel periodo compreso fra il 1940 e il 1945. Mi colpì moltissimo, la storia della deportazione di questo  - all’epoca - ragazzo di 17 anni, e soprattutto il dopo deportazione, la storia che racconta di come le democrazie occidentali abbiamo di fatto discriminato e condannato a nuove violenze coloro che il regime nazista aveva già sufficientemente “torturato, violentato e ucciso”.  Proposi il progetto all’Asmed di  Paola Leoni e Guido Tuveri e con la produzione del Balletto di Sardegna naque lo spettacolo teatrale “Il Rosa Nudo”. Fu un grande successo di critica e pubblico ma il progetto si arenò per problemi economici legati soprattutto agli spostamenti di un cast composto da 11 presenze fra attori, ballerini e performers. Dopo questa esperienza c’è stato  “Il Rosa Nudo” come studio fotografico che ha prodotto a Barcellona due collezioni di 18 scatti ciascuna per concludersi con la produzione dell’omonimo film.

Pierre SeelE soprattutto come è arrivato a una scelta stilistica così particolare? Quasi... da fotografia d'arte... in bianco e nero?
La scelta stilistica del “Rosa Nudo” è perfettamente in linea con le scelte effettuate sia in termini di inquadrature che fotografici, nei  miei precedenti lavori e mi riferisco a “One TV Hour” e “Big Talk” in particolare.  Qui abbiamo reso omaggio ad una sorta di sintesi in cui la video arte si lega indissolubilmente con il cinema classico.

Il film ha avuro una gestazione lunghissima e travagliata: quali sono state le difficoltà  - artistiche e “pratiche” nel realizzare il progetto?
Il film è stato prodotto in 4 anni di duro lavoro e complessi esperimenti cinematografici. E’ stato prodotto con la formula del Crowdfunding ed è un film ad altissimo budget se teniamo conto dell’impegno umano e la passione per l’arte con cui è stato realizzato.

Ha cercato il sostegno delle istituzioni?
Abbiamo chiesto un contributo alla Provincia di Cagliari senza aver avuto alcuna risposta.  Per il resto non sono stati chiesti finanziamenti a nessun altro.

In Sardegna esiste (dal 2006) la legge cinema: ha partecipato ai bandi?
Solo quelli legati ai Festival con il V-art di cui curo la direzione artistica sin dalla prima edizione del 1996.

Il Rosa Nudo ha esordito nelle sale lo scorso aprile (2013): qual è stato il riscontro di pubblico? E di critica?
Ottimo sotto tutti i punti di vista. Incassi che hanno pareggiato il bilancio, un pubblico numeroso e attento e ottime critiche.

Giovanni CodaIl Rosa Nudo mette in luce una storia spesso dimenticata... ma tocca anche un punto attualissimo: le discriminazioni e persecuzioni contro il popolo GLBT sono tutt'altro che un ricordo del passato. Che tipo di attenzione e di risposte ha suscitato il film a livello politico-istituzionale?
Il Rosa Nudo è un film difficile che tocca un tema incandescente ancora oggi. Il fatto stesso che nessuna Istituzione abbia voluto legare il suo nome a questo prodotto la dice lunga. Se poi ci riferiamo alla Fondazione Sardegna Film Commission qui le cose sono al limite della censura. Non abbiamo mai ricevuto nessuna risposta alle nostre richieste di sostegno promozionale e non solo da loro ma anche da tutte le più alte cariche politiche regionali che abbiamo coinvolto nella questione.

Intorno a Il Rosa Nudo è nata una discussione sull'attenzione della politica al cinema d'autore... e verso tematiche e problematiche GLBT. E lei stesso ha sottolineato il “silenzio” delle istituzioni... dopo l'uscita de il Rosa Nudo, qualcosa è cambiato?
Non ancora.


 

La Mostra del Cinema di Venezia ha ospitato il film come evento speciale al Queer Lion Awards: il racconto di Giovanni Coda


