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"A proposito di Davis" di Joel e Ethan Coen

Il consiglio di Elisabetta Randaccio

''A proposito di Davis''A rendere superlativo “A proposito di Davis”, l'ultima fatica dei fratelli Coen, sempre pronti a sorprendere lo spettatore con le loro storie e personaggi, è ciò che il direttore della fotografia Bruno Delbonnel ha creato. Senza le sue luci “storariane” il film avrebbe perso il cinquanta per cento del fascino.

Delbonnel riesce, infatti, a ricostruire un mondo ormai perduto, ovvero il Village newyorkese dei primi anni sessanta e gli angoli di un America poco trionfalistica, scenografia di un viaggio quasi insensato e inutile del protagonista, lo sfortunato musicista Llewyn Davis, un altro Giobbe nella casistica filmica dei Coen.

''A proposito di Davis''Si veda, in questo senso, la prima scena. Davis (l'attore Oscar Isaac) sta suonando e cantando una melanconica canzone folk in un localino tipico dell'epoca. I toni marroni, ocra stanno sullo sfondo e evocano tinture dei muri abborracciate, mentre il primo piano di Davis si staglia molto chiaro nel suo pallore rigato appena da qualche filo di fumo sfiatato da uno degli spettatori. Allo stesso modo, Delbonnel ha presente la scuola pittorica americana realistica degli anni trenta e quaranta, ma pure la fotografia dei film della New Hollywood dei settanta, riuscendo a riportarci indietro nel tempo, ma ad avvertire lo spettatore come “A proposito di Davis” può intendersi alla maniera di una ballata che racconta una vita speciale.

''A proposito di Davis''Però, i Coen vorrebbero citare non tanto il coevo Woody Guthie, bensì l'amato Omero (come in “Fratello dove sei?”), filtrato attraverso Joyce. Le giornate di vagabondaggio di Davis sembrano, infatti, un unico intero giorno, dove le vicissitudini – alcune veramente esilaranti – si incrociano con i simbolismi di un destino amaro. Questo è accentuato dalla circolarità della misteriosa scena finale, mentre, a quel punto, la colonna sonora appartiene a chi del folk americano ha fatto la sua fortuna: Bob Dylan, il quale con i suoi testi è andato oltre la melanconia di Davis. La sceneggiatura dei Coen ha la capacità di raccontare l'essenza di un personaggio senza perdersi in dettagli e curiosità, che avrebbero portato il film a comporsi in una sorta di biopic classico.

''A proposito di Davis''Ai fratelli registi interessa altro: l'analisi di un apparente perdente, le varie forme con cui si presenta il destino, mutevole nel prendere la maschera della morte e del sangue, come della speranza e della breve gioia. L'attenzione è anche per i personaggi di contorno (il bizzarro jazzista Turner interpretato dal grande John Goodman), che, con piccoli lampi, ci indicano un modo di esistere, un senso dell'amicizia poco corretto, ma molto solidale, fondamentale per la generazione che pochi anni dopo desidererà cambiare il mondo.

19 febbraio 2014