Percorso

Ammentos de Mare: l'Isola in corto

Centoventi secondi per raccontare la bellezza delle coste sul filo dei ricordi e della nostalgia. Le interviste agli autori Marco Caddeo e Nicola Baraglia.  di Anna Brotzu

''Ammentos de mare''VAI ALLA VERSIONE IN SARDO DI TORE CUBEDDU

Il mare, passione infinita per un ritratto della Sardegna: s'intitola “Ammentos de Mare” il cortometraggio girato da Marco Caddeo e Nicola Baraglia, e pubblicato su YouTube, che mostra l'incanto delle coste e gli affascinanti scorci di Cala Domestica, paesaggi magnifici, specchio dell'anima di una donna che ricorda la sua esistenza.

Storia di un amore che “ancora mi ruba il cuore”, simbolo del legame con l'Isola al centro del Mediterraneo, dalle corse sulla spiaggia e le capriole tra le onde dell'infanzia alle passeggiate sulla riva fatte da ragazza, per ascoltare la voce del vento, tra i suoni della risacca e i profumi di una natura ancora incontaminata. Un racconto che privilegia la lingua materna, le risonanze antiche del sardo, in una delle sue molte varianti, ma diventa internazionale nella doppia versione con sottotitoli in italiano e in inglese.

''Ammentos de mare''La forza delle immagini, con l'alternarsi dei volti della protagonista nelle diverse età della vita tra gli scenari stupendi e indimenticabili di Cala Domestica non lontano da Buggerru, nell'Iglesiente, restituisce lo “spirito” di una Sardegna intima e segreta, in una sorta di fusione tra una creatura e quell'elemento potente e irrequieto, ma seducente che è il mare. La visione dell'insenatura circondata da candide falesie, dove la sabbia sottile si mescola alla ghiaia, tra le vestigia affascinanti e un po' misteriose dell'architettura mineraria, diventa tutt'uno con gli stati d'animo della donna, il suo viaggio della memoria pare mettere a confronto la fugacità e caducità dell'umano a fronte dell'eternità della roccia, dell'inesauribile gioco dei venti e delle correnti. Quasi uno spot, “Ammentos de Mare”, in cui la “regola” dei due minuti (e una manciata di secondi per i titoli) acquista il senso di una sfida: come raccontare l'Isola, o forse meglio il sentimento dell'Isola, in un tempo breve, mostrandone la bellezza ma anche  sottotraccia il senso d'identità e di appartenenza, e l'antica fierezza della sua gente.

Maurizia Murgia, ''Ammentos de mare''Una donna diventa il simbolo di quell'invisibile filo che incatena la mente e il cuore, che sollecita un'invincibile nostalgia in chi parte e si allontana, e ritrova sé stesso solo riannodando le radici. Creatura innamorata dell'acqua – e anche se storicamente molti paesi pur a pochi chilometri di distanza sembravano separati per sempre dal mare e al contrario altri parevano più proiettati oltre quella distesa linquida e spesso pericolosa, capace di cancellare per capriccio intere imbarcazioni, le documentazioni nuragiche dicono di un'antica dimestichezza tra i sardi e il mare. L'io narrante della storia ha il viso segnato dal tempo – come il vento e le maree hanno scolpito i paesaggi della sua giovinezza, ridisegnando il profilo delle rocce e le distese sabbiose; l'esperienza e la saggezza degli anni permettono di restituire in una prospettiva più ampia il valore alle cose.

Nicola Baraglia e Marco CaddeoAmmentos de Mare”  - girato da due giovani filmmaker sardi,  formatisi tra l'Isola, nella Facoltà di Scienze della Comunicazione, e lo IULM di Milano – sembra racchiudere in sé l'eco delle partenze e dei ritorni, la necessità di andare lontano per trovare quel che manca nell'Isola e il desiderio di ritornare per far tesoro nella propria patria di quelle esperienze. E insieme la volontà di mostrare agli altri la bellezza della propria terra, come si mostrerebbe la fotografia di una donna bella e amata, senza svelare ma facendone indovinare il fascino più nascosto. E quel sentimento che fa vibrare le corde del cuore. Come l'amore per il mare.
La fortuna del cortometraggio – più di mille visualizzazioni in un giorno, e centinaia di condivisioni sui social network – rappresenta, oltre all'ovvio incentivo per i due autori, la conferma della forza comunicativa del mezzo e delle possibilità divulgative della rete. E altri positivi riscontri arrivano dalla rivista online Paper Street, con un inserto ad hoc, e dal sito Casteddu Online. Ulteriori indizi – se mai ce ne fosse bisogno – sul fatto che l'immagine della Sardegna possa (e debba) avvalersi sempre di più dei nuovi strumenti, e forse, a nostro avviso, di quei talenti nati nell'Isola e che in un'auspicabile rinascita culturale, con la creazione di una filiera del cinema e dell'audiovisivo, potrebbero trovare (anche) in patria modo e occasione di esprimersi.  Per ora per Marco Caddeo e Nicola Baraglia e il loro “Ammentos de Mare” è tempo di concorsi. E di sogni.

