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Inside Llewyn Davis / “A proposito di Davis”

In anteprima su Cinemecum l’ultimo film dei fratelli Coen. La recensione del nostro corrispondente da Parigi, Alberto Diana

''Inside Llewyn Davis''Narra la mitologia greca che Sisifo, figlio di Eolo, fu condannato da Zeus per aver sfidato gli dei. La pena consisteva nello spingere un masso dai piedi fino alla cima di una montagna; tuttavia, ogni volta che egli raggiungeva la meta, questo rotolava nuovamente giù, fino alla base.

Così, la sua condanna sarebbe durata per l'eternità: Sisifo ricomincia ogni volta da capo la sua impresa, senza mai riuscirvi.
Non è forse questa la medesima condanna subita da Llewyn Davis, giovane cantante folk di origine gallese, incompreso e relegato nell'inferno di Greenwich Village all'inizio degli anni '60?
L'ultima fatica dei fratelli Coen, Gran Prix allo scorso Festival di Cannes (da febbraio al cinema) rivela la dimensione del mito all'interno di un contesto profano, riducendo l'intrigo narrativo alla forma più semplice: un musicista che cerca di sopravvivere a New York.

''Inside Llewyn Davis''Apparentemente può sembrare che i registi, spinti da un certo gusto manierista, vogliano in qualche modo sublimare il loro amore per la folk music, già protagonista in Fratello, dove sei? e, d'altra parte, esplorare il sottogenere del biopic musicale. In realtà, si assiste ad un'opera profondamente intimista e personale nella quale, come si evince dal titolo, siamo invitati a entrare all'interno della vita del protagonista, il cui viaggio si sviluppa nell'arco di circa una settimana.
Llewyn Davis, personaggio discreto travolto da un destino di umiliazioni, come Larry Gopnik (A Serious Man) ma con un aspetto maudit, è un incompreso cronico, musicista in un mondo senza orecchie, in cui l'alienazione la fa da padrona. Si sveglia ogni giorno su un divano diverso, senza un soldo in tasca, ignorato dal suo manager e con una vita affettiva disastrosa.

''Inside Llewyn Davis''Il personaggio, come dicono gli stessi Coen, prende spunto da Dave Van Ronk, le cui memorie hanno ispirato il film. Nonostante alcuni riferimenti (non solo) biografici, essi mettono in scena una sorta di “anti-biopic”: la volontà di mantenere il pieno controllo sulla storia e vigilare sulla direzione che questa può prendere è maggiore di quella di attenersi alla realtà storica. L'attore protagonista, Oscar Isaac, suona perfino nello stesso modo di Van Ronk (la tecnica utilizzata è il Travis picking, un tipo particolare di arpeggio proprio dello stile musicale del tempo), e ne riprende gli atteggiamenti, ma mantiene la sua voce, più dolce e meno rauca, indirizzando il personaggio e la sua musica verso una dimensione interiore, quindi più conforme al carattere intimista della storia.

''Inside Llewyn Davis''New York, la coprotagonista del film, è affogata in una tiepida luce invernale, ben lontana dalla consolidata rappresentazione cinematografica dell'America di Kennedy, limpida e ottimista: vediamo infatti una realtà cinica, fredda e egoista, ben diversa da un'ipotetica Età dell'Oro. Il tutto è reso ancora più palpabile dall'ambientazione invernale. Viene immediatamente in mente la copertina dell'album di Bob Dylan The Freewheelin' (1963), alla quale gli stessi Coen ammettono di essersi ispirati per la fotografia del film: il cantautore passeggia per le strade della città ricoperta dalla neve, il capo chino e le mani in tasca. Il direttore della fotografia Bruno Delbonnel ha perfettamente trascritto su pellicola (i Coen si ostinano a girare in 35mm) il sentimento di quella foto. Così appare anche Llewyn Davis: infreddolito, sguardo assente, una New York gelata. L'unica differenza sta nei suoi accessori: la chitarra in una mano, la borsa a tracolla, un gatto nell'altra mano.

''Inside Llewyn Davis''Un personaggio malinconico, vagabondo, come la figura dell'Ebreo errante o un Ulisse appiedato alla ricerca di una propria Itaca perduta nei vicoli oscuri del Greenwich Village. Ironicamente, non è un caso se alla fine del film si scopre che il gatto, la cui figura ossessivamente scompare e ricompare durante tutta l'opera, rappresentazione silenziosa dei dubbi esistenziali del personaggio, si chiami proprio come il personaggio omerico. L'ironia amara si ripercuote sul personaggio un'altra volta, sempre sul finire del film. Sul palco di un piccolo locale, dopo l'ultima esibizione di Llewyn Davis, si avvicenda un giovane esordiente del quale non conosciamo il nome, ma il suono dell'armonica a bocca e l'inconfondibile timbro di voce ne rivelano immediatamente l'identità: è proprio Bob Dylan, colui che alla folk music diede dignità universale. Tuttavia, a ciò che per lo spettatore appare come il primo passo di un brillante cammino di successo (e di un definitivo riconoscimento degli artisti minori della scena), si contrappone l'ennesima beffa ai danni del protagonista: uno sconosciuto lo attira fuori dal locale, per poi aggredirlo.

''Inside Llewyn Davis''Nella conclusione, il percorso di Llewyn si ricongiunge col principio: prigioniero di un destino circolare edificato su una serie di scelte sbagliate e sfortunate, egli rimane là, in mezzo alla strada, probabilmente in attesa di un nuovo soccorso da parte di qualche amico disposto a concedergli un'altra volta il proprio divano, ricominciando così il medesimo percorso appena interrotto. Le musiche, composte a quattro mani da T-Bone Burnett e da Oscar Isaac, hanno un ruolo importantissimo nell'economia del film: ad esse è affidato il compito di veicolare le emozioni e la tristezza del personaggio, altrimenti invisibili sul suo sguardo assente. Il talento dell'attore protagonista viene enormemente valorizzato dalla scelta di non utilizzare il playback durante le riprese. Filmate tutte dal vivo sul set, come se si trattasse di un documentario (ad eccezione della scena con Justin Timberlake, nella quale le voci sono comunque in presa diretta), le scene musicali danno una grande impressione di realismo.

''Inside Llewyn Davis''Attraverso questo procedimento in sede di riprese sembra che i Coen abbiano fatto in modo di rendere il più possibile ciascuna esibizione come una sorta di catarsi: le stesse performance avvicinano lo spettatore ad un livello di verità più profondo. La musica è infatti ragione di vita e di morte per Llewyn Davis: è ciò che lo spinge ancora a percorrere il suo cammino senza destinazione, ma anche la maniera per evocare il suo compagno scomparso, gettatosi dal George Washington Bridge.
Se la maggior parte dei film incentrati sulla vita dei musicisti aprono sempre la possibilità ad un futuro destino di successo per i loro protagonisti, Inside Llewyn Davis sembra invece impiegare la musica come motivo di perenne inquietudine, ode ai dubbi esistenziali e alla staticità che questi generano rispetto al continuo incedere della vita: with no direction home, avrebbe detto qualcuno anni più tardi, con più fortuna rispetto al malcapitato Davis.

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18 dicembre 2013