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"Searching for Sugar Man" di Malik Bendjelloul

di Pinuccio Bussu

''Searching for Sugar Man''Cosa sarebbe successo se la Germania Nazista avesse vinto la seconda guerra mondiale? E se James Dean non si fosse schiantato con la sua Porsche? Se Bob Dylan non fosse andato a vivere al Greenwich Village? E se Stanley Kubrick avesse deciso di dedicarsi solo alla fotografia?

What if. E se? Con questo stratagemma, vecchio come il mondo, sono state raccontate innumerevoli storie. Storie che spesso disegnano uno scenario probabilmente irrealizzabile, altre volte invece qualcosa di più plausibile, ma le cose della vita hanno portato in un’altra direzione. La maggiore parte di queste storie sono però enormemente affascinanti, come quella di Sixto Rodriguez, protagonista del documentario musicale “Searching for Sugar Man”, una storia meravigliosa e quasi incredibile, l’eterna riproposizione del topic del grande talento al posto sbagliato nel momento sbagliato. E’ successo innumerevoli volte, per esempio, con i fantastici Big Star, inspiegabilmente ignorati pur essendo poi diventati Il Riferimento per eccellenza di migliaia di band rock in tutto il mondo.

''Searching for Sugar Man''Oppure con gli australiani The Go-Betweens, con il loro meraviglioso e cristallino pop chitarristico incredibilmente ignorato dalle classifiche. Ma la storia di Rodriguez è molto diversa, pur essendo paradossalmente simile, allo stesso tempo. E il documentario, trasmesso in anteprima in Spagna nel 2012 nell’imperdibile festival di documentari musicali In-Edit, racconta questa storia in modo meraviglioso
La Detroit degli anni sessanta non era ancora l’ammasso di rovine post-industriali che è diventata oggi. Era ancora la Motor city, dove l’economia girava ancora attorno all’industria automobilistica. Ma era anche la Detroit Rock City, come la chiamarono i Kiss. A parte la Motown e la musica black e soul, si sentivano anche altre cose seminali, come per esempio gli incendiari MC5 e gli altrettanto devastanti Stooges. Ma c’era spazio anche per i cantautori busker armati solo di chitarra, voce e armonica che nei bar malfamati della città del Michigan seguivano le orme di Dylan. Uno di loro si chiamava Sixto Rodriguez, figlio di immigranti messicani che girava per quei baretti con la sua chitarra, cantando di amori andati a male e soprattutto dei reietti e dei poveri diavoli che tentavano di sopravvivere in qualche modo nella grande e spietata metropoli.

''Searching for Sugar Man''Un giorno, mentre suonava al “Sewer by the sea”, venne notato da due produttori della Sussex Records, che lo convinsero a firmare un contratto con loro. Nel 1970 Rodriguez, come decise di farsi chiamare, pubblicò il suo primo album “Cold Fact”, una raccolta di meravigliosi abbozzi metropolitani di denuncia politica e sociale, che parlavano della vita di strada in modo poetico, disarmante e dolorosamente sincero. Poteva essere la nascita dell’ennesima nuova stella, dell’anelato (ancora oggi) nuovo Bob Dylan. Ci furono recensioni estasiate, con molti che dicevano fosse addirittura meglio di Dylan, quindi tutto sembrava portare al grande successo di un predestinato. E invece non successe nulla: il disco fu un vero e proprio fiasco commerciale. Rodriguez pubblicò anche un secondo disco, nel 1971, “Coming from reality”, ma il risultato fu esattamente lo stesso: numero ridicolmente basso di copie vendute e totale anonimato. L’etichetta cancellò il contratto e il “nuovo Dylan” si ritrovò per strada, sparendo dalla circolazione.
Il documentario “Searching for Sugar Man”, diretto dallo svedese Malik Bendjelloul, inizia proprio così, raccontando degli inizi di Sixto Rodriguez, dell’illusoria speranza di diventare una star e del ritorno alla dura realtà dell’anonimato più assoluto. Ma nel frattempo succedeva l’impensabile.

''Searching for Sugar Man''In qualche modo qualcuno dei pochissimi dischi venduti da Rodriguez arrivò in Sudafrica, nei primi anni settanta. Un Sudafrica allora in pieno, durissimo apartheid, dove oltre al razzismo di stato imperava una ferrea censura su tutto quello che poteva apparire sovversivo. E “Cold Fact” e “Coming from reality” erano ovviamente visti come dischi “pericolosi”, da non far circolare. Eppure le cose andarono diversamente e le splendide canzoni di denuncia del musicista di Detroit divennero la colonna sonora dell’opposizione liberal bianca sudafricana al regime, portanto Rodriguez a diventare famosissimo in Sudafrica. Il regista visita Cape Town, dove diversi giornalisti e proprietari di negozi di dischi spiegano quanto fosse diventato famoso Sixto, praticamente al livello di Beatles e Rolling Stones. Eppure, nessuno sapeva niente di lui. Giravano le voci più strane, che parlavano addirittura di suicidio sul palco al termine di un concerto, che si fosse dato fuoco on stage, che si fosse sparato in testa. Ma nessuno sapeva con certezza cosa fosse successo, dove fosse vissuto, se fosse davvero morto oppure ancora vivo da qualche parte. A fine anni novanta il proprietario di un negozio di dischi di Cape Town, grande fan di Rodriguez, il sudafricano Stephen Segerman, chiamato da tutti Sugar Man per via della canzone su Cold Fact, decise di investigare a fondo per cercare di trovare qualche traccia della vita del cantante, aiutato dal giornalista Craig Bartholomew-Strydom.

''Searching for Sugar Man''Nel 1997 crearono un sito internet chiamandolo “The great Rodriguez hunt” e piano piano iniziarono a raccogliere indizi e notizie sul musicista idolo generazionale in Sudafrica.
Non sarebbe giusto adesso continuare a raccontare la storia, perché il seguito ha quasi dell’incredibile ed è molto meglio vedersi interamente questo splendido documentario, premiato con l’oscar nel 2013, per commuoversi, indignarsi, divertirsi, sentire ottima musica e conoscere tutta la meravigliosa storia di Sugar Man, seguendo la camera del regista che si sposta da una parte all’altra del mondo in modo impeccabile, costruendo una sorta di “giallo” musicale davvero imperdibile, dove si riflette sul successo e sul fallimento, sul caso e sui continui bivi e incroci della vita che ci portano in direzioni imprevedibili. Il documentario è stato trasmesso recentemente in Italia da Sky Arte, mentre purtroppo poche sale cinematografiche hanno avuto il coraggio di trasmetterlo. Un peccato, perché si tratta di un autentico gioiello imperdibile. In Spagna è stato invece un successo, un piccolo caso di culto.
Procuratevelo: non ve ne pentirete.

4 dicembre 2013