 


“Ammentos de Mare”: la parola agli autori

Come nasce l'idea del corto? E il titolo “Ammentos de Mare”? È una citazione?
L’idea nasce dall’immagine. Se pensiamo alla Sardegna, una delle immagini più belle che una persona può ricordare è sicuramente quella del mare. L’azzurro dell’acqua con la spuma bianca della battigia non incarnano solo un simulacro paradisiaco ma racchiudono le emozioni, le pulsioni, le paure e lo spirito di chi si fa attraversare dall’isola, dalla sua immensa catarsi. Ammentos in sardo significa Ricordi. La memoria è sogno, evasione, ritrovo di se stessi, energica e purificante ispirazione. Abitare qui a Milano ti scarica l’energia, hai un bisogno costante di ricaricarti.. e quando non puoi tornare fisicamente nella tua terra per riprendere fiato lo fai con la mente.

Qual è l'obiettivo? Nel senso: volevate comunicare un messaggio? E a chi? Era – almeno in parte un esercizio di stile? Perché una durata così breve?
La messa in scena di un racconto in relazione alla sua durata è un aspetto che va curato ben prima di iniziare a scrivere la sceneggiatura. In questo caso la scelta dell’arco temporale di un minuto come chiave sintattica è stata una sfida. Quando una narrazione si declina attraverso un minutaggio esiguo, per certi versi è molto più difficile conferirle un senso compiuto. Sono necessarie buone capacità di sintesi e perfetta padronanza del senso che si vuole comunicare attraverso l’immagine. E’ per questo che tutte le inquadrature, prima di concretizzarsi in un ipotetico visibile, sono state studiate attraverso uno storyboard disegnato su carta e in seguito attraverso strumenti digitali. L’intento era quello di arrivare alle persone essendo concisi; cercare di comunicare l’essenza della Sardegna… perché dietro quei colori e quei volti c’è qualcosa d’altro, c’è un’unione che pulsa, un popolo stupendo che patisce e grida, che soffre e si rialza, nascosto nel posto più bello del mondo.

Lo spunto nasce da una storia? Da un “ricordo”? O dalla voglia di lavorare insieme?
Sicuramente anche dalla voglia di lavorare insieme. E’ una storia inventata ma sorta dalla sensibilità e dall’empatia provata verso la Sardegna. Il flashback nelle narrazioni è storicamente il momento chiave per penetrare i misteri, l’inconscio dell’individuo, assolve a una fondamentale funzione conoscitiva. Il riavvolgimento della fabula in questo senso è stato ideale per raccontare ‘Ammentos de mare’, anche perché permetteva l’attraversamento di grandi zone del tempo, in questo caso quasi una vita intera, quasi cent’anni in un minuto di ricordi.
L’idea che si voleva far passare era quella che l’amore platonico per tutto quello che è la Sardegna, rimane e ritorna sempre. E’ un amore che non può tradire e dopo quasi cent’anni è lì, dentro di te, a farti ancora compagnia, a consigliarti, a farti da guida. Uno spazio di ritrovamento che va al di là di tutto e tutti, una connessione con qualcosa di divino, sicuramente spirituale. Un affresco che ti cattura nella tela e ti scolpisce, nella tragedia o nella grazia della rinascita.