Venezia è arrivato a coronamento di un grande impegno distributivo del nostro film, subito dopo la première al Torino Glbt Film Festival e la bellissima data al Festival Gay Village di Padova dove Daniel L. Casagrande ed il critico cinematografio Vincenzo Patanè hanno   presentato ad una foltissima platea il film. L’invito con la motivazione relativa ai (meriti e valori storici, morali e artistici) è arrivato dal Casagrande (ideatore e curatore del Queer Lion Award) e ci ha davvero sorpresi. La proiezione del film con quasi tutto il cast presente in sala e sempre a cura di Vincenzo Patanè è stata bellissima e ha riscosso molto successo e apprezzamenti da parte di Josefa Idem e Franco Grillini che erano in sala ma anche del pubblico presente.
L’atmosfera era bellissima e per l’occasione abbiamo presentato in anteprima anche il Teaser del mio nuovo film “La donna di carta” sceneggiato da Francesca Falchi e interpretato da Noemi Medas, Antonello Pisu e Jole Serreli, musicato da Marco Rosano e curato per le scene e i costumi da Giuseppina Pisu. Per questo film lavoriamo in collaborazione con il centro antiviolenza Donna Ceteris che era presente a Venezia con il suo presidente Silvana Maniscalco e la dr.ssa Antonella Pirastru.
Venezia arriva dopo 23 anni di intensa attività sia come regista, fotografo e autore dei miei film. 25 anni segnati da un crescendo di interessi e riconoscimento nazionali e internazionali. Gli esordi dedicati alla sperimentazione audiovisiva e proposti al Teatro dell’Arco fino ad arrivare ai premi di Spoleto, Arezzo, Catania e Palermo, Londra e Madrid. Poi le monografiche a Tokyo, Londra, New York, Parigi, Barcellona, Francoforte e Colonia, il Festival V-art Tour e tanto altro.  Il tutto senza soluzione di continuità, senza mai interrompere un percorso formativo in cui si sono avvicendati maestri del calibro di Oscar Manesi, Mario Merlino, Carlos Colombino, Isaac Julien, Mark Nash, Leonardo Carrano, Ana e Helga de Alvear, Pedro Sanchez, Manel Úbeda e Nuria Gras, Aldo Braibanti, Gianni Toti, Giampaolo Berto, Fulvio Wetzl, ma anche Clara Murtas, Mario Faticoni, Tino Petilli, e negli ultimi anni Irma Toudjian, Dario Piludu, Gabriella Locci, Francesca Falchi, Paola Leoni, Salvatore Ligios, Machina Amniotica e tanti altri artisti che hanno condiviso con me idee, lavori, sensazioni.
Ora ci sono alcune grosse novità all’orizzonte, ci sono altre avventure e una di queste inizierà già a metà ottobre... (è troppo presto per parlarne ma vi terremo aggiornati).



Giovanni Coda e il cinema: 4 domande per un autoritratto

I suoi esordi... dietro la macchina da presa?
1998 con una Philips Handycam

Qual è il suo rapporto con la settima arte? Quali – se ci sono – maestri e riferimenti?
Il rapporto con il  cinema  è stato sempre strettissimo nonostante le mie lunghe frequentazioni nel campo della video arte. Frequentazioni che  mi hanno dato modo di sperimentare tanto e di confrontare generi e stili diversi. I maestri per uno con il mio background sono Greenaway, Jarman, Gianni Toti, Bill Viola, Stan Douglas ma anche Pasolini, Germi e  Carmelo Bene.

Ritiene che il cinema  - e l'arte – abbia un ruolo sociale e politico?
Sì, certamente. Il Cinema è senza dubbio lo strumento di comunicazione, dopo la rete, più importante per lanciare messaggi e veicolare idee e notizie. Se faccio l’esempio con “Il Rosa Nudo” posso tranquillamente affermare che la storia che in esso narriamo non la conosceva, in Italia e non solo,  praticamente nessuno. Il mio cinema l’ha portata a conoscenza di tantissima gente che neanche immaginava l’esistenza di questi fatti.

Qual è la sua idea di cinema?
Il cinema è sperimentazione e comunicazione da un lato e commercio dall’altro. Molto spesso le due cose non coincidono. Molto spesso bisogna avere il coraggio di fare scelte anche contro corrente, anche rischiose se ne vale la pena, se esiste quell’impellenza alla comunicazione che con l’arte si tende a soddisfare, che l’artista con la sua arte tende a soddisfare.
Il mio lavoro è sempre stato quello di “comunicare” e non quello di “mostrare”. Questo  a discapito dei finanziamenti e delle facili e proficue frequentazioni del potere.
Non sono mai stato minimamente interessato alle cose “ovvie” e a queste ho sempre preferito temi intriganti, oscuri, finanche pericolosi. Il resto lo lascio volentieri a coloro che sanno perfettamente dove andare a bussare e che quando bussano hanno sempre una “storia”  adatta all’occasione.

 

Trailer de Il Rosa nudo

 

9 ottobre 2013