Percorso

Mario Dondero, il fotografo culturale

Tra scatti d'autore, cinema e tv: gli incontri con Pasolini, Yves Montand, Gramsci. L'intervista di Maria Dolores Picciau

Mario DonderoSe c’è un evento di portata storica di sicuro Mario Dondero, uno dei principali fotoreporter italiani, è lì con la macchina fotografica al collo pronto con i suoi scatti a documentare, raccontare, farci vivere le emozioni di ciò che è successo.

Una voglia di andare oltre le levigate superfici che lo ha portato a viaggiare in tutto il mondo: Spagna, Africa, Est Europa, lui che non ha mai preso la patente, ma che ha una certa familiarità con aerei, treni, navi. Quest’ultime, in particolare sono la sua passione, visto che il suo ultimo reportage fotografico riguarda proprio l’area portuale di Genova, sua città natale, ma ha anche realizzato un inserto fotografico sul disastro della motonave Elisabetta Montanari per il libro Il costo della vita. Storia di una tragedia operaia.

Foto di Mario DonderoUna vita da girovago che lo ha portato a immortalare passaggi epocali come la guerra in Algeria, la caduta del Muro di Berlino, e la foto del gruppo degli scrittori del  Nouveau Roman a Parigi nell'ottobre del 1959 davanti alla sede delle Editions de Minuit è sempre sua. Ma il reporter si è anche attivamente occupato di cinema visto che negli anni sessanta ha collaborato con la Rai alla realizzazione di alcune "fotostorie" per la Tv dei ragazzi e alcuni corti per l'Antenna cinematografica del Pci Unitelefilm. Appassionato di radiofonia ha collaborato con la sezione italiana della Bbc e recentemente ha condotto alcune trasmissioni dedicate alla storia del fotogiornalismo per Radio3 Rai. Insomma una figura poliedrica quella di Dondero, che da giornalista per alcune delle principali testate italiane ha voluto sperimentare altri mezzi di comunicazione.

Foto di Mario DonderoCom’è nata la sua avventura nel mondo della fotografia?
In realtà da ragazzo volevo fare il marinaio, infatti la mia famiglia è di origini marittime, però per questioni di salute ho dovuto rinunciare. Ho iniziato giovanissimo con il giornalismo, una passione che è rimasta ancora oggi, l’attenzione per quello che succede, il mondo che cambia, l’osservazione attenta dei mutamenti sociologici. Il primo articolo me lo pubblicò nel 1951 “Il lavoro nuovo” di Genova, in seguito ho iniziato a collaborare all’“Unità” con una serie di interviste a personaggi scelti da me. Ho conosciuto così molte figure interessanti con le quali ho mantenuto relazioni e rapporti di amicizia durati una vita come con Yves Montand. Sono stato assunto a “Milano Sera” come cronista di nera e mi sono trovato sempre nella situazione di dover trovare le immagini adatte per ogni articolo.

Foto di Mario DonderoE quindi?
Ero molto giovane, avevo 22 anni, ho iniziato a fare foto pensando di non riuscirci, allora  ero cronista di Sera e avevano bisogno di fotografi, andavo dal padre di Oliviero Toscani per chiedergliene uno. Così ho dovuto rimboccarmi le maniche e fare di necessità virtù…

Durante gli anni milanesi si era creato intorno al Bar Jamaica un clima culturale  molto vivo………
Ricordo che era un ritrovo di grandi intellettuali e artisti, tutti coccolati dalla titolare che chiamavamo “Mamma Lina”, molto tollerante con noi squattrinati. Si parlava, si discuteva molto o ci si divertiva, ricordo che il fratello di Antonio Gramsci veniva a giocare a carte….

Foto di Mario DonderoTra i tanti personaggi che ha incontrato durante i suoi reportage chi ricorda maggiormente?
Ho allacciato numerosi rapporti umani che hanno attraversato il tempo. Mi viene in mente Manuel Scorza, scrittore peruviano, Samuel Beckett, Jérôme Lindon, e ancora sono stato molto amico di Claude Simon, che ritrassi insieme agli altri protagonisti del Nouveau Roman. Da quel momento mi sono fatto la fama di fotografo culturale.

Quali aspetti di questi personaggi la colpivano?
Tutto ciò che colpisce degli uomini che ho incontrato, più o meno noti, è l’autenticità, il senso del rigore morale, l’onestà, la semplicità. Ho trovato eccezionale e disarmante per la semplicità un personaggio molto famoso, lo scienziato americano Robert Oppenheimer. Ma anche Don Andrea Gallo, Palmiro Togliatti, Fidel Castro, Pier Paolo Pasolini e tante altre persone sconosciute, incontrate per caso.

Foto di Mario DonderoE’ evidente che anche nei ritratti a personaggi famosi ha cercato di andare oltre il racconto documentaristico e di privilegiare la dimensione interpretativa….
Non c’è dubbio, la fotografia è di per sé attraente e può generare immagini accattivanti, ma alla ricerca estetica raffinata preferisco interpretare l’uomo e la sua storia. Si tratta di cogliere l’attimo, la sfumatura, l’istante. E’ stata una fortuna essere riuscito a fotografare Pier Paolo Pasolini con la madre a casa sua, senza prevedere nulla…

Il suo modello?
Senza dubbio Robert Capa, per la sua costante attenzione per i deboli. Ho un grande rispetto per gli uomini e rifiuto ogni forma di denigrazione anche solo ironica del genere umano. Capa riteneva che solo la verità fosse rivoluzionaria e nelle sue foto, sempre molto vicine al soggetto da immortalare, non c’è mai cinismo.

19 dicembre 2013

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