Come siete passati dall'idea al film?
“Ammentos” nasce prima di tutto dalla sensibilità umana che non puoi non avere se vuoi cercare un po’ di pathos. Sorge dall’immaginazione e da un’attrazione per gli anziani, dai percorsi che il tempo dipinge sui loro volti e dall’innocenza dei bambini che respirano l’esistenza con occhi autentici. Sicuramente il bambino e l’anziano hanno molte cose in comune. Entrambi hanno una saggezza che l’adulto sembra perdere.
Se utilizzi il linguaggio audiovisivo per una storia, dovrai organizzare una serie di cose: scrivere una bozza, scegliere le locations, cercare gli attori giusti, gli abiti di scena, rivedere la sceneggiatura in base agli attori, cercare una voce narrante adeguata, comporre le musiche, creare uno storyboard.. e poi a tutta la post produzione e tante altre cose come gli spostamenti.. Abbiamo girato in un giorno le scene a Cala Domestica, mentre le immagini di apertura sono state girate in un secondo momento a Neoneli. Abbiamo ripreso con il supporto delle reflex, uno slider e una steadycam.

Come avete scelto le interpreti? Avete fatto un casting?
Ci siamo basati sulle conoscenze. Abbiamo fatto qualche casting. Quello che si cercava era più che altro la bellezza dei volti e almeno un accenno di somiglianza tra gli attori delle tre fasi di vita nella storia. Se ci fosse stata recitazione ci sarebbe voluto più tempo per organizzare il tutto. In seguito abbiamo scelto la voce narrante.

Per la diffusione avete “scelto” youtube e la rete: perché?
La rete ti permette di avere uno spazio personale, di essere creatore di contenuti originali e di arrivare più velocemente a tante persone. E’ stata proprio la rete, partendo da youtube e approdando sui social-network a permettere una condivisione spontanea degli utenti che hanno diffuso il video sui loro profili, a partire dai conoscenti fino a centinaia di sconosciuti che lo hanno trovato nei gruppi dedicati alla Sardegna che ci hanno chiesto con molto entusiasmo di poterlo pubblicare.

L'uso della lingua sarda: è stata una scelta obbligata? Una necessità stilistica o estetica? O un modo per caratterizzare il personaggio?
La scelta del sardo? Una necessità assoluta. L’uomo è anche il linguaggio che usa. Per quanto riguarda il logudorese si può dire che ha una musicalità molto adatta al racconto, ma non ci si deve soffermare sui comuni campanilismi, va vista come una scelta universale, che si avvale dell’intento di unire tutti i sardi. Il sardo è bello perché è ricco di sfumature, carisma, culture diverse che in qualche modo si costruiscono continuamente. Ma più che altro è stata anche una preferenza derivata dalla possibilità di avere già una persona che sapeva leggere e interpretare bene il testo in sardo logudorese.

Il vostro corto è online ormai da un po': avete avuto riscontri? Quali?
Questi sono solo alcuni dei commenti che sono arrivati… è stato un piacere immenso riceverli.. perché significa che siamo riusciti ad arrivare.. a comunicare.
Commenti di persone non sarde:
-A me quest’isola ha rubato il cuore anche se non ci sono nata
-Grande popolo…
-Che bello sentire il dialetto sardo…
-La pace, la bellezza, la tranquillità. Voglio vivere qui!

Commenti dei sardi
-Emozionante… ho le lacrime agli occhi… la mia terra… la mia gente… e io sono lontano… ma il mio cuore è con voi…
-Ciò che mi inumidisce gli occhi ad ogni risveglio mattutino… Il ricordo dei colori e dei profumi della mia terra!!!
-Mi vengono i lucciconi agli occhi, non mi stancherò mai di vederlo e ascoltarlo
-Pura poesia, parole e luoghi legati nella vita e nell’amore per la propria terra… bellissimo
-Mi ha commosso tantissimo… e io che vivo lontano dalla mia terra non avrei saputo spiegare cosa provo meglio di questa donna meravigliosa… grazie… tornerò in questa mia terra… grazie
 
Era per voi la prima volta (che lavoravate) insieme? Continuerete a farlo? Come, dove e quando vi siete conosciuti?
Abbiamo lavorato insieme diverse volte, ci troviamo molto bene per svariati motivi, siamo diversi quindi possiamo completarci, ma anche simili; sicuramente coltiviamo la passione per l’immagine con prerogative affini e conserviamo un’accentuata sensibilità e attenzione verso il prossimo in generale. Ci conosciamo da diversi anni e oltre ad essere colleghi siamo anche amici. Abbiamo lo stesso percorso universitario, prima a Cagliari in Scienze della comunicazione e poi allo IULM di Milano in Cinema, tv e new media.

