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L'insolito ignoto è al cinema

Su gentile concessione de L'Unione Sarda pubblichiamo la recensione del documentario di Sergio Naitza. di Salvatore Pinna

''L'insolito ignoto''Siamo nel 1958. Il miracolo economico è alle porte. Una scombinata banda di ladri ne vorrebbe godere a modo suo con un furto a un monte dei pegni periferico. Il colpo va buco e il bottino si riduce a una mangiata di pasta e ceci trovata forando una parete che per pochi centimetri non era quella giusta.

Morale: per entrare nel boom non basta avere fame, ma servono ingegno e malizia. Con questa idea tra le mani il regista Mario Monicelli è pronto a girare I soliti ignoti. Ha già scritturato Gassman, Mastroianni, Totò. Gli manca ancora un siciliano di cui si sa già che si chiamerà Ferribbotte. Nello stesso periodo un ventottenne oristanese col pallino delle donne e con in testa il presagio di un destino d'attore, era scappato da Oristano, pare per scansare le conseguenze di una infrazione coniugale, abbandonando moglie e due figli.

Gassman, Murgia e MastroianniL'uomo in fuga dai guai sta lavorando da lavapiatti a Roma quando lo vede Monicelli. Quel sardo dai capelli corvini, il baffetto da seduttore di provincia, il viso altero che guarda la realtà dall'alto in basso, era il siciliano che andava cercando. Gli fa un contratto per interpretare Ferribbotte, e la vita del lavapiatti oristanese cambia all'improvviso. Piovono contratti e soldi, le donne gli cascano dentro l'automobile, conosce la dolce vita romana e film dopo film, saranno 155 in tutto, si mangia tutta la ricchezza.
La carriera e le vicissitudini private del più strabiliante caratterista del cinema italiano, sono ripercorse nel film di Sergio Naitza L'insolito ignoto. Vita acrobatica di Tiberio Murgia. Naitza, giornalista della carta stampata e autore radiotelevisivo, è stato, nel 2013, il più prolifico regista sardo con ben tre film importanti: I Piccoli fratelli di Bindua, Le nostre storie ci guardano e L'insolito ignoto con cui ha vinto la menzione speciale ai Nastri d'Argento per il miglior documentario sul cinema. Con un lavoro meticoloso d'investigazione, il regista convoca svariati materiali per cercare di delineare un profilo attendibile del suo personaggio.

Tiberio MurgiaSpezzoni di film, interviste tv, parenti e colleghi, nonché alcuni mostri sacri della critica cinematografica, si alternano a mostrare l'attore all'opera, e a dire la loro su Tiberio, compagno di lavoro, padre, fratello, attore.A fare da collante è l'intervista inedita che Naitza ha realizzato con Murgia due mesi prima della morte nella casa di cura dove l'attore fronteggiava, col consueto piglio altero e aristocratico, l'assalto dell'Alzheimer. I numerosi frammenti proposti da Naitza fanno corrispondere episodi e comportamenti della vita reale di Tiberio e la loro rappresentazione cinematografica. Scelta felice perché, come dice una figlia, «mio padre ha vissuto sempre come se fosse dentro uno schermo cinematografico». Parallelamente si fruisce di una rappresentazione dei momenti salienti di un certo cinema italiano: dai residui di neorealismo della commedia all'italiana, ai musicarelli, alla commedia erotica anni '70, all'epopea di Franco e Ciccio, ai film con Celentano. Vediamo Murgia vestire i panni di una miriade di personaggi, sempre doppiato in siciliano con effetti irresistibili, che rimandano al primo e unico, Ferribbotte, e sempre alle prese col suo sport preferito: cercare di conquistare le donne d'altri e presidiare l'onore delle proprie, siano esse madri, figlie o amanti.

Tiberio MurgiaEra un vero tombeur de femmes come si dipingeva nelle interviste e in un'autobiografia? Davvero era scampato alla tragedia di Marcinelle perché si trovava nel letto di una belga mentre il marito tradito era in miniera all'appuntamento con il grisù? E com'era l'attore Tiberio Murgia? Un Buster Keaton naturale? Un attore vero o ciocco? Tutti concordano sul fatto che era capace di seguire fedelmente le indicazioni del regista. Per inciso: non è questo il segno del talento? Nei casi, pochi, in cui Murgia ha fatto il sardo o lo sentiamo recitare in italiano nei preziosi spezzoni teatrali ripescati da Naitza, c'è la dimostrazione che poteva esser diverso, se lo avesse voluto. Ma poi, interessava davvero a Murgia essere diverso da Ferribbotte? Alla fine, forse non è questo il tema del film. Forse è solo un aspetto del super-tema che è il modo in cui Murgia costruisce il proprio personaggio e la propria identità. O forse, ancora, il tema è come il regista tenta di ricostruire la verità dei fatti, sapendo, però, che questi sfuggono ad ogni sistematica decifrazione.

Luca Melis, Sergio Naitza, Daniele MelisQuello che conta è il metodo d'indagine che si fa narrazione avvincente, in cui lo spettatore ha l'impressione di afferrare frammenti di verità, salvo ricredersi in base a nuovi indizi e dover ricominciare a riordinare la trama. Non resta che seguire i capitoli della storia, che Naitza percorre anagrammando nome e cognome di Tiberio Murgia, dove si parla di guai, di fughe, di donne, di dolce vita, di carriera d'attore e di bugie. E non dimenticare che all'inizio del film, sullo schermo ancora nero, sentiamo la voce del regista che dice: «Tiberio, questa volta raccontiamo la verità, d'accordo?». «D'accordo», risponde Tiberio. Sarà un divertimento per lo spettatore cercare di capire se il patto è stato rispettato. Prodotto da Karel, L'insolito ignoto si avvale della fotografia di Luca Melis e del montaggio di Davide Melis due professionisti di talento che hanno accompagnato Naitza in tutte le tappe della sua avventura nel cinema. A partire dagli esordi (2011), con Per noi il cinema era Proibito, con cui il giornalista ha incominciato a proporre documentari che hanno il fascino del racconto.

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19 febbraio 2014