Che ne sarà di “Ammentos”?
Ammentos non vuole rimanere solo un ammentu. Vuole essere l’inizio di qualcosa. Visto il riscontro della gente non può essere altrimenti. Speriamo che qualche Festival riesca a percepire quello che abbiamo voluto raccontare. Abbiamo in cantiere una sceneggiatura per un lungometraggio… ma chissà… se ci fossero dei finanziamenti non sarebbe male.. Lavorare low-budget non è sempre il massimo.

E dopo “Ammentos”: progetti futuri?  
Se qualcuno ci proponesse qualcosa di interessante siamo pronti ad ascoltare. Non vediamo l’ora. Tra gli altri progetti tra Italia e resto del mondo, sarebbe bello, per esempio, creare altri video ambientati in Sardegna, per valorizzare il territorio, a partire dai comuni, sia piccoli che grandi, fino alle distese naturali, il folclore e le tradizioni, i nuovi ambienti socio-culturali, la musica e i nuovi artisti, i giovani. Abbiamo una terra piena di risorse, perché non farle vedere a tutti? Promuoviamoci, facciamoci guardare, contagiamo anche all’estero il nostro universo, la bellezza della nostra isola, i nostri disagi e la nostra spiritualità. Noi siamo pronti. E voi?


Intervista a Nicola Baraglia

Nicola BaragliaCom'è nato in lei l'interesse (o l'amore) per il cinema / o l'audiovisivo? Da quale stimolo o suggestione? Ricorda il primo film visto?
L’amore per il cinema nasce nel mio caso, quasi in contemporanea al mio interesse nello sperimentare con l’audiovisivo, nelle sue diverse declinazioni. Ho iniziato con un corso di alfabetizzazione ai linguaggi audiovisivi e da solo ho iniziato a creare montaggi video.

Quando ha deciso che avrebbe voluto lavorare in quell'ambito? Aveva già in mente che cosa avrebbe voluto fare? In che campo specializzarsi? Che percorso – di studi – ha seguito? Che cosa l'ha portata allo IULM?
Dopo aver conseguito la laurea triennale in “Scienze della Comunicazione” all’università di Cagliari, un master di primo livello in “Esperto in gestione, conservazione, restauro dei prodotti audiovisivi e multimediali, sentivo l’esigenza di approfondire i miei studi sul cinema.
Lessi i vari piani di studi dei corsi di laurea Magistrale incentrati sul cinema, la mia scelta fu il corso di laurea in “Cinema, televisione e new media” all’università IULM di Milano, non avevo seconde opzioni! Il piano di studi secondo me era perfetto.

Dal corto è facile immaginare un forte legame con la sua terra – a proposito, dov'è nato? E cresciuto?: la scelta di partire per approfondire i suoi studi è stata difficile o dolorosa? Se sì, perché – o in che modo?
C’è un fortissimo legame con la mia terra e c’è ancora un legame più forte con la mia famiglia. Sono nato e cresciuto a Iglesias. Senza che io dica una parola in più, si può capire la mia storia guardando il mio breve documentario d’esordio “Pietranera

Quali sono sono stati i suoi maestri – in senso stretto: docenti o artisti con cui ha lavorato?
Tra i vari docenti che in me hanno lasciato una traccia, uno stimolo, durante il mio percorso di studi ci sono Antioco Floris, Diego Cassani, Gianni Canova, Paolo Giovannetti. Nella mia formazione sul campo, un contributo importante lo ha dato il giovane regista Giuseppe Carrieri, con il quale collaboro da due anni. Assieme a Giuseppe e alla squadra della Natia Docufilm sono arrivati i primi successi, dal primo documentario montato da me (Tu sali tra le stelle) e andato poi sulla Rai, al festival internazionale (Al Jazeera Film festival) e nazionale (Bellaria Film Festival) vinti con il documentario “In Utero Srebrenica”).

E in senso lato quali sono i maestri del cinema italiano, europeo e mondiale – registi, sceneggiatori, etc. che più l'hanno ispirata e hanno influenzato le sue scelte (e il suo lavoro?)
È così difficile fare dei nomi, in poco più di cento anni il cinema, in tutto il mondo, ha dato la possibilità di esprimersi a grandissimi talenti. Bisogna essere come delle spugne, cercare di rubare i segreti, ispirarsi da tutto ciò che abbiamo a disposizione. Da Georges Méliés a Sorrentino, passando per Robert Flaherty, puntando il nostro sguardo anche nella video arte o nelle serie tv.

Che cosa – adesso – le piace del cinema – o del mondo dell'audiovisivo in genere. Preferisce – da vedere o da fare – fiction o documentari?
Se c’è una cosa che mi piace, è che oggi tutti hanno la possibilità di esprimersi col video. Se prima c’è chi sosteneva che per fare il cinema erano sufficienti due valigie o poco più, oggi con un ulteriore progresso tecnologico, a mio parere, si può fare del cinema con uno zaino e poco più. Sono più importanti le idee dei mezzi a disposizione. Esiste ancora oggi questa distinzione?

Ha avuto modo di seguire le ultime stagioni del cinema made in Sardegna? Penso a Salvatore Mereu con “Bellas Mariposas” e l'ultimo lavoro presentato a Torino, a Giovanni Columbu con “Su re”, ai recentissimi successi di “Capo e Croce” e “Dal Profondo” in cui innegabilmente è presente uno sguardo e un'attenzione al sociale... Ha visto questi – o altri film girati in Sardegna? Qual è il suo giudizio?
Per quanto posso seguo anche il cinema “Made in Sardegna”, e tutti i nomi che cita sono dei professionisti assolutamente validissimi, non mi piacciono in generale le “etichette”, il cinema e le storie da raccontate sono  universali, ciò che è unico è il nostro meraviglioso set “La Sardegna”.

Il suo percorso formativo e professionale ha mutato il suo sguardo nei confronti del cinema? Quali sono le sue ambizioni? Esiste già il progetto di uno (o più) film che vorrebbe girare?
Assolutamente si. Studiando i libri, ho prima fatto mie e poi mi sono liberato di tutte le “fastidiose” definizioni come “cinema del reale”, “fiction”, “docu-fiction” etc.
Vorrei continuare a raccontare le persone più sconosciute della Sardegna, per realizzare poi un “ritratto corale” da condividere col pubblico.

Segue i festivals? E la Sardegna... nei festivals?
Si, seguo i festival, internazionali e nazionali. In Sardegna ho avuto la fortuna di partecipare e vincere una menzione speciale della giuria e un premio “Sezione scuole” allo “Skepto Film Festival” a Cagliari, prima con “Pietranera” e poi con “Tra le forbici i petali”. Quest’anno speriamo di essere selezionati con “Ammentos de Mare”.

Tra le sue ambizioni (o sogni) ci sarebbe anche quella di lavorare in Sardegna? E al contrario è disposto a partire di nuovo e andare ancora più lontano per inseguire le sue passioni?
Ho sicuramente un sogno che mi porterebbe ancora più lontano di Milano. Si chiama “Master and Back”. Non dico la destinazione per scaramanzia, mi riporterebbe in Sardegna (col back), in quel caso metterei a disposizione dei giovani, le ulteriori competenze acquisite in ambito cinematografico.

Il film più amato? Un film “necessario”? Un libro imprescindibile?
C’era una volta in America
Quarto Potere
Rimanendo nel cinema… Il cinema e l’arte del montaggio. Conversazioni con Walter Murch.


Intervista a Marco Caddeo

Marco CaddeoCom'è nato in lei l'interesse (o l'amore) per il cinema / o l'audiovisivo? Da quale stimolo o suggestione?
La mia passione per il cinema deriva dalla costante esigenza di nutrire il mio sguardo con le immagini, simboli, significati, emozioni. Ogni giorno consumiamo circa seicentomila immagini ma non ci bastano mai. Oggi è importante nutrirsi di buone immagini, guardare tutto ma soffermarsi sulla qualità. Il cinema ti offre questa possibilità. Quando ero piccolo mio padre ha sempre avuto la telecamera in mano, io amavo fare imitazioni ed ero molto attratto dalla recitazione, dal disegno e dalle immagini in generale. Le suggestioni spesso risiedono nel passato. Ricordo nitidamente la mia infanzia e la mia adolescenza. Ero creativo anche da bambino e sostanzialmente, molto spesso, durante i miei percorsi e i miei studi, ho sempre pensato a come sarei potuto essere da grande con la paura di perdere quell’aura di osservatore del mondo, esploratore attraverso il gioco. Tirando le somme mi sono reso conto che l’età non è un pericolo d’intorpidimento della mente, semplicemente un’opportunità per continuare a coltivare le proprie passioni avendo maggiore consapevolezza dei linguaggi e uguale incoscienza nell’istinto. Il segreto credo sia essere curiosi, non annoiarsi. Sono convinto del fatto che le persone più tristi siano quelle che non hanno passioni. E se non hai passione non puoi lavorare con le immagini o con le storie, non puoi fare niente.

Quando ha deciso che avrebbe voluto lavorare in quell'ambito? Aveva già in mente che cosa avrebbe voluto fare? In che campo specializzarsi?
La scelta di inserirsi in questo settore non è una cosa istantanea. La puoi intuire ma la capisci col tempo, quando ti accorgi che dopo determinati percorsi ti senti a tuo agio con l’ardua ambizione di provare a fare qualcosa che assomigli al cinema. Che non è vederlo. È sentirlo. Non è trovarlo ma cercarlo. Non è solo emozionarsi o provare paura, è immergersi dentro il linguaggio che dagli inizi del 900 è la chiave del sistema mediatico contemporaneo. Capire come funziona la più grande macchina narrativa per immagini è un dovere, sicuramente un piacere. Personalmente sapevo già in passato che in qualche modo mi sarei espresso attraverso qualcosa di artistico. Anche perché le mie peculiarità protendono verso questa direzione. Mi è sempre piaciuto guardare film, leggere libri sul teatro, scrivere, suonare, recitare, disegnare, inventare storie...

Di chi è la voce fuori campo? Avete avuto bisogno di chiedere consulenze sulla lingua?
La voce fuori campo non è dell’attrice che guarda fuori dalla finestra, come credono in molti. È di mia madre. Credo che abbia una sensibilità verso il racconto, verso la fiaba e i suoi simboli, fuori dal comune. È riuscita a capire il senso dell’idea sin dalle prime righe e ha contribuito in maniera profonda a improntare il visibile con intelligenza e spiritualità. Il sardo è il logudorese, esattamente della zona di Ghilarza. Io conosco abbastanza bene la mia lingua, il testo è stato scritto pensandolo in sardo. Credo che la crudezza e l’immediatezza di alcuni vocaboli in lingua sarda non siano esattamente traducibili in italiano.

E il montaggio e la post produzione?
Il montaggio è molto importante perché è attraverso il taglio e cucito dell’immagine che la narrazione prende forma. Ci vuole tempo, pazienza ma anche istinto e velocità. Il risultato dipende anche dal tempo che hai a disposizione. Non è da sottovalutare anche l’editing dedicato alle musiche e ai suoni. Anche se spesso non ce ne rendiamo conto, il tappeto sonoro che s’incarna nel visibile è fondamentale. In questo caso ho creato una colonna sonora registrando il mio canto in multi-traccia. L’impronta corale si prestava bene a conferire alla storia una tonalità onirica.

Che percorso di studi ha seguito? Che cosa l'ha portata allo IULM?
Mi sono laureato in Scienze della Comunicazione a Cagliari nel 2010 e nel 2013 allo IULM di Milano in Cinema, Tv e New media. La prima laurea mi ha lasciato un’impronta essenziale per poter poi cogliere e conoscere i linguaggi di cui era pervasa la seconda. In contemporanea all’università ho sempre avuto una band, ho studiato batteria alla Scuola Civica di Musica di Cagliari e dopo essermi innamorato della sociologia e dei suoi risvolti filosofici, della mediologia, del teatro e del cinema, sentivo di dover proseguire su un itinerario che permettesse di far combaciare il mio lato anarchico e versatile di creativo con la mia determinazione per lo studio, il mio desiderio di conoscenza. Non essendoci corsi specialistici adatti alle mie esigenze sono dovuto partire. Mi riscriverei a entrambi i corsi di laurea. La magistrale, in un breve lasso di tempo, se hai spirito critico e voglia di imparare ti dà la possibilità di crescere. Poi tutto dipende da chi sei già. Non c’è un posto che fa magie. Il cilindro va riempito di passione e voglia di conoscere, di persone preziose, impegno e molto sacrificio.

Dal corto è facile immaginare un forte legame con la sua terra – a proposito, dov'è nato? La scelta di partire per approfondire i suoi studi è stata difficile o dolorosa?
Sono nato e cresciuto a Ghilarza, nel cuore della Sardegna. Mi sento molto legato alla mia terra natia. Ha gettato le fondamenta affinché potessi muovermi ovunque. La nostalgia è sempre presente.

Quali sono i maestri del cinema italiano, europeo e mondiale – registi, sceneggiatori, etc. che più l'hanno ispirata e hanno influenzato le sue scelte (e il suo lavoro?)
I maestri del cinema italiano sono davvero tanti. Il risultato delle ispirazioni è spesso un sotto-testo nascosto. Ho fatto una tesi di filmologia col professor Gianni Canova riguardante la nictofobia e la nictofilia nelle immagini del cinema muto; questo sicuramente mi ha aperto nuove frontiere paradossalmente tornando indietro, alle origini, quando il cinema veniva percepito come il ‘mai visto’, nuovi simboli da decodificare, nuove forme in movimento da rifiutare e temere o da accogliere con un magnetismo irresistibile, quasi magico. Una sala buia rischiarata dal bagliore di sogni, illusioni, insicurezze, evasioni, dal piacere e l’esigenza di provare paura. Dunque, alla base del cinema metterei sicuramente maestri come Méliès, Murnau, Sjöström, Dreyer, Pabst, Fritz Lang, Jean Vigo, Bergman. E’ molto utile conoscere questi per potersi creare altri riferimenti più vicini ai nostri giorni; tutto nasce al tempo del silenzio, un linguaggio che ha rivoluzionato il mondo, i significanti e i significati, l’essere umano.

Che cosa – adesso – le piace del cinema – o del mondo dell'audiovisivo in genere. Preferisce – da vedere o da fare – fiction o  documentari?
Personalmente sono più attratto dai film di finzione. Mi piace osservare la regia e vengo sedotto da una sfilza di attori che non potrei non seguire. Sono innamorato anche dei film documentari. Apprezzo particolarmente il modo di raccontare di Errol Morris, per esempio in lavori come “The Fog of War” o “SOP - La verità dell’orrore”. Da qualche anno mi sono appassionato anche alla serialità televisiva. Oltre gli intoccabili Twin Peaks e X-Files, a parte Breaking Bad, mi ritornano spesso in mente Black Mirror e The Lost Room.

Ha avuto modo di seguire le ultime stagioni del cinema made in Sardegna? Penso a Salvatore Mereu con “Bellas Mariposas” e l'ultimo lavoro presentato a Torino, a Giovanni Columbu con “Su re”, ai recentissimi successi di “Capo e Croce” e “Dal Profondo” in cui innegabilmente è presente uno sguardo e un'attenzione al sociale... Ha visto questi – o altri film girati in Sardegna? Qual è il suo giudizio?
Stimo e seguo il cinema made in Sardegna. Ricordo “Disamistade – Inimicizia” di Cabiddu dell’89, girato nel territorio ghilarzese di San Serafino, “Arcipelaghi” di Columbu.. e molti altri.. Di “Su Re” ho apprezzato l’utilizzo della camera a mano e la scelta del minimalismo musicale. Ho trovato interessante l’inserimento di un Cristo brutto rispetto ad altri film dedicati alla storia di Gesù. “Bellas Mariposas” mi ha fatto riflettere. Sono stato magnetizzato dalla sapiente leggerezza nella quale è stato racchiuso un panorama così reale e drammatico.

Il film più amato?
L’Atalante di Jean Vigo,
Le vite degli altri di Henckel von Donnersmark
Le onde del destino di Lars Von Trier
Otto e mezzo di Fellini
La notte di Antonioni
Il sapore della ciliegia di Kiarostami
Abre los ojos e Mare dentro di Amenábar

Un film “necessario”?
Vampyr
Quarto Potere
Vertigo, La donna che visse due volte
The Matrix
 
Un libro imprescindibile?
Davanti al dolore degli altri – Susan Sontag
La moda – Simmel

C'è un regista in cui si riconosce o a cui si sente più vicino in termini estetici o d'impegno?
Ce ne sono diversi. A parte Fellini, Antonioni, Bergman, Lynch, Kubrick, Cronenberg, Cameron, Shyamalan, Sorrentino e tanti altri, penso spesso al cinema di Amenábar, mi piace come muove la macchina da presa, come intarsia il visibile di sensazioni e come si posa sugli occhi dello spettatore.. E mi piace perché è una figura completa… regista, sceneggiatore, compositore, montatore. D’altra parte sono molto attratto anche da Lars Von Trier, con la sua violenza destabilizzante, l’immensità dell’immagine e una struttura diversissima dal primo. Entrambi, pur utilizzando un linguaggio molto diverso mi hanno fatto piangere e provare paura.

19 dicembre 2013

